Tutti Giù Per Terra!

I carri allegorici, la musica assordante, i fuochi d’artificio e gli schiamazzi della gente: la festa con la grande folla copriva i loro rumori peccaminosi. Oltre gli alberi della via principale del paese, nel buio più profondo nonostante le luci sgargianti, due ragazze si scambiavano un profondo affetto.

Sonia, sdraiata a terra, incurante delle foglie che s’infilavano tra i biondi capelli, e del vestito a fiori sporco di fango, si lasciava trasportare dal piacere che la travolgeva quasi con irruenza. In silenzio, aveva seguito quel desiderio fatto a persona fino al punto più buio del bosco, senza reagire quando era stata spinta al suolo e la gonna si era solleva fino all’ombelico, coprendo la tonda scollatura del vestito. E, sempre immobile a terra, non si era lamentata quando una lingua l’aveva esplorata tra le gambe; gli occhi chiusi, si sentiva una felice prigioniera in un bosco incantato.

Il piacere che provava era del tutto inaspettato e una lacrima era corsa lungo la guancia sinistra nel momento in cui aveva sentito un forte calore gonfiarsi proprio lì, tra le gambe; poi aveva rilasciato un lungo respiro e aspettato che il cuore smettesse di tormentarle il petto. La ragazza di fronte a lei la osservava con l’aria di chi poteva finalmente cantare vittoria e lei camuffava un sorriso mentre buttava la testa all’indietro, divertita all’idea di aver appena saldato il conto di una scommessa persa.


La porta si apre e quando Sonia vede Sara, le va incontro. I grandi occhi azzurri, incorniciati da una chioma dorata come il grano in piena estate, si posano subito sulla scatola che la ragazza regge in mano e che apre come se stesse scartando un regalo.

Due oggetti metallici si riflettono negli occhi di entrambe. Si osservano, guardinghe, poi Sara abbandona la scatola su un tavolo e si avventa su Sonia prima che gli occhi lucidi riversino lacrime su tutto il viso. Le labbra schiacciate contro le sue, la priva con foga dei vestiti: la felpa, i jeans corti e strappati, l’intimo bianco e candido come la pelle del suo viso.

La spinge sul letto e con una mano le accarezza il ventre, poi s’inginocchia e Sonia vede solo una chioma bruna muoversi lenta tra le sue gambe. Gli occhi chiusi, ha spasmi come se sollevasse tonnellate. Si morde il labbro inferiore, come se fosse lei stessa ad accarezzare le sue labbra.

Sara la osserva a tratti. La spia oltre i morbidi seni, e si ferma solo quando sente il piacere di lei colarle dalla bocca; solo per quale istante, però. Impaziente, avvicina le dita suo punto più sporgente tra le gambe di Sonia e, lentamente, risale il corpo dalla pelle chiara come quella di Biancaneve, strofinandosi con evidente passione.

Pelle contro pelle, si tormentano di baci sul viso come se non si vedessero da tempo. I movimenti si fanno sempre più veloci, le loro voci emergono tra i forti respiri. Sara si aggrappa ai capelli di Sonia abbozzando una sorta di abbraccio e un lamento soffocato la vede adagiarsi su di lei tutto a un tratto, come se si fosse spenta.

Sdraiate una di fianco all’altra, si guardano in silenzio. La gioia nei loro occhi è quasi palpabile e a entrambe pare quasi di poter odorare nella stanza l’amore che provano; poi la risata di Sonia irrompe in quell’idilliaco momento quando accarezza la testa di Sara nel punto in cui è rasata; il risultato di una scommessa vinta.


Quel pomeriggio Sonia tornava a casa da scuola. Era un giorno normale come tutti gli altri, se non fosse stato per due ragazzi che, forse per noia o per stupidità, avevano deciso di importunarla. Sonia aveva risposto a tono alle loro offese e in un attimo si era ritrovata a correre, fino a quando non era stata spinta a terra.

