Amore silenzioso

Tutto inizia a una festa di carnevale, in un capannone allestito come il 102° piano dell’Empire State Building. Alle enormi finestre sono stati applicati dei teli che riflettono la vista di una finta New York illuminata dalle luci della notte.

Valentina cammina da una stanza all’altra assieme all’amica mentre sorseggia un vodka tonic nel suo attillato costume da Eva Kant. La gente balla e si diverte, eppure lei sembra quasi assente e si guarda attorno curiosa, quando incontra lo sguardo di un ragazzo vestito da Diabolik. Si sorridono all’istante, poi lui si avvicina e le chiede se si stia divertendo e mentre lo fa, lei gli fissa le labbra.

All’improvviso indietreggia e si mischia alla folla. Lui è perplesso ma decide di seguirla. Lo diverte questo strano inseguimento così travestiti, ma la ragazza pare scomparsa nel nulla. Si guarda attorno un po’ deluso e quando sente qualcuno passargli accanto e toccargli la mano, intravede ancora una volta quei due occhi verdi che spariscono però pochi istanti dopo. Stranito dalla cosa, si ritrova poi a sorridere. Nella mano stringe un pezzo di carta con un numero di telefono. 

È il loro secondo incontro. Entrambi sono molto felici. La chimica è forte. I loro occhi si sorridono ed è come se si parlassero. La relazione si basa sul sesso e le regole stabilite da lei e accettate da lui sono poche e semplici: vietato innamorarsi, vietato costrizioni, ma soprattutto vietato parlare. L’incontro avviene sempre nel solito appartamento di proprietà di uno zio di Nicola, al terzo piano di una vecchia palazzina del centro città. Quando lei arriva all’ingresso, lui non si volta mai ma fissa la strada oltre le tende e assapora i secondi che li dividono. Sente la porta della camera spalancarsi e fare quel fastidioso cigolio che per lui è l’annuncio che qualcosa di meraviglioso sta per iniziare. Con le orecchie tese, sente Valentina sfilare il cappotto e il rumore successivo gli fa intuire che si è tolta le scarpe.

Ha buon gusto nel vestire, anche se si spoglia di ciò che indossa come se non avesse valore. Sente l’eccitazione aumentare, i muscoli distendersi. A volte non si accorge nemmeno di sorridere. Valentina lo raggiunge e lo abbraccia. Preme la guancia contro la sua schiena. È robusto, ha le spalle larghe, l’addome che accenna una leggera rotondità che lui non sa, lei trova adorabile. Nicola stringe le sue mani, poi si volta e osserva i suoi occhi verdi. Le tocca il naso, la punta sempre fredda, e porta un dito sopra alle labbra, disegnandone il contorno. Sono rotonde e piene e in un istante le accosta alle sue con un bacio, poi la solleva e la stringe a sé, facendo sentire la passione che lentamente cresce sotto i pantaloni e quando la adagia sul letto, la osserva per qualche istante.

Vorrebbe farle mille domande, ma vuole rispettare le regole stabilite, e lentamente sparisce tra le sue gambe. Passano poco più di un’ora assieme, poi lei si riveste velocemente, come sempre, e gli stampa un bacio sulla bocca prima di abbandonare il nido d’amore. A Nicola questo va bene, fa parte degli accordi, e la segue con lo sguardo fino a quando non sparisce oltre la porta della camera, ma quella sera si accorge che Valentina ha dimenticato gli orecchini. Si affretta a infilarsi un paio di pantaloni e si affaccia sul pianerottolo.

La vede scendere il secondo piano, la chiama, ma non risponde. Si affretta a raggiungerla e quando arriva al piano terra ed è a pochi passi da lei, la chiama di nuovo, ma lei non si volta ed esce dal portone. Nicola è stranito dalla cosa. Perché lo ha ignorato? Perché non si è voltata? Erano a meno di un metro l’uno dall’altra. Amareggiato per ciò che è appena accaduto, rientra nell’appartamento, ma mille pensieri iniziano a farsi strada nella sua mente.

Al terzo appuntamento confermato tramite messaggio, Nicola arriva come sempre prima di lei. Questa volta non si spoglia, ma rimane a fissare fuori dalla finestra mentre in una mano stringe un palloncino. È agitato, spera di sbagliarsi. Ciò che pensa gli dà il tormento. Poi la porta d’ingresso si apre. Il rumore del tacco batte sul pavimento, nell’appartamento silenzioso, e raggiunge la porta della camera che emette il solito cigolio. Valentina si libera del cappotto e in quel momento, lui si volta. Nell’altra mano stringe un ago. Lo scoppio è forte, ma la ragazza non si gira. Si toglie le scarpe che si rovesciano a terra come fossero un oggetto qualunque.

Nicola osserva la vita sottile, i fianchi pronunciati che ondeggiano dolcemente a ogni suo movimento e per un attimo si perde in quell’immagine mentre desidera strofinarsi contro quel corpo per odorarne il profumo inebriante, ma la delusione ha la meglio e lo paralizza. Valentina si volta e gli sorride, non nota la preoccupazione che lo avvolge nell’ombra della stanza. È solo quando lui abbassa lo sguardo che lei lo fissa titubante e quando vede a terra l’estremità rotta di un palloncino, in pochi istanti realizza ciò che è accaduto. Con una struggente lentezza, raggiunge la borsa e afferra decisa una busta e gliela porge. Nicola la apre con riluttanza. Al suo interno una lettera. La prima frase dice di leggere a voce alta. E quando lui lo fa, lei muove le mani.

Sono sorda dalla nascita. Mi dispiace di averti mentito, non avrei dovuto. Ho sbagliato, ma non sapevo come dirtelo. In tutta la mia vita non mi sono mai sentita così bene come con te. Vorrei conoscerti, voglio sapere tutto di te. Perdonami. Avevo paura. È tutta la vita che ho paura…

Per giorni Nicola non apre la chat con cui erano soliti comunicare. Non vuole saperne di Valentina dopo che l’ha lasciata sola in quella stanza, fuggendo come se avesse visto un fantasma. È deluso e si sente uno stupido a non essersi accorto di nulla. Quel giorno, mentre aspetta l’autobus per rientrare a casa da lavoro, si avvicinano una madre, impegnata al cellulare, e la figlia, una bimba di circa sei anni. Sorride alla sua tartaruga che si muove lenta nella piccola vaschetta con palme finte e due dita d’acqua. Quella scena lo intenerisce e le sorride. La bimba ricambia e gli dice quanto forte sia la sua tartaruga di nome Scheggia e quanto sia contenta che torni a casa con loro.

Nicola aggrotta la fronte e le chiede spiegazioni. La bimba si siede accanto a lui e gli dice che la madre voleva riportare al negozio l’animale per cambiarlo con un altro perché stava per perdere un occhio, ma la figlia non capiva. Per lei Scheggia stava bene: sguazzava nell’acqua e prendeva il sole sul piccolo scoglio finto. Insomma, perché sostituirla? Lei era nata senza un pollice, ma non era stata scambiata con un altro bambino all’ospedale e mentre lo dice sventola tutta sorridente la sua manina davanti a Nicola, che si ritrova letteralmente senza parole, il respiro quasi spezzato. Non sa cosa dire, ma gli bastano pochi secondi per inviare un messaggio.

Fine

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