Archivi autore: Linda Moon

A memoria

C’è stato un tempo in cui ero molto legato alle cose, in modo quasi maniacale, ad ogni oggetto apparentemente banale che, per me, diventava speciale in quanto legato a un ricordo, a un posto, a un attimo che non sarebbe tornato più. Così conservavo gelosamente un sasso, il biglietto di un concerto, un gufo di terracotta, una t-shirt e chissà quante altre cianfrusaglie, perché ero convinto che trattenessero un ricordo che altrimenti sarebbe stato smarrito per sempre. Poi, un giorno, non sono più riuscito a trovare una foto a cui tenevo molto. Era lo scatto di un amore.


Eravamo a casa sua poco prima di Natale, sul divano. Ho ancora negli occhi quel momento: aveva i capelli sciolti, il maglione rosso e teneva in mano la sua tazza preferita. Il vinile girava nel piatto suonando Blue Valentine di Tom Waits e fuori dalla finestra iniziava a fioccare l’illusione di una nevicata. Quando non l’ho più trovata mi sentivo perso. Pensavo che la memoria di quella donna, senza quella foto, sarebbe andata irrimediabilmente persa fino a non riuscire più a ricordarne i tratti e avrei finito per dimenticarla. Non sapevo cosa fare. Ho rovistato ovunque in preda a una cieca frenesia. Ho sfogliato libri, scatole e cassetti. Ho messo sottosopra ogni angolo. Poi, al culmine della disperazione, ho preso un foglio e una matita e ho provato a disegnarla. L’ho dipinta a memoria, quasi a occhi chiusi, nella luce soffusa dell’atelier dell’anima. E lo sguardo che compariva era proprio il suo: sue le labbra curve in un lieve accenno di sorriso, suo il collo sinuoso e la ciocca di capelli scomposta appoggiata alla guancia. Sembrava perfino più bella. 

Quando ho messo giù la matita, quello che c’era su quel foglio era quasi migliore della foto smarrita. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da quel disegno. Un brivido improvviso mi ha scosso mentre sfioravo con le dita quel viso anche solo sulla carta, sui tratti precisi del mio ricordo. Allora ho capito che, se qualcosa è stato davvero importante, è impossibile dimenticarlo. Che il cuore è un setaccio di echi e immagini intrecciate su un telaio di robusta trasparenza per filtrare tutto ciò che è stato e, nella fitta trama, rimane solo quello che conta mentre il resto gocciola a valle, lungo il ruscello che scorre lentamente verso l’oblio. Ѐ stato in quel momento, forse, che ho realizzato che non è dentro un oggetto che si nascondono i ricordi ma che, quell’oggetto, potrebbe essere solo una semplice scusa per farli tornare a galla dalle buie profondità del ieri, fino alle increspature d’onda che riflettono il sole odierno.

Non ho smesso del tutto di conservare qualcosa che mi riaccompagni per mano in un posto che ho amato o a un momento particolare. Ma ora so che ciò che conta veramente rimane per sempre dentro di me, nei tortuosi corridoi tra mente e cuore. Ѐ solo per le banalità che serve una nota nell’agenda o un nodo al fazzoletto, come per la spesa può tornare utile scrivere una frettolosa lista, ma quello, in fondo, non può certo chiamarsi scrivere.

un racconto di Massimo Donà per l’evento Wanted Stories [maggio 2023] sulla base del tema:

L’arte di perdere – La bellissima poesia di Elizabeth Bishop recita “[…] L’arte di perdere non è difficile da imparare; così tante cose sembrano pervase dall’intenzione di essere perdute, che la loro perdita non è un disastro. Perdi qualcosa ogni giorno. Accetta il turbamento delle chiavi perdute, dell’ora sprecata. L’arte di perdere non è difficile da imparare […]”. Come può essere vissuta questa “arte della perdita” quando ciò che si è perduto aveva un forte valore affettivo? La lettera di un amante, il ricordo di un viaggio di gioventù, il maglione ereditato da un nonno affettuoso. Possiamo perdere questi oggetti e accettarlo con serenità?

I portaoggetti

«Sai nonno, ho comprato dei portaoggetti, dei dischi bianchi concavi. Vieni a vederli, ti piaceranno!». Il nonno seguì Luca ed entrò nel salotto. Sparsi per tutta la stanza, sui mobili, vide i dischi bianchi che contenevano le cose più disparate: auricolari, tablet e quattro contenenti due paia di scarpe nuove, una calzatura per recipiente. Nel vedere la scena, ebbe un sussulto. Poi rimase immobile per qualche secondo, e scoppiò a ridere. Era nato nel 2001, e vedere quegli oggetti che da ragazzino usava quotidianamente gli aveva fatto fare un tuffo nel passato.  

«Luca, se mia madre ti avesse visto usare i piatti in quel modo si sarebbe sentita male» disse al nipote. «Davvero li conosci? E per cosa li usavi?». 
«Per il cibo!» esclamò «Non li vedo da molto tempo e non ti posso certo biasimare per averli usati così. Penso di aver buttato gli ultimi verso la metà degli anni 50». 
«Quindi come si faceva, si comprava il cibo al supermercato e si metteva lì?».
«Esatto. Spesso cucinavamo noi a casa e li usavamo come contenitori». Notando lo sguardo perplesso del nipote, continuò la spiegazione: «È stato il risultato della politica economica degli anni 30, da allora il cibo viene cucinato quasi solo in grandi pentoloni e poi venduto nei supermercati».

Mentre parlava, prese in mano un piatto, e cominciò a osservarlo, rigirandolo tra le mani.
«Si voleva evitare di sprecare il gas nelle singole abitazioni, quindi i politici avevano caldamente consigliato di smettere di cucinare. E sai come sono questi consigli… In fin dei conti rimane solo lo spreco di plastica degli imballaggi, ma poi si riciclano!». Terminato di dire questo, si zittì, e iniziò a pensare alla sua adolescenza: ricordò l’odore del ragù che bolliva, il piatto pronto in tavola… Ma il pensiero fu presto interrotto dal commento stupefatto di Luca.

«Ogni giorno a cucinare, che incubo! Certo che ci potevate pensare prima, non è un’idea così difficile!».
«Non si trattava di questo» rispose il nonno stizzito «il cibo lo potevamo comprare anche noi già pronto. Ma era più costoso e inoltre era divertente cucinare».
«Divertente? Non penso proprio! Preparare il cibo e dover pensare a cosa fare ogni giorno? È molto meglio quando tutto è già pronto e pensato per te!» rispose Luca.
«Non è solo quello» esclamò suo nonno alzando la voce e cominciando a parlare più velocemente «era una questione di poter scegliere da soli, invece di seguire i programmi del governo».
«Ti lamenti sempre di quei programmi, ma poi li segui! Alla fine ora è tutto molto più comodo» gli rispose Luca con tono pacato, mentre dava un’occhiata ai social sul telefono.
«Nonno, ma sono già le due, devo proprio scappare! Che peccato però, mi piace sempre sentirti raccontare queste stranezze del passato. Ci manca solo che la prossima volta tu mi dica che sprecavate l’acqua e il sapone per lavare i vestiti, invece di riciclarli e comprarne di nuovi!» gli disse ridendo, mentre rispondeva a un messaggio dal cellulare e usciva dalla porta.

Rimasto solo, il nonno osservò il piatto che teneva ancora tra le mani. Guardò il forno, che usava esclusivamente per riscaldare il cibo pronto. Potrei cucinare!, pensò: Mi piaceva fare le torte! Oppure anche la carne arrosto, posso ordinare tutto e prepararla. Iniziò a cercare le ricette online e aprì il sito per ordinare gli ingredienti, ma si imbatté nella lista di pietanze pronte, che gli sarebbero state consegnate in dieci minuti. Però è già ora di pranzare, ci vorrebbe troppo tempo. Ma sì, oggi compro tutto già pronto, casomai ci provo domani a cucinare, se ne ho voglia! 

un racconto di Giulia Stivanin per l’evento Wanted Stories [aprile 2023] sulla base del tema:
Fuori il vecchio, dentro il nuovo – L’armadio straripa di indumenti. La credenza accoglie una serie infinita di tazzine. La libreria è impolverata di libri che vogliamo leggere da un anno. Il consumismo regna sovrano! Ce la farà qualcuno a salvarsi?

Benvenuta/o al mondo!

Un ragazzo in bicicletta sfreccia lungo le strade trafficate. Pedala a ritmo di musica, supera gli ostacoli con agilità; la bici è quasi un’estensione del corpo. La rotatoria che sta per raggiungere pare un girone infernale: è tutta una questione di secondi. Cambia marcia, pedala veloce quasi volesse librarsi nell’aria, entra nel cerchio dannato fatto di automobilisti incazzati, clacson fuori controllo, bestemmie. Taglia la strada a un’ambulanza e d’istinto porta una mano alla schiena: il pacco è al sicuro. Suona il campanello, consegna le pizze e attende con ansia l’esito: cinque stelle! Ѐ così felice da non fare caso al mezzo che ha mandato fuori strada poco prima. I lampeggianti girano ancora, ma il suono è assente. Una gomma è bucata e all’interno qualcuno preme forte sul petto di una persona.

Un trentenne è in procinto di affrontare un colloquio di lavoro. Completo, camicia, cravatta, orologio nuovo. “Oh no, è tardi!”. Si affretta a salire in auto, ma il motore non dà segni di vita. “Merda!”. Corre al tabacchino, acquista un biglietto dell’autobus, poi decifra gli orari appesi alla fermata; il latino, in quel momento, pare una passeggiata. L’autobus arriva: più che un mezzo pubblico sembra un flusso temporale connesso a un paese straniero. Scende alla sesta fermata, con foga, ma svoltato l’angolo di un palazzo si scontra con una ragazza che gli rovescia addosso un bicchiere di caffè. L’ustione di primo grado cede il posto al nervoso. La giacca è fradicia. Se ne libera, rimarrà solo in camicia. Affretta il passo, raggiunge l’entrata, ma un lembo della camicia si impiglia al pomello; una ferita da coltello farebbe meno male. Rimane in t-shirt e pantaloni eleganti. Non importa il suo aspetto, ciò che conta è la motivazione. Si presenta alla segreteria, gli dicono di attendere. Pochi istanti dopo, gli comunicano che il posto è già stato assegnato, ma si chiede perché un ragazzo, in giacca e cravatta, venga fatto accomodare subito dopo di lui.

Arriva sempre alla stessa ora. Lo accoglie in vestaglia, truccata, anche se lui non ci baderà. Lo fa accomodare e lo osserva fare sempre le stesse cose da un anno: china il capo con rispetto, toglie le scarpe, allunga un pacchetto. Prende posto a sedere sulla poltrona, lei siede di fronte e versa il tè, scarta la sorpresa: una millefoglie. Le chiede come sta, le racconta del tempo, delle ultime news dal mondo, del traffico. Inizia sempre così, come fossero amici che non si vedono da tempo. Dedica solo gli ultimi minuti alla moglie e quando lo fa, ne parla come fosse una malattia. Non si smentisce mai: se ne esce sempre dicendo che mentire e ignorare il tradimento altrui è più facile ed economico. Paga e se ne va.

A quel punto, lo schermo si spegne. L’operatore volge lo sguardo alla persona di fronte a lui. Sfoggia un sorriso che stona con quanto appena visto e parla come se avesse mostrato un film esilarante.

«Dunque, signor Mattei, in linea di massima questa è la vita sulla terra. C’è molto altro da scoprire, ma l’amministrazione non concede troppi spoiler! Ѐ previsto che lei nasca tra nove mesi, ma oggi possiamo offrirle una promozione: potrà venire al mondo una settimana prima. Che altro dire?». L’uomo osserva con attenzione un fascicolo. «Ah, sì: sua madre è vegana quindi non si aspetti di mangiare carne molto presto. A volte fuma, quindi non si allarmi per l’odore di bruciato: il pancione non sta andando a fuoco. Non soffrirà di gravi malattie, sarà allergico alle noci e… oh, ma guardi, camperà fino a novant’anni. Perbacco! Allora, quando è pronto, barri la casella per scegliere il momento della nascita».

«Mi scusi» chiede esitante il signor Mattei, rigirando più volte il foglio tra le mani «non trovo la casella con scritto Mai!».

un racconto di Linda Moon per l’evento Wanted Stories [aprile 2023] sulla base del tema:
Le nuove priorità – Benvenuti nel 21°secolo! Dove il sesso è gratis e l’amore costoso. Dove la pizza arriva più velocemente di un’ambulanza. Dove perdere il telefono è più doloroso che perdere la verginità. Dove i vestiti determinano il valore di una persona. Dove la lealtà è un lusso, la menzogna una moda e il tradimento intelligente. Oh, e l’onestà un difetto!

Scosse

Una violenta scossa di terremoto, alle 7.02 del mattino, svegliò la piccola comunità di collina e fece correre in strada tutti gli abitanti della via dove abitava la moglie del meccanico del paese; la signora Maria.

Era un personaggio insolito, diverso. Non era nativa del posto. Era arrivata lì solo dopo aver sposato Luigi, che l’aveva lasciata vedova già da diversi anni. Dopo la morte del marito, si era allontanata sempre più dal resto della comunità. Trascorreva il suo tempo nella casa dove era rimasta sola e dove non era entrato più nessuno.

In tanti avevano notato che i volantini della sagra del paese restavano per giorni interi sotto al portico di quella casa, fino a quando il vento non li portava altrove, così come succedeva spesso a tutta la posta che riceveva. Le tende alle finestre, un tempo sempre aperte, ora erano spesso tirate e lasciavano al buio l’interno dell’abitazione.

 

Ogni abitante rispettava il suo dolore, assistendo a tutto questo senza intervenire. Eccetto per le poche volte in cui la si incontrava rientrare dalla spesa, carica di borse stracolme, ci si era abituati alla sua assenza; a tal punto che anche la mattina della scossa di terremoto, passato lo spavento, tutti rientrarono nelle proprie case senza accorgersi della sua mancanza. Solo la dirimpettaia, guardando la casa di Maria dalla finestra, venne assalita dal timore che fosse successo qualcosa, decidendo poi di andare a suonare il campanello. 

Al terzo tentativo senza risposta, la donna allertò gli altri vicini che ben presto si ritrovarono di nuovo in strada, questa volta tutti davanti alla casa di Maria. Tutti insieme, spaventati, e forse anche un po’ consapevoli di averla dimenticata. In quel silenzio totale, davanti a una porta che non si apriva e alle finestre serrate, capirono che forse avevano aspettato troppo a lungo.

Non fu facile nemmeno per i vigili del fuoco entrare all’interno di quella casa. Gli accessi erano ostruiti, così come tutte le finestre. Servirono attrezzature speciali per aprire un varco. Lo scenario che si presentò all’interno lasciò tutti ammutoliti. La signora Maria aveva cercato di riempire con qualunque oggetto tutti gli spazi vuoti delle stanze.

 

Libri. Riviste. Scatole. Vestiti. Scarpe. Pentole. Vasi. Quadri. Stoviglie. Coperte. Ogni cosa era stata minuziosamente conservata e aveva trovato, in qualche modo, posto in casa. Infiniti strati di abiti sopra a stoviglie ammucchiate. Bottiglie impilate tra loro, bloccate precariamente da pile di giornali. I mobili avevano perso la loro funzione primaria. Non era chiaro dove terminasse il pavimento e iniziassero le pareti. Quello scenario avrebbe procurato un immediato senso di soffocamento a chiunque. A Maria, forse, serviva per non soccombere. 

La scossa di terremoto aveva fatto crollare tutto e non si trovava traccia del corpo di Maria. Tutti si diedero da fare a spostare gli oggetti caduti a terra nella speranza di trovarla viva sotto le macerie di quella solitudine. La speranza di ritrovarla viva era per tutti anche la speranza di recuperare il senso di vita della comunità; e la solidarietà che li aveva sempre contraddistinti.

E lì, tra quella montagna di cose confuse, accumulate senza un senso, Maria c’era. Viva, protetta dalla scossa proprio da quello strato di materia che finalmente la stava liberando dalla sua solitudine.

un racconto di Ugo Domeniconi per Wanted Stories [aprile 2023] sulla base del tema: 
Fuori il vecchio, dentro il nuovo – L’armadio straripa di indumenti. La credenza accoglie una serie infinita di tazzine. La libreria è impolverata di libri che vogliamo leggere da un anno. Il consumismo regna sovrano! Ce la farà qualcuno a salvarsi?

 

Ritorno alla natura

Mi sono svegliata con un mal di testa pazzesco.
Mi trascino in bagno.
Mi guardo allo specchio e… faccio paura!

La guancia destra è gonfia in modo sproporzionato. La sfioro con la mano: è caldissima. Riesco a fatica ad aprire la bocca, il dolore è insopportabile. Intravedo in fondo un nuovo dente. Com’è possibile sia spuntato tutto intero in una sola notte?
Devo assolutamente assumere un analgesico; l’unico “farmaco” che ho in casa è un infuso. Dopo un’ora dall’assunzione la situazione non è migliorata, ma riesco a proferire parola, decido quindi di chiamare il dentista. Per fortuna mi dà appuntamento nel primo pomeriggio, che solitamente lascia libero per le emergenze, e il mio caso lo è. 

 

Poco dopo suona il campanello e mi chiedo: «Chi sarà mai a quest’ora di mattina presto?». Esco e mi trovo di fronte un pastore che mi chiede se per caso è mia l’auto parcheggiata sul ciglio della strada. In questa stradina di campagna c’è solo la mia piccola casa e quindi la risposta è affermativa. Questa non ci voleva! Un caprone l’ha incornata più volte e l’ha buttata nel fosso che costeggia la stradina.
«Maledetta quella volta che ho deciso di vivere in campagna». E adesso come faccio ad andare dal dentista? Il pastore costernato mi offre uno dei suoi muli come mezzo di trasporto. Accetto mio malgrado e decido di partire di lì a poco, chissà quanto ci metterò a raggiungere la città con questo desueto mezzo.

 

Inizia questo calvario di su e giù sulla groppa dell’animale che cammina più lentamente di quanto non faccia io. Il dolore aumenta e decido di proseguire a piedi ma non mi va di abbandonare il mulo e quindi sono io a trascinare lui. Cerco di spostare l’attenzione dal dolore osservando il bel paesaggio campestre, mai notato passando di corsa in macchina. Immersa nella calma della natura non avverto più il dolore e come d’incanto mi ritrovo già in città; la bellezza della natura mi ha fatto fare venti chilometri a piedi senza accorgermene. Avverto però un puzzo strano, è quello delle macchine e dei cassonetti della spazzatura. 

 

Accidenti! Camminare sui marciapiedi stretti e sconnessi con un quadrupede a seguito è impegnativo. A un certo punto il mio compagno di viaggio si blocca: il traffico, il rumore e gli spazi stretti devono averlo infastidito. Improvvisamente il dolore ritorna, mi scombina così tanto la testa che non ricordo dove si trovi il dentista. Il mulo non vuole saperne di muoversi e inizia pure a ragliare. Passa un camion con un telone che raffigura una campagna e l’animale improvvisamente inizia a corrergli appresso.

 

Capisco che il richiamo della natura debba averlo risvegliato per cui gli corro dietro, temo possa venire investito, ma correndo inciampo in alcuni sacchetti della spazzatura. Penso di aver battuto la testa e perso conoscenza perché mi risveglio in una discarica a cielo aperto. Il netturbino deve aver raccolto anche me. Emergo a fatica da questo ammasso di immondizia varia, cose buttate ma ancora utilizzabili, topi che ogni tanto sbucano, uccelli in cerca di cibo. Wow, che bella vista da questa montagna dei nostri scarti: una città luccicante dai mille colori al di là del fiume.

 

Avverto un senso di ipocrisia in questa immagine e si fa forte in me la necessità di vivere secondo i ritmi e i frutti della natura dove tutto ha senso, ciclo e riciclo naturale. Quello che la terra crea, lo accoglie per trasformarlo, ma quello che l’uomo sinteticamente produce la natura vomita. In questa bolla di consapevolezza singhiozzo per l’emozione, sento qualcosa in gola che sta per soffocarmi, tossisco e mi ritrovo in mano il dente gigante. Il messaggio è arrivato a destinazione, i miei occhi sono aperti e mi sento più vicina che mai al mondo attorno a me. Ѐ ora di cambiare vita e aiutare più persone possibili a vedere con il mio sguardo perché una nuova era è possibile.

 

un racconto di Maria Teresa Cariolato per Wanted Stories [marzo 2023] sulla base del tema:
Un viaggio dalla periferia al centro – Il percorso da un punto all’altro di una città può essere un quotidiano tragitto a ostacoli, da affrontare con coraggio e determinazione. Cosa sarà d’aiuto? Cosa si frapporrà tra chi viaggia e la destinazione?

Le it be

Ore  5.00
Un colpo assonnato per spegnerla e subito dopo una carezza a quella paffuta sveglia gialla, regalo della mia gemella.

Ore 7.00 
«Treno in arrivo, allontanarsi dalla linea gialla». Abitare in periferia e lavorare in centro è un viaggio, una gita fuori porta. Esco con il sole ancora sotto le coperte  e rientro con la luna che gli fa l’occhiolino. Le scale mobili della stazione sono una tappa avventurosa del viaggio. Ci sono i viaggiatori da trincea, in fila indiana, fermi uno dietro l’altro a destra e i viaggiatori d’assalto a sinistra che salgono o scendono le scale: anche uno scalino può fare la differenza, per prendere il treno al volo o per uscire il prima possibile. 

 

Partendo dalle zone periferiche della città si trova posto a sedere e non c’è ancora quell’aria che è un misto tra alcool e saponi mai usati, ma dura poco. Andando avanti nel percorso, i vagoni diventano piccole città multietniche di diverse facce, corpi e sguardi. In treno, tuttavia, mi sento al sicuro. Parcheggio nella parte più isolata del cervello ansie e preoccupazioni e leggo nei volti dei viaggiatori un’emorragia di sensazioni. Sembra che ognuno di loro abbia un problema, ma forse sono i miei occhi a non vedere altro.

 

Viaggiano con me Stephen King, Calvino, Virginia Woolf o Jane Austen. Dipende se voglio essere salvata, se voglio ridere, piangere o attraversare sentieri inesplorati. Prendo i mezzi pubblici dal 12 dicembre di tre anni fa. Quel giorno io e mia sorella andiamo al lavoro in macchina. Tocca a me guidare, ci alterniamo un giorno io, un giorno lei, e cantiamo per non dire le parolacce a chi attraversa le strisce pedonali stile Beatles e ai centauri che sfidano le traiettorie balistiche tra un veicolo e l’altro. Per fortuna ci sono i semafori che mantengono l’ordine nella grande babele di gente e veicoli. Finché non decidono di spegnersi, lampeggiare o bloccarsi sui colori. E un giorno, di rosso, a quell’incrocio maledetto non c’è solo il semaforo. Caos sulla strada, nella mia vita, mentre la radio suona  “Let it be”. Da quel giorno il ritornello è nella mia mente come una stazione radio fissa sempre sulla stessa frequenza. 

 

Oggi,  il treno sembra un alveare e leggere risulta difficile. Chiudo il libro. 
«Il finale la sorprenderà».
«L’ho già letto, e ammesso che lo abbia letto anche lei, non ho bisogno di romantici pseudo-letterati che vogliono attaccare bottone. Per niente originale».
«Il suo nome è Sibilla? Il mio è Edward Rochester».
«Pure spiritoso. Ok, ha letto il libro, ma pure se mi chiamassi Jane non parlo con gli sconosciuti».
«Scendiamo a due diverse fermate, Sibilla».
«E che ne sa lei? Il suo vero nome è Merlino?».

 

I miei occhi tradiscono il tentativo di camuffare un sorriso. Lo sconosciuto invece sorride, a viso aperto. Ci incontriamo tutti i giorni in treno e per dieci minuti parliamo, senza sapere i nostri veri nomi. Il giovedì che lui non c’è sono dispiaciuta e anche se siamo solo conoscenti, mi manca. Da quando lo conosco, il viaggio in treno è un battito d’ali, breve come mai lo ricordo e piacevole di una sensazione che mi riscalda il cuore. La gente all’improvviso mi appare sorridente e l’aria più respirabile. Ho il ricordo improvviso di me e mia sorella in macchina, due felici e matte Thelma e Louise alla conquista del mondo. 

 

«Venerdì,  c’è lo sciopero dei mezzi». A quella notizia mi si raggela il sangue, nessuno può darmi un passaggio e non posso chiedere un giorno di ferie: devo prendere la macchina.
«Ehi Sibilla tutto bene? Sei sbiancata all’improvviso».
«No maledizione, no e ancora no!». Gli rovescio addosso il mio dramma e i suoi occhi non tradiscono il tentativo di camuffare le lacrime. Inizia a balbettare ma le parole, in una sfilata di dolore, vengono poi fuori una dietro l’altra. «Vado a degli incontri, c’è chi ha perso il figlio in un incidente stradale, chi un fratello per una malattia. C’è un lutto che ancora oggi attraversa la mia vita. La perdita di una persona cara, come tu sai, è un dolore che lacera senza interruzioni. Vuoi venire con me?».
«Sì». 
«Passo a prenderti giovedì, se mi dici dove abiti. Come se fossimo in treno, solo un po’ più lento, avremo tempo per parlare anche di noi». E mentre nella mia mente vagano le note di  “Let it be” mi sussurra all’orecchio: «Il mio nome è Alberto, il tuo?».

 

un racconto di Michelina Montalto per Wanted Stories [marzo 2023] sulla base del tema:
Un viaggio dalla periferia al centro – Il percorso da un punto all’altro di una città può essere un quotidiano tragitto a ostacoli, da affrontare con coraggio e determinazione. Cosa sarà d’aiuto? Cosa si frapporrà tra chi viaggia e la destinazione?

La felicità nella sostenibilità

La casa è silenziosa da quando ha divorziato. La sorella le ha consigliato di trovare un hobby, ma nulla sembra fare al suo caso. Fino a quando una giovane coppia non si trasferisce nella villetta a schiera di fianco alla sua.
I nuovi dirimpettai, all’apparenza affabili, si rivelano un concentrato di ignoranza. Il primo incontro è scioccante.
Pensando di agevolarli con il trasloco, si offre di buttare la loro spazzatura. Il sacchetto che regge pare contenere della carta, ma l’inaspettata pesantezza e un tintinnio fanno pensare ad altro. Nascosta dai bidoni, apre il sacchetto. Oh santissima pazienza! Carta, vetro, la buccia di una banana: tutto insieme!

 

Con un falso sorriso, si presenta alla loro porta. «Ho notato che avete buttato carta, vetro e umido insieme. Posso darvi dei sacchetti per gestire il riciclaggio».
«Riciclaggio? Oh, non perdiamo tempo con sciocchezze simili» dice lui. Un brivido le attraversa la schiena e le corde vocali si spezzano. «Chi ci garantisce che ciò che dividiamo rimane tale?» aggiunge. «Per noi la sostenibilità è vivere ogni giorno al massimo!».

 

Rientrata in casa, fissa la bottiglia di vino che la sorella le ha regalato per una futura occasione da celebrare: in quel momento la romperebbe volentieri in testa ai vicini; solo che prima dovrebbe berne il contenuto e poi lasciarla in ammollo per staccare l’etichetta con facilità. Ripreso il lume della ragione, ha un’idea: riempie la loro posta con depliant sulle buone regole del riciclaggio, poi li osserva per tutta la settimana, ma quando si approcciano ai bidoni, il suono che percepisce sa di plastica che struscia contro vetro; praticamente unghie su una lavagna.

 

Inizia così un ridicolo scontro tra titani. Ogni qualvolta li incontra, impartisce una lezione sulla sostenibilità. Quando nota l’acquisto di un ammorbidente, elenca i danni da inquinamento. Quando nota i cartoni della pizza insieme alla carta, spiega che il materiale sporco va nel secco. Quando nota rotoli di pellicola e alluminio, suggerisce un involucro di cera d’api come alternativa.

 

Per quasi un mese la storia si ripete, fino a quando l’uomo le intima di smetterla dicendo che spendere energie a rispettare un ambiente che viene costantemente abusato da altri, non ha senso; tanto vale godere di ciò che si ha. A quel pensiero, tace. Per la prima volta da quando ha iniziato la sua battaglia per l’ambiente, riflette sul suo operato. E se quel mentecatto avesse ragione? Si avvicina a un bidone e con un gesto rapido, come se il sacchetto scottasse, lo getta dentro. Carta e plastica insieme, oddio! Ѐ più che sicura di aver appena fatto bestemmiare Dio.

 

Cammina veloce, la testa incassata nelle spalle, come un ladro in fuga. La passeggiata dopo il lavoro quel giorno pare più una Via Crucis. Forse sta davvero sprecando energie per una cosa che importa a pochi. Forse tutto ciò che viene diviso, viene poi riunito. Forse sarebbe ancora sposata se non avesse dedicato infiniti minuti al riciclaggio. Poi si blocca. No! Credo in quello che faccio! 

 

Recupera il sacchetto, lo strappa con fare impetuoso. La carta esplode in aria, poi, pezzo per pezzo, butta tutto correttamente. Una sensazione di serenità pervade il suo corpo, ma non fa in tempo a goderne. Si nasconde dietro a un bidone. Il vicino fischietta allegro, come se qualcosa di appagante gli avesse cambiato l’umore. Regge in mano uno scatolone con bottiglie di vetro, involucri di plastica e cartacce. Il cuore batte forte come la pallina di un flipper. «Ricicla con consapevolezza… ricicla con consapevolezza…» dice sottovoce. Una volta a casa, si accascia sul divano, sorseggia un calice di vino e tira un gran sospiro di sollievo. Il mondo ora è un posto migliore.

 

un racconto di Linda Moon per l’evento Wanted Stories [marzo 2023] sulla base del tema: 
La sostenibilità secondo i nuovi vicini – Nel quartiere sono arrivati dei nuovi dirimpettai e con loro anche una personale visione riguardo alla sostenibilità ambientale. Chissà come avverrà l’incontro con il quartiere…

Capitolo 3

Nel sogno, apparivano all’interno del faro, ma una volta usciti, quanto videro era terrificante.
Il mare era mosso, come se un gigante invisibile lo stesse muovendo a bracciate. Il vento tirava così forte che le nuvole venivano spazzate via come fossero polvere; le stelle si scontravano tra di loro, crepandosi fino a frantumarsi e precipitare in acqua.

«Flip, ma che succede?»
«Non lo so!». Nemo fece qualche passo in avanti, ma lui la trattenne. «Ferma! Torniamo nel faro!» urlò per far sentire la sua voce. «Dobbiamo fare qualcosa, Flip!». Lui la prese con la forza e la trascinò in casa, poi si agitò come un cane per scuotere via l’acqua e, con un phon in mano, iniziò ad asciugarsi, lanciando uno straccio verso Nemo.

«Asciugati, poi vieni qui per la piega finale!». Il sarcasmo era tornato, ma solo per sdrammatizzare la situazione. Quando vide che Nemo lo fissava in silenzio, lo sguardo quasi truce, ridusse la forza del phon fino a spegnerlo. «Nemo, non so cosa stia succedendo, ma dobbiamo svegliarci. Credo sia pericoloso rimanere qui»

«Flip, ci sono altre persone che stanno sognando. E se rimanessero intrappolate nei loro sogni?» «Non sarebbe poi una tragedia, no?». Nemo appoggiò lo straccio sul tavolo della cucina e in quel momento Flip alzò le mani in alto, come per arrendersi, e si sedette; una mano al mento, l’altra piegata sul fianco, iniziò a pensare.

«Ci sono! Aspettiamo che la tempesta si calmi, poi indagheremo. In ogni caso con questo tempo non potremo fare molto». Nemo uscì dalla stanza calpestando il pavimento, come se volesse romperlo, e salì al piano superiore. Flip la seguì a ruota, correndole dietro per acciuffarla.

«Se vuoi rimanere qui, fai pure. Io vado a vedere che cosa succede!». Le si palesò davanti, le mani sulle spalle, lo sguardo di chi sta elaborando le giuste parole da dire. «Nemo, non posso permettere che ti accada qualcosa. Voglio scoprire anch’io che succede, ma ora non è il momento giusto»
«Cerchiamo l’agente Green!»
«No, no, no! Questo no, piuttosto la tempesta!» rispose agitando le braccia in aria mentre camminava lungo il piano superiore, seguito da una Nemo sempre più agitata.

«Flip, le cose sono a posto tra di voi ormai, ha chiuso un occhio su tutti i tuoi pasticci e non sei più il fuorilegge che eri un tempo. Insomma, chi meglio di lei può aiutarci?»
«Cosa, cosa, cosa?! Non sono più il fuorilegge di un tempo? Ma che vai dicendo? Sono e sarò sempre il numero uno, capito?». Nemo raggiunse quella che un tempo era la sua stanza, poi si voltò verso Flip.

«Tutto è iniziato qui. Ci deve essere un modo per aggirare la tempesta e sono sicura che tu lo sappia»
«Io?!»
«Sì, da dove possiamo passare per raggiungere l’agente Green?». Flip fece una smorfia e portò una mano all’orecchio, fingendo di non aver capito bene. Nemo era cocciuta, ma soprattutto decisa a scoprire perché Slumberland stesse scomparendo. Flip sbarrò gli occhi, le braccia aperte, e le si piombò davanti con un gran salto.

«L’unico passaggio è là fuori, ma hai visto che mostruosità ci aspetta? Il mare ci travolgerà e se non sarà quello, il vento ci lancerà contro una stella. Insomma: finirà male per entrambi in ogni caso!»
«Troviamo un modo per uscire, allora! Deve esserci!»
«E come?»
«Come sei entrato qui?»
«Come hai fatto tu»
«Un anno fa, quando ci siamo incontrati per la prima volta, eri qui, nella stanza accanto alla mia. Qualcosa mi dice che sei uscito da qualche mobile della casa…» disse Nemo mentre guardava Flip con circospezione; lui serrò le labbra e distolse lo sguardo, fischiettando con nonchalance.

«Flip…»
«Nemo, andiamo, qui non ci sono vie di fuga. L’unica entrata, che è anche un’uscita, è la porta d’ingresso. O la finestra, se ti senti audace!»
«E se fossimo in serio pericolo?»
«Come dici?»
«Se la tempesta travolgesse il faro e non facessimo in tempo a svegliarci?»
«Nemo…»

«Flip…». Per qualche istante ci fu un lungo gioco di sguardi. Lui la fissava dalla sua altezza di quasi due metri. Lei, la fronte aggrottata e l’aria seria, non batteva ciglio, i piedi puntati sul pavimento, in un attimo batté il pugno due volte contro lo stipite della porta. Flip roteò gli occhi e sbuffò rabbiosamente. «Devi smetterla con questa storia del doppio colpo, ne abusi un po’ troppo, lo sai?»

«E tu prova a darmi retta una volta ogni tanto, così non ti incastro sempre così!». Nemo si lasciò scappare un sorriso e incrociò le braccia, in attesa che Flip le mostrasse il punto che avrebbero attraversato per raggiungere l’agente Green. Lui aprì l’anta dell’armadio dove, esattamente un anno prima, si era nascosto quando era stato scoperto nel frugare tra i cassetti alla ricerca della famosa mappa dalle linee e forme strane. Fece cenno alla ragazzina per invitarla a entrare per prima.

Senza indugio, Nemo entrò e si voltò verso di lui che la raggiunse subito dopo, chiudendo l’anta. Erano avvolti nel buio. «E ora che si fa?»
«Ah, giusto». Flip batté le mani cinque volte saltellando al tempo stesso e in pochi istanti, la parete alle loro spalle si aprì, catapultandoli nel corridoio col tappeto rosso, fino alla stanza delle farfalle; o almeno in quello che ne era rimasto…

Capitolo 2

Il mattino cedette il posto al pomeriggio e a un imponente tramonto; quando la luna e le stelle brillarono in cielo, Nemo e Philip salutarono Carla, agitando le braccia mentre si faceva sempre più piccola nella sua barca a motore. «Rientriamo, fa freddo» disse Philip, stringendo le braccia al petto e incurvando le spalle, gli occhi fissi al cielo. «Arrivo subito» rispose Nemo mentre scrutava l’orizzonte.

I suoi occhi avevano analizzato ogni centimetro di quel luogo che conosceva come il palmo della sua mano e che sentiva ancora molto vicino, come se fosse andata via da lì solo il giorno prima. In cuor suo, sperava di sentir gridare il suo nome da lontano, di strizzare gli occhi e individuare un punto in movimento, un braccio sventolare, il volto del padre che la chiamava disperato ma felice di essere finalmente tornato a casa.

Al secondo richiamo di Philip, che la fece trasalire e tornare alla realtà, diede un ultimo sguardo allo specchio d’acqua e alle onde che si muovevano dolcemente, come se stessero accarezzando l’aria, e raggiunse lo zio all’interno del faro.

«Ci vediamo al solito posto?»
«Uhm, che ne dici di arrivare direttamente in aeroplano?»
«L’ultima volta mi sono ritrovato dietro e tu eri alla guida. La realtà è fatta di alti e bassi, e lo accetto, ma lascia stare i miei sogni, intesi?» disse mostrando un sorriso che presto diventò una dolce espressione di rimprovero, le mani sui fianchi.
«Ok, ok, come vuoi tu. Ma devi ammettere che è stato divertente quella volta!»
«Nemo…» disse mentre raggiungeva la soglia, poi si voltò. «Dormi, ti raggiungo a breve» e alzò il dito indice, mostrando il filo rosso stretto attorno. Nemo fece lo stesso, poi si voltò verso la finestra. Trasse un lungo sospiro e chiuse gli occhi. Slumberland, sto arrivando!

Lo scenario che si ritrovarono davanti Nemo e Philip li lasciò trasecolati. Le labbra tremavano, gli occhi si spostavano da un punto a un altro, a intermittenza. Nemo portò le mani alla bocca e si lasciò scappare una lacrima. Philip, ora Flip, non ballava né borbottava le sue solite battute. Davanti a loro, Slumberland stava lentamente collassando. 

Ombre

finale di Marco Simion

Una porta si apre all’improvviso con un cigolio, e ne esce una bella ragazza, con dei lunghi capelli castani e vestita con un maglione a fiori così simile a quello che mi sembrava di essermi appena sognata. Tiene per il manico una grande pentola fumante, con dentro un mestolo, e nell’altra due piatti. Nella stanza si diffonde un buon odore di funghi, e la pancia emette un sonoro brontolio, mettendomi in imbarazzo. In fondo mi ero messa in cammino nel bel mezzo della preparazione della cena.

“A quanto pare abbiamo ospiti. Tu devi essere Giulia, Luigi mi ha parlato molto di te” mentì lei. “Spero tu ti sia un po’ asciugata. E che tu abbia fame. Vieni, ho fatto una zuppa di funghi, dovrebbe scaldarti”. Il suo sguardo si addolcisce e si posa su Luigi. “Lascialo pure dormire vicino al fuoco, credo non si sveglierà per un bel po’, era veramente distrutto”.

Non so per quale motivo, ma non me la sento di contraddirla. Sposto delicatamente la testa di Luigi dal mio grembo e gli metto la mia giacca sotto la testa. “Ma ce l’abbiamo un cuscino, aspetta”. La ragazza appoggia il pentolone sul tavolo e si dirige verso il letto, prende un cuscino e lo appoggia sotto il capo di Luigi, che non sembra accorgersi di nulla. È solo una mia impressione che nel farlo lei gli accarezzi i capelli? 

La seguo poi al tavolo, dove mi versa una porzione abbondante di zuppa nel piatto. “Aspetta, prendo il pane e qualcosa da bere”. Si affaccia di nuovo nell’altra stanza e ne esce con una grande pagnotta, un fiasco di vino e due calici. Sembra portare tutto con naturalezza, come se tutto non pesasse nulla. “Spero tu gradisca un po’ di vino. Di acqua ne abbiamo presa abbastanza”.

“Quindi ti sei messa in viaggio con questo tempaccio. Molto coraggioso da parte tua. Anche un po’ stupido però”. Non so per quale ragione ma non riesco a replicare. Di solito sarei saltata su per molto meno. Da una sconosciuta poi. “In fondo Luigi qui era al sicuro. E domattina con calma sarebbe sceso a valle. È stato strano rivederlo sai?” Al mio sguardo di stupore mi riempie il bicchiere di vino. “Non credo mi abbia riconosciuta, ma io e lui c’eravamo già visti, quando eravamo appena adolescenti. Io ho sempre abitato in queste valli, e lui era venuto in vacanza coi suoi.

Un giorno mi sono presa una storta nel bosco, e non riuscivo a camminare. Lui era rimasto un po’ indietro in una camminata e ha sentito i miei lamenti. Mi ha portato a spalla fino a casa mia. Un paio di km e, nonostante fossi leggera, credo di essergli pesata un bel po’. Non si era mai lamentato. E poi il giorno dopo era passato a trovarmi. E il giorno dopo ancora. Ed è stato in uno di quei giorni che gli ho dato il suo primo bacio. L’ho capito subito che era il suo primo, da quant’era impacciato. E da quant’era arrossito.

Abbiamo passato le due settimane successive così, sempre insieme. Fantasticavamo di grandi progetti, quando saremmo diventati adulti. Ma in realtà nonostante ci abbia sperato tanto una volta tornato in città non l’ho più rivisto.” Guarda il mio anello. “Tu sei stata più brava, l’hai trovato e sei riuscita a tenertelo. Io credo che neanche si ricordi di me. Cosa sono in fondo, quindici giorni d’estate?”.

“Avevo pensato di dirglielo domattina, e sono sicura che stanotte sarei riuscita a convincerlo a rimanere qui con me. Non sono più una ragazzina ingenua, e ora ho affinato i miei mezzi”. Nel dirlo si passa una mano tra i capelli in modo languido e mi lancia uno sguardo intenso. È ancora più bella di quanto non mi fosse sembrata la prima volta che si era affacciata sulla porta. Nonostante la fiducia che ho in Luigi non dubito nemmeno per un momento che ci sarebbe riuscita. “Ma sei arrivata tu. E ho capito che non potevo essere così egoista da prendermi ciò che non era più mio, e forse non lo era mai stato. Per cui ho deciso di lasciarvi in pace. Potete passare la notte qui, al caldo. Domattina prendete il sentiero che parte a destra della radura, dovreste arrivare al paese in un’oretta. E se ti chiede qualcosa digli che l’hai trovato qui, da solo, in questa capanna e che te l’ha indicata un vecchio cacciatore. Non gli parlare di me, è meglio così, sarà il nostro segreto”.

E nel dirlo mi si avvicina e io mi ritraggo istintivamente, ma lei mi prende il viso tra le mani, e mi dà un delicato bacio in fronte. Poi si china su di Luigi che dorme davanti al fuoco e dà un bacio in fronte anche a lui. “Mi sa che gli è venuta la febbre, prenditi cura di lui. È stato un piacere conoscerti Giulia, ma anche un peccato” mi dice mentre apre la porta principale per uscire nella pioggia. Dopo un attimo di smarrimento mi affaccio alla finestra. Probabilmente è già scomparsa lungo il sentiero tra gli alberi, perché non la vedo più. 

Il giorno dopo Luigi si risveglia accanto a me. Gli tocco la fronte ed è appena tiepida, ma niente di particolare. Non gli faccio nemmeno un cazziatone. Gli dico che mentre salivo per cercarlo ho visto del fumo salire in mezzo al bosco, e fradicia com’ero sono andata in quella direzione, per ripararmi. E lì ho incontrato un montanaro, che mi ha detto di averlo trovato appeso a una parete di roccia e averlo portato qui con uno sforzo notevole.

Luigi è un po’ perplesso ma dice di non ricordarsi bene della sera prima, è tutto un po’ confuso. Io gli riscaldo un po’ di zuppa e passiamo mezza giornata lì finché non mi dice che se la sente di scendere giù, ma che prima deve verificare una cosa. Camminiamo per una mezz’oretta fino al punto in cui era rimasto bloccato la sera prima e io mi preoccupo un po’. Lui mi dice solo che vuole capire che errore ha fatto. Si avvicina a una piccola croce, piantata nel terreno e la guarda per pochi secondi, come di sfuggita e poi si mette a fissare la valle in lontananza.


“Possiamo andare” mi dice. Se mi fossi avvicinata di qualche passo avrei potuto leggere cosa c’era scritto sulla croce. “Soreghina Ciastel – strappata troppo presto all’affetto delle sue montagne. 1984-2001”.

Fine

La campana tibetana

finale di Alberto Sartori 

Il suono di una campana tibetana. Il rintocco è molto forte ma poi si trasforma in un’onda melodiosa che mi fa assopire sempre di più, si avvicina e mi avvolge completamente. Le palpebre sono sempre più pesanti, chiudo gli occhi mentre solo un leggero spostamento d’aria mi culla.

Riapro gli occhi di colpo e tiro uno starnuto. Maledetta pioggia e maledetto freddo. Sono sdraiato sulla pelle di cervo, la mia nuca posata sul suo grembo. È stata così dolce ad accogliermi qui con lei ma ancora non riesco a credere che non abbia capito chi sono. Quelle lunghe estati assieme prima di conoscere Giulia sono impresse nella mia mente e posso riavvolgere il nastro dei ricordi alla perfezione. Sono ancora intorpidito e mi alzo lentamente senza svegliarla.

Il suo respiro è molto affannoso. Vado verso il fuoco che si sta ormai spegnendo ma emana ancora quel suo calore ristoratore, muove un leggero vento verso il mio viso mentre mi avvicino. Sento una ragnatela che mi si posa tra la fronte e i capelli, cerco di levarla con la mano ma oppone resistenza, si attacca con forza alle mie dita. La osservo per vedere dove si sia incastrata e vedo che non è una ragnatela ma un capello di Giulia.

Solo lei ha una ciocca di capelli azzurri tra tutte le donne del paese. Con quelli che perde sarà stato sicuramente impigliato in uno dei miei vestiti. Ripenso a lei ed un brivido mi corre lungo la schiena. L’ho sognata mentre ero assopito, era qui con me. Avevo una paura tremenda che mi scoprisse con Soreghina ma per fortuna non era reale, anche se era un sogno così vivido. “Basta fantasticare Luigi, non era qui. Guarda dietro di te chi c’è” mi dico da solo indispettito. Parlare con me stesso è sempre stata una buona abitudine.

Mi giro per guardare Soreghina e la vedo muovere gli occhi da sotto le palpebre chiuse, sintomo di un sonno molto agitato. Vado verso di lei e la accarezzo dolcemente. Un polpastrello rimane bagnato da una lacrima che sta scendendo sul suo viso. 

“Ehi, Soreghina” la chiamo sottovoce ma non si sveglia. “Devo dimenticarti, di nuovo” le dico con un sussurro ancora più flebile. “È ora di rincasare Luigi!” mi impartisco un ordine da solo. Il temporale è finito da un pezzo e posso prendere in prestito una delle sue torce. Magari penserà che sia stato soltanto un sogno l’avermi qui per una sera. In ogni caso mi ricorderà come quel ragazzo salvato sulla montagna e non di certo come il suo ex. Di sicuro non verrà a cercarmi. Questo ultimo pensiero mi rasserena.

Con passo leggero raccolgo i vestiti fradici lasciati sul pavimento, faccio un fagotto e prendo la torcia sopra alla sua credenza. Il forte rintocco di una campana tibetana mi entra nella testa, sento un liquido caldo scorrere giù per il collo ed inondarmi la schiena. La vista si offusca e tutto diventa nero.

“Ma dove diavolo sta andando Luigi?” penso animosamente. Quella maledetta Soreghina mi ha imbavagliato mentre dormivo e ha preso il mio posto sulla pelle di cervo. Possibile che non si sia accorto di niente? Ringrazio quel tarlo che ha fatto questa piccola fessura sul muro, almeno posso vedere cosa stanno combinando quei due.

“Oh mio Dio” vorrei urlare forte. “No no no no no, non colpirlo brutta stronza. Cosa vuoi fare?” Inizio a dimenarmi con tutta la forza che ho e riesco a liberare una mano. Tolgo il fazzoletto di cotone dalla bocca ed inizio a sciogliere tutti i nodi del lenzuolo che mi stringe polsi e caviglie. Torno a quel piccolo foro e vedo Luigi riverso a terra, una pozza di sangue si allarga sul pavimento. Non c’è tempo per pensare. L’istinto prende il sopravvento, il mio cuore zittisce la mia mente. Scappare o attaccare? Io attacco.

Tiro una spallata alla porta dello sgabuzzino dove ero rinchiusa. Soreghina fa in tempo solo a spalancare i suoi occhi. Colpisco forte l’interno del suo ginocchio e la faccio cadere a terra, ho portato con me il lenzuolo e glielo lego attorno al collo e stringo, stringo forte, stringo finché non vedo Luigi che si sta muovendo. È ancora vivo. Allento la mia presa e lego i suoi polsi. Mi alzo e corro verso Luigi. Inciampo. Cado vicino a lui sbattendo il viso. E di nuovo sento il suono della campana tibetana. Inizia a tintinnare e continua a trasformarsi, diventa un suono intermittente e metallico, poi un ronzio fastidioso.

Apriamo gli occhi all’unisono. Giulia è qui di fronte a me. Anche le due poltrone bianche si guardano tra loro. Fuori il sole sta scendendo. “Allora com’è andata? Oggi c’era un po’ di pepe in più nell’esperienza che vi ho innestato e potevate prendere parecchie scelte. Vi siete divertiti?”

“Sì, dottore. Sembrava così reale” sussurro tristemente. Maledetta terapia di coppia. Questa nuova tecnologia che ci fa vivere situazioni all’unisono nelle nostre menti, prendere delle scelte in modo da registrare le nostre reazioni, sperando di rinsaldare il nostro rapporto proprio non sta funzionando. 

Fine

L’insidia della montagna

finale di Linda Moon 

È un suono che mi fa tremare nonostante lo conosca molto bene. Tremo perché so che non è un buon segno. È come un eco lontano, sottile ma allo stesso tempo intenso. Mi sta cercando, mi sta ritrovando. Sono stata folle a pensare di poter vivere una vita tranquilla, senza che la verità venisse a galla. Non oso voltare lo sguardo, so che una volta fatto non posso tornare indietro alla vita di prima.

Continuo ad accarezzare il viso di Luigi e il calore al petto si fa sempre più forte, quasi da far male ma lo accolgo come fosse linfa vitale. Adoro questa sensazione, sin da quando quel lontano giorno l’ho incontrato al campeggio e ho deciso di passare la mia vita con lui, o meglio, ho deciso che diventasse mio e basta. Sapevo sin da subito che stavo sbagliando a fare ciò; che ho fatto, ma non ho resistito e ho ceduto alla tentazione. Quello che per me era iniziato come un banale scherzo, per spaventare quella ragazzina dalle trecce castane, è diventata una triste realtà.

Mai avrei pensato che le parole di un vecchio libro trovato abbandonato in mezzo a quel bosco avrebbero compiuto atti crudeli, ma ciò che è peggio è che non me ne sono mai pentita. Ora però, convinta di aver vinto su tutto, mi ritrovo ad affrontare gli errori della mia superficialità. Il suono si ripete e mi distrae da quei pensieri che erano stati nascosti per anni in un remoto angolo della mia mente. Il richiamo mi costringe a voltarmi e senza smettere di stringere Luigi che ora dorme non per la stanchezza ma perché sono io a forzarlo, pronunciando a bassa voce parole indi una lingua antica, mi volto e con coraggio schiudo gli occhi che fino a poco fa erano chiusi per trattenere le lacrime.

La porta dell’ingresso principale è aperta di poco ma scorgo una sagoma. Più fisso quel punto, più la porta si apre lentamente fino a quando le mie labbra non tremano alla vista di quella figura femminile dalle lunghe trecce castane, il cui nome mi appare chiaro in testa ma che non ho il coraggio di pronunciare. Ora so perché Luigi era strano. So che lei gli è apparsa davanti. So che l’ha riconosciuta anche se i suoi ricordi sono ancora deboli. E so anche che quando si risveglierà, si ricorderà di lei, del campeggio, di averla conosciuta mentre era lì con gli amici ma si ricorderà anche delle urla di quella notte, del sangue sparso e di che cosa ho fatto e per me sarà la fine.

Sono terrorizzata, forse come lo era la ragazza anni addietro quella sera. Il mio volto è sempre più contrito in una smorfia mentre fissa quegli occhi seri e in quel momento scuri come la notte che sembrano supplicare di lasciarla andare, di ridarle la vita che le ho rubato. La pioggia che cade forte e rumorosa crea uno sfondo raccapricciante e spaventoso. Quasi disturbante. Una lacrima corre lungo la mia guancia e torno a guardare il fuoco e di nuovo vedo quelle immagini.

La ragazza con le trecce castane avvinghiata a Luigi nella tenda. I loro sorrisi, la loro intesa, il maglione floreale che lui le aveva regalato dopo qualche giorno. Erano così innamorati che volevo esserlo anch’io. Ricordo di averli osservati con gelosia, ero decisa a dividerli da subito e senza rendermene conto così era successo. Una passeggiata tutti e tre nel bosco a notte fonda per vedere le stelle, poi quel grido soffocato quasi subito e poi il silenzio e nient’altro.

Luigi si muove e io torno a guardarlo, accennando un sorriso. Il suono richiama la mia attenzione ancora ma io non mi volto, non mi lascio travolgere da quella forza che reclama la libertà toltale tempo addietro. È un suono che mi penetra dentro. Luigi sta per riprendere i sensi, è evidente che io mi sto indebolendo e non ne ho più il controllo. Nemmeno le parole che pronuncio hanno più potere.

Lentamente si agita, scalcia piano, incapace di capire cosa stia succedendo e io fisso la mano chiusa a pugno, guardando la piccola fede dorata, ricordando le promesse scambiate, piangendo a bassa voce, liberando il dolore che mi strazia per ciò che sto facendo. Luigi si muove quasi avesse spasmi, non riesce a parlare e cerca di allentare la presa del mio braccio attorno al suo collo. Chissà se sa che sono io o se, ancora stordito da quel sonno profondo, pensa che sia lei.

E mentre aspetto che emetta il suo ultimo respiro, penso che percorrerò nuovamente la strada del bosco, come quella sera quando guardavamo le stelle tutti e tre assieme, ma questa volta sarà solo per un doloroso addio.

Bacerò il suo corpo e piangerò le ultime lacrime per lui prima di gettarlo nell’oscurità dello strapiombo e sigilleró il segreto di ciò che ho fatto con quel coltello dal manico d’osso, sulla corteccia di un albero, secondo il rito del libro, attendendo di trovare un’altra persona da amare e, ovviamente, un’altra invece da sacrificare.

Fine

Slumberland 2

Trama – Nemo e lo zio Philip sono diventati una famiglia. Di giorno lei frequenta la scuola come una perfetta alunna modello mentre lo zio manda avanti la sua attività producendo eccellenti maniglie. La sera, legato il filo rosso al dito, si danno la buonanotte per ritrovarsi nel mondo dei sogni: Slumberland.

A un anno dalla scomparsa del padre, Nemo e Philip non hanno smesso le loro scorribande in luoghi fantastici, ma quella notte in particolare qualcosa li sconvolge: Slumberland è sotto attacco e sta per essere cancellata da una nemica oscura, divoratrice di sogni, dal nome Regina Re.

Insieme, dovranno scoprire chi si cela dietro a quel volto mascherato per sconfiggerlo prima che ogni sognatore si ritrovi intrappolato a Slumberland per sempre, in uno stato dormiente. Nemo e Flip realizzeranno presto che la fantasia  è un luogo fantastico dove tutto può accadere, ma che la realtà, per quanto dura sia, conta quasi come un sogno.

Capitolo 1

Nell’anniversario della morte del padre, Nemo e Philip avevano organizzato una gita al faro insieme a Carla. Il nuovo guardiano aveva lasciato loro le chiavi e con la sua piccola barca si era diretto verso la terraferma.

Carla aveva pensato al cibo. Philip al bere. Nemo, invece, aveva fatto una torta di mele, anche se una volta ricevuto i complimenti da Carla, l’abbandonò come fosse un oggetto di poco valore per esplorare la casa in cui un tempo abitava insieme al padre. 

Camminava a testa alta, scrutando ogni angolo. Tra le braccia stringeva maiale, il peluche che portava con sé ovunque tranne che a scuola; per lei era come un vero e proprio animale. Nel mondo dei sogni le restava sempre accanto e, in un certo senso, era come se vegliasse su di lei.

Il faro, al suo interno, sembrava non aver dimenticato i precedenti padroni: Peter e Nemo. La maggior parte degli oggetti non c’era più, ma ogni stanza era quasi identica a come lei l’aveva lasciata un anno prima. Il mobilio era lo stesso e pochi dettagli differivano dai suoi ricordi: una coperta nuova, abiti appoggiati in qua e in là, qualche stoviglia in più. Persino l’odore sembrava non essere cambiato: l’acqua e il vento dominavano il faro coprendo qualsiasi altro odore, aleggiando al suo interno.

Nemo si sentì sollevata nel ritrovarsi in un posto che riusciva ancora a chiamare casa e per un attimo, quando dal piano superiore il suo sguardo incontrò quello di Carla, pensò che fosse stata lei a ordinare che nulla cambiasse in maniera radicale; come se sentisse che prima o poi Nemo sarebbe tornata lì.

Leggi il Capitolo 2
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Linda Moon su Radio Gamma 5!

Domenica 13 novembre, Radio Gamma 5 mi ha ospitato per parlare della mia figura di scrittrice emergente [o in erba!] e del mio romanzo “Io diversa da me” uscito su Amazon lo scorso 18 ottobre.

Grazie a un’amica dal cuore grande e d’oro, mi hanno inserito in pochi giorni nella diretta delle ore 13 e per un’ora, tra musica e messaggi di ascoltatrici e ascoltatori, ho parlato del romanzo, del mio amore per la scrittura e di tanti, tantissimi progetti creativi in evoluzione.

Al link Linda Moon su Radio Gamma 5 puoi ascoltare il mio intervento [dura un’oretta, ma puoi mandare avanti i momenti di “pausa”!!!] mentre qui di seguito puoi leggere la breve intervista digitale da parte di Lorenzo Speed di Radio Gamma.

1.Qual è stato l’input che ti ha dato lo spunto per iniziare a scrivere?

Ricordo chiaramente che non c’è stato un vero e proprio input. Semplicemente, ho iniziato ad avere in testa tanto “traffico di pensieri” che un poco alla volta si sono tramutati in personaggi, scene e azioni.
A quel punto, avevo troppo da gestire e ho pensato di mettere qualcosa per iscritto.
Il primo risultato? Il romanzo “Io diversa da me”, ora disponibile su Amazon.

 

2.Quali sono gli scrittori e/o giornalisti di riferimento per la tua idea di scrittura/giornalismo?

Inizialmente, non ho mai avuto nessuno come riferimento principale. Devo ammettere che ho prima iniziato a scrivere e, in un secondo momento, a cercare o trovare figure di riferimento. In genere, resto legata al libro più che allo scrittore, ma se devo citare qualche nome, cado facilmente su autrici e autori di racconti come Alba De Céspedes, Grace Paley, Kate Chopin, Lucía Etxebarría; e ancora Raymond Carver, Dino Buzzati, Ernest Hemingway.

3.Quali sono i 3 libri ai quali sei più affezionato/a che consigli ai lettori di questo articolo?

I libri che consiglierei sono:
-Una storia d’amore come tante di Lucía Etxebarría
-Un uso qualunque di te di Sara Rattaro
-Cattedrale di Raymond Carver

Ma non posso non citate anche:
-Chiedi alla polvere di John Fante
-Zia Mame di Patrick Dennis

 

4.Quale messaggio vuoi comunicare/trasmettere attraverso la scrittura?

Che esistiamo e che se lo vogliamo possiamo essere umani straordinari. Scrivo non solo per intrattenere, ma anche per lasciare un segno e farlo lasciare ad altre persone. Per testimoniare chi siamo, le nostre storie ed essere un riferimento per chi cerca un confronto, empatia, un’esperienza.
Un intrattenimento che possa sempre fornire uno spunto di riflessione.

 

Le ultime due domande dell’intervista, in cui parlo della mia esperienza alla radio e dispenso qualche consiglio in base alla mia esperienza tra libri e scrittura, potete trovarle nel sito di Lorenzo Speed di Radio Gamma 5! 

Da casa editrice a Self-publishing senza stress

Dalle stelle alle stalle? Non proprio! Pubblicare con una casa editrice è il sogno di ogni penna scrivente, chi non lo vorrebbe?

Se mi ricapitasse l’occasione, e i presupposti fossero più che buoni, accetterei senza batter ciglio.

Ahimè, al momento posso solo condividere con voi l’esperienza su come passare da casa editrice a Self-publishing senza stress.

Un percorso non facile, ma che ho scelto di affrontare con una maggiore consapevolezza.

In questo articolo, condivido la mia esperienza – nonché passaggio da CE a Self – e offro 4 preziosi consigli su come restare a galla in una situazione del genere.

E, indubbiamente, auguro a ogni scrittrice e scrittore una buona pubblicazione!

I punti che affronto sono:

Come passare da casa editrice a Self-publishing senza stress

Toc, toc: vogliamo pubblicare il tuo romanzo

Mi hanno scoperto online, tramite alcuni racconti pubblicati su Facebook.

Mi è quindi stato proposto di pubblicare tramite casa editrice ed è a quel punto che ho messo da parte i racconti per tirare fuori il romanzo nel cassetto.

Il guadagno previsto era del 10% su ogni vendita e la mia unica spesa era l’iscrizione – una tantum e accessibile – in quanto si trattava di un’associazione culturale.

“L’emozione era alle stelle: avrei pubblicato il mio primo libro!”


I pro erano tutti positivi, ma i contro non hanno tardato ad arrivare.

Ancora oggi non so dire se sia stata solo ingenuità, sfortuna o se altri fattori abbiano contribuito al fallimento di questa opportunità.

A ogni modo, sono rimasta allibita nello scoprire lo scarso lavoro di editing, di promozione e, non appena ricevuto il cartaceo, ho notato la mancanza dei capitoli!

Dopo vari confronti ho persino accettato, anche se con riluttanza, di inserire una mia foto in copertina.

“All’ennesima domanda “Ma il libro parla di te?” avevo capito di aver commesso un grande errore…”

Come passare da casa editrice a Self-publishing senza stress

Da casa editrice a self-publishing fai-da-te

Dopo quasi due anni, ho chiuso il contratto con la casa editrice.  Ero amareggiata e mi sentivo pure in colpa: continuavo a chiedermi cosa o dove avessi sbagliato.

L’esuberante emozione per la mia prima pubblicazione aveva forse compromesso questo sogno?

Non vi dico i film mentali che mi sono fatta e che col tempo sono diventate svariate stagioni che Il trono di Spade, levati proprio!

Per diverso tempo ho finto che quel romanzo non esistesse, ma poi il cuore ha fatto Boom, boom quando un giorno, in un momento di grandi pulizie, è ricapitato tra le mani.

Ho visto quel momento come un segno e sono diventata imprenditrice del mio romanzo!

A maniche rimboccate, ho fatto editing e riletto il testo così tante volte da averne quasi la nausea.

Sfogliavo altri romanzi per studiarne struttura, impaginazione, punteggiatura, ma tutto l’entusiasmo è crollato durante la gestione del testo in Amazon: non riuscivo a impaginarlo!

Al solo pensiero, ancora oggi mi girano le palle…

Ricevuto il soccorso di un amico grafico, ho iniziato la fase di promozione sui social e tramite alcune book blogger.

“Ero così tesa che a ogni messaggio in arrivo saltavo come una fetta di pane… in un tostapane!”

 

Il risultato è stato scarso nonostante le recensioni positive. E così, ormai completamente avvilita, ho  rimesso il romanzo nel suo cassetto e scritto Fine al mio sogno.

Come passare da casa editrice a Self-publishing senza stress

Dal fai-da-te al Self-publishing [con il team giusto]

Avete presente quell’amore che vi spezza il cuore, ma che non riuscite a dimenticare?
Io l’ho provato con Io diversa da me, il romanzo.

Continuavo a ripensare ai pochi dati raccolti: storia avvincente e originale, non il solito romance, ma debole a livello di struttura del testo. Ahi, che male!

Per diverso tempo non sapevo che cosa fare: dare un’altra chance al romanzo o dimenticarlo per sempre?

Non so se avrei mai fatto ciò che sto per raccontarvi, ma qualcosa mi ha spinto a farlo. E a rimettermi in gioco.

La vincita di un contest indetto dalla rivista Read magazine [avevo inviato un racconto] durante il mio ultimo giorno di lavoro [che giornata di merda!] ha risvegliato la voglia di riscatto.

Così ho contattato Accademia della Scrittura, un team di professionisti del settore editoriale, nonché ideatori del magazine.

Non sapevo cosa aspettarmi: avevo paura! Stavo affidando il romanzo ad altre persone. Di nuovo.

“La diffidenza la mangiavo a colazione, praticamente”

 

Ho atteso il loro responso agitata come un pesce catturato in un retino, ma poi un sorriso di pura gioia mi si è stampato in viso.

Questa volta avrei pagato di tasca mia tutti i servizi, ma l’unica cosa che riuscivo a leggere era “il romanzo mi sembra ben scritto e ben strutturato, con una buona dose di suspense in alcuni punti”.

“In quel momento il mio io interiore si è scatenato in una folle danza!”

Come passare da casa editrice a Self-publishing senza stress

La mia esperienza [così, così] | La tua [ti auguro] fortuna!

Siamo giunti alla fine di questo articolo e arrivati ai preziosi consigli che voglio dispensare:

  • Se scegliete una CE, tenete sempre a mente che la vostra opera è…  LA VOSTRA OPERA!
    Ogni loro consiglio è ben accetto, ma l’ultima parola spetta a voi

  • A qualsiasi dubbio, fate corrispondere un chiarimento. È imperativo!
    Non procedete con dubbi che, prima o dopo, vi toglieranno il sonno

  • Se scegliete il self-publishing e siete novellinə, cercate una figura professionale che possa aiutarvi.
    Sarà un fondamentale supporto!

  • Puntate su servizi editoriali da parte di professionisti [editing, impaginazione, copertina etc…].
    Sarà il vostro miglior investimento. Badate solo a chi vi rivolgete.
    Cercate feedback e info tra i social per capire chi state per contattare


Che fine ha fatto il mio romanzo? Uscirà il 18 ottobre 2022 su Amazon e ne sono entusiasta!

Mi auguro di avere grandi soddisfazioni tra il pubblico. L’obiettivo non è mai stato di guadagnare soldi, ma feedback positivi.


“Sapere che il mio romanzo è, o sarà, un’ottima compagnia è per me il miglior epilogo mai scritto!”

Internet pullula di informazioni su come gestire il self-publishing, a chi affidarsi per servizi di editing, che tipo di promozione strutturare e così via…

Te lo dico forte e chiaro: non ho la soluzione per te! Magari…

Quello che posso fare, però, è condividere con te i contatti delle persone che hanno risollevato il mio romanzo dalle ceneri!

Scrivi & Basta!

Ti piace scrivere brevi racconti?
Vuoi sapere se la tua storia è scritta bene e funziona?

Allora “Scrivi & Basta!” è il contest di scrittura che fa per te!

SEGUI LE REGOLE. SCRIVI IL RACCONTO. PARTECIPA AL CONTEST.

I primi tre racconti inviati nel giorno e orario stabiliti saranno selezionati per un servizio di editing gratuito. Scopri se la tua storia ha del potenziale! Una volta al mese un nuovo “round” di scrittura.

Segui le regole e mettiti in gioco!

Parlo di racconti con Read Magazine

Ho scritto un articolo per la rivista Read magazine, un bellissimo progetto editoriale di Accademia della Scrittura che conosco molto bene perché sono gli editor del mio romanzo Io diversa da me, in uscita il 18 ottobre 2022 sulla piattaforma di Amazon.

Quando ho avuto l’occasione di poter esprimere il mio punto di vista e alcuni consigli, di preciso sei, sulla forma del racconto ero fuori di me dalla gioia. Perché? Si tratta del mio primo e ufficiale articolo per una rivista che parla di libri e scrittura.

In 6 step consiglio come iniziare a scrivere racconti. Un’anteprima dei punti che affronto:

  • lettura
  • allenamento
  • esercizio
  • tecnica
  • stile
  • formazione

Meer intervista Linda Moon!

Meer è una rivista online scritta in sei lingue e si propone come un canale innovativo per fornire un flusso costante di aggiornamenti, storie e articoli.

Quando mi hanno proposto un’intervista per condividere la mia opinione in merito alla scrittura sul web, dal mio personale punto di vista, ho detto subito: “Sì, lo voglio [ fare ]!”.

Loreta Cringoli, specializzata in educazione e nell’insegnamento in scuole primarie, condivide la mia stessa passione per la scrittura ed è stata una piacevole sorpresa; l’intervista è venuta fuori in maniera ancora più spontanea.

Sono tuttora nel bel mezzo dello studio della scrittura per il web, ma la voglia [e la grinta] per entrare nel digitale a “suon di parole” mi esalta non poco. Il bello della scrittura è la sua versatilità e adoro poter esprimere idee sotto forma di racconti, romanzi, articoli e interviste.

Nell’articolo scoprirete:

  • chi sono
  • com’è nata la mia esperienza nel web
  • quali attività svolgo online
  • quali sono i principali approcci alla scrittura [per me]
  • qualche consiglio per chi vuole tentare questo percorso

Spero di fornire spunti interessanti per chi, come me, ama scrivere in generale, anche per il web. Non è una strada in discesa e immediata, ma le possibilità sono davvero tante!

Goffredo Parise: lo scrittore de I Sillabari

Sono andata a visitare la casa di cultura dello scrittore vicentino Goffredo Parise. 
Non ero a conoscenza di questa cosa e l’ho scoperta durante la mia visita alla libreria di Pescara: Il Libraio di Notte [leggi qui l’articolo che gli ho dedicato].

Quando Paolo Fiorucci, titolare della libreria, ha scoperto la mia città natale, Vicenza, mi ha parlato dello scrittore e di un libro che si può considerare il suo best-seller di allora: Il prete bello. 

La copertina del libro "Il prete bello"





Trama – Ambientato in epoca fascista, il romanzo ha per voce narrante un bambino di nome Sergio, membro di una banda di ragazzi di Vicenza, attraverso i cui occhi viene svelata la realtà del mondo degli adulti.

Il romanzo si sofferma in particolare sulla vicenda di don Gastone Caoduro, giovane e avvenente parroco, sostenitore del regime e oggetto di desiderio delle zitelle della parrocchia.

Il suo entusiasmo era tale da parlarmi dello scrittore, della sua casa di cultura a Ponte di Piave, in provincia di Treviso, e omaggiarmi il libro Il prete bello. Infine, mi ha anche lasciato la borsa con il logo del suo negozio e richiesto, se possibile, di fotografarla all’interno della casa dello scrittore. E l’ho fatto!

La storia di Parise è molto interessante ed è uno scrittore italiano che merita di essere conosciuto: come personaggio e attraverso i suoi testi. Quindi, ecco i punti che tratterò:

Goffredo Parise: l’uomo dall’umore ballerino

 

Nasce a Vicenza l’8 dicembre 1929, da Ida Wanda Bertoli, figlia adottiva di un fabbricante di biciclette, e da un medico veneto che abbandona la donna ancora in stato interessante. Il bambino cresce con il nonno materno e spende la maggior parte del tempo in casa per non subire scherni da parte dei compagni vista la sua condizione di figlio illegittimo.

Un fardello pesante da sopportare ma che apre le porte a Osvaldo Parise, direttore de Il Giornale di Vicenza, che sposa Ida nel 1937 e che dà il suo cognome a Goffredo. Da quel momento inizia il suo percorso verso il mondo della scrittura.

Goffredo Parise è un personaggio interessante perché non vive in relazione alla scrittura e alla fama che ne deriva, ma anzi, predilige i rapporti umani rispetto a quelli commerciali; il trasferimento da una città come Roma alle campagne di Treviso ne è una evidente conferma.

Inoltre il ricordo che ha lasciato in diverse persone è autentico. Per alcuni è stato un grande amico, per altri un buon compagno, in alcuni casi una figura paterna. E il suo umore ballerino traspariva anche con la più cara delle persone perché Goffredo era fatto così.

Era una persona che non teneva al guinzaglio le emozioni, di qualunque natura esse fossero. Se si ritrovava a parlare con qualcuno, uno studente che lo idolatrava ad esempio, ma la conversazione non lo interessava, smetteva di ascoltare senza preoccuparsi di risultare maleducato. Insomma, non infamava nessuno ma respingeva con disarmante indifferenza.

L’aneddoto che più mi è piaciuto ascoltare è stato quello che ha visto il coinvolgimento del produttore cinematografico Dino De Laurentis, il quale lo aveva ingaggiato per scrivere la sceneggiatura di un film per il regista Gian Luigi Polidoro. Un viaggio tutto a spese di De Laurentis che rimase con l’amaro in bocca quando Goffredo tornò senza niente in mano: New York lo aveva deluso. Punto. E per lui non c’era altro da dire.

Insomma, un uomo dalle mille sfaccettature, che prediligeva amici e famiglia rispetto a fama e ricchezza. Con un matrimonio fallito alle spalle e due relazioni, quella più importante è stata con Giosetta Fioroni, pittrice, che lo ha assistito fino alla morte nonostante vivesse una relazione con un’altra donna.

A causa di un’arteriopatia diffusa, gli furono impiantati quattro bypass aorto-coronarici e alla fine del 1981 iniziò un ciclo di dialisi che durò sei anni. Ricoverato all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso, morì il 31 agosto 1986.

L'esterno della "Casa Rossa", abitazione dello scrittore Goffredo Parise

La sua bellissima casa di cultura

Nel 1984, lo scrittore Goffredo Parise si stabilisce nella cosiddetta “Casa Rossa” che sarà la sua dimora fino alla morte. Le sue ultime volontà prevedono che il Comune di Ponte di Piave ne faccia una casa di cultura intestata a suo nome che dovrà essere custodita e avere una targa così concepita:

Casa di cultura Goffredo Parise” per studi. Poiché lascio la casa con tutto quanto contiene [mobili, libri, quadri etc]. Essa, a giudizio del Comune, potrà essere aperta ed eventualmente ospitare studiosi delle mie opere”.

La cosa che colpisce di più, però, è la concessione del comune nel seppellire le sue ceneri nel giardino della casa, sotto alla statua dello scultore Constantin Brâncuși.

Arrivati all’ingresso, ci si ritrova subito davanti a un giardino e, in bella vista, c’è la sua tomba con una piccola lapide in marmo. Il piano superiore è a tutti gli effetti una biblioteca comunale, mentre il piano terra è rimasto tale e quale a come l’ha lasciato lo scrittore. Sulle pareti del corridoio che conducono al cuore della casa ci sono alcuni quadri dell’artista, e amico, Mario Schifano e un’opera in legno di Mario Ceroli che ricrea il profilo dello scrittore.

Il salotto sembra una pinacoteca-libreria: altri quadri di Schifano, un’opera di Giosetta Fioroni, un quadro riportato a casa dopo un viaggio in Giappone [punto di partenza sulla ricerca dell’essenzialità nei suoi racconti] e diversi suoi libri sparsi qua e la. Tra le poltrone, un tavolino con sopra una bottiglia di scotch, qualche bicchiere e sigarette Muratti. Era un gran fumatore.

Si prosegue poi nella cucina, dove sono appesi alcuni suoi quadri. Ebbene sì, ha provato anche a dipingere. E poi ci sono le ultime due stanze: il suo studio e la camera da letto. Quest’ultima si presenta molto minimale, un chiaro riferimento al suo amore per l’essenziale. Un letto, un armadio con alcuni abiti, alcuni quadri, tra cui uno che rappresenta il suo cane Pepito e un piccolo quadretto con una poesia di Eugenio Montale; ovviamente anche una libreria colma di libri.

Lo studio è la parte a mio avviso più bella. Un’asse retta da due cavalletti funge da scrivania per accogliere una macchina da scrivere, i suoi occhiali da vista, un tesserino Alitalia, un biglietto da visita e altri accessori. E ancora quadri, un evidente legame con la pittura e con gli artisti, coloro che erano prima di tutto cari affetti.

In tutta la casa si respira la sua attrazione per ciò che gli piace, per ciò che ritiene autentico e che può arricchirlo. Passioni, amori, oggetti che hanno lasciato una traccia significativa nella sua vita e nella scrittura.

Lo scotch e le sigarette che Goffredo Parise preferiva
Il salotto della casa con vista sul giardino esterno
La libreria all'interno della camera da letto dello scrittore
Lo studio di Goffredo Parise

Le sue opere e il concetto di essenzialità

Collabora con l’Alto Adige di Bolzano e l’Arena di Verona. Pubblica il suo primo romanzo Il ragazzo morto e le comete con Neri Pozza nel 1951 cui segue, nel 1954 la pubblicazione de Il prete bello, uno dei libri più venduti del dopoguerra.

Nel 1955 lavora per il Corriere della Sera mentre continua a pubblicare romanzi come Il fidanzamento e Amore e fervore. Diventa anche sceneggiatore, collaborando ai film di Mauro Bolognini: Agostino, tratto dal romanzo di Alberto Moravia e Senilità, tratto dal romanzo di Italo Svevo. Non da meno, collabora anche con Federico Fellini per un episodio di Boccaccio ’70, di preciso Le tentazioni del dottor Antonio.

Dalla fine del primo, e unico, matrimonio nasce l’opera L’assoluto naturale, scritto per il teatro e incentrato sull’analisi del rapporto di coppia e qualche anno dopo, nel 1966, conosce la pittrice Giosetta Fioroni con cui inizia una relazione amorosa.

L’opera più significativa e intensa di Parise, non solo per la mia propensione alla forma breve, sono