Tirata per i capelli, venne spinta contro un muro. Occhi famelici la guardavano come fosse un pasto succulento, poi un urlo interruppe quella scena. Davanti a lei, Sara: la ladruncola del paese; di lei si sapeva solo che era orfana e che viveva nel bosco. I due ragazzi la minacciarono, ma alla vista di una pistola fuggirono più veloci di un razzo.

La ragazza squadrò Sonia che si sentì spogliata di ogni indumento, poi si addentrò nel bosco. Senza comprenderne il motivo, Sonia la seguì. Da un lato ne era intimorita, ma in fin dei conti l’aveva appena salvata e le pareva brutto filarsela senza dire o fare niente. Sara si accese una sigaretta mentre sedeva su un grande tronco d’albero.

Il silenzio permeava nel verde intenso del bosco. Un silenzio più spaventoso che imbarazzante a mano a mano che Sara fissava Sonia che, all’improvviso, pronunciò un Grazie, serrando le labbra quasi si fosse appena pentita di averlo detto. Sara replicò che non se ne faceva niente di un grazie e che era di gran lunga migliore un bacio.

Il viso di Sonia si fece rosso come un semaforo e le parole parvero fuggire a ogni passo che Sara faceva verso di lei che, tutto a un tratto, riprese coraggio e la intimò di fermarsi. Lei imbarazzata, l’altra spavalda, incrociò le braccia per assumere un’aria il più saccente e sicura possibile, poi alzò appena il mento, uscendosene con una proposta: l’avrebbe baciata se lei si fosse rasata metà testa, liberandosi di quel cespuglio enorme di ricci che si ritrovava; solo allora le avrebbe concesso un bacio.

Sara scoppiò a ridere così forte da piegarsi e portare una mano all’addome. Si fermò a fatica, fissandola divertita, poi si mise a pochi centimetri dal suo viso. La pelle bianca di Sonia contrastava con quella olivastra di Sara che sorrise e le disse che non voleva baciare le labbra della sua bocca, ma quelle tra le sue gambe.

Sonia si scostò come se Sara le avesse puntato la pistola alla testa: di nuovo, si prendeva gioco di lei. Le sopracciglia si fecero più vicine quando la fronte di Sonia si corrugò a trattenere un moto di rabbia. Ora era lei ad avvicinarsi e a rimanere a pochi centimetri dal viso di Sara. Sorrise a fatica, quello sguardo non smetteva di intimorirla, poi se ne uscì con una frase detta tutto d’un fiato. Poteva avere il bacio che voleva: doveva solo rasarsi mezza testa e la sera della festa del paese, lei le avrebbe dato ciò che voleva. E se ne andò.


Nude e stese sul letto, si coccolano a tratti e godono della luce del giorno ancora lontana dal tramonto. Il silenzio che le circonda è quasi disarmante, ma sanno che durerà ancora per poco. Sta per arrivare una tempesta che vedrà il trionfo di tanti su pochi. Sara si solleva e recupera la scatola che appoggia ai piedi del letto. Sonia si mette seduta e osserva, questa volta con terrore, quella cosa. Il suo viso si ritrova stretto tra le mani dell’amante che preme forte le labbra sulle sue, quasi a voler risucchiarne la paura.

Un rumore le fa sobbalzare. È giunta l’ora. Sono loro. Sono venuti a prenderle. Il portone in fondo alle scale inizia a cedere. Sara e Sonia impugnano i due oggetti metallici. Un tremendo rumore fa capire che tanto odio sta correndo verso di loro. Si sentono tanti passi, tante urla; una devastante incomprensione. Un colpo alla porta d’ingresso rimbomba nella stanza, poi un altro. In pochi secondi cederà, ma Sonia e Sara non si muovono.

La porta s’inclina. Le voci emergono chiare nella stanza. I secondi sono ormai vicini allo zero. Sonia e Sara sono fermi immobili sul letto. Una di fronte all’altra. Gli occhi fissi e fieri. Due sorrisi accennati ma colmi di felicità. Le due pistole puntate l’una contro il cuore dell’altra e nel momento in cui la porta cede e si schianta rumorosamente sul pavimento… bang!

FINE

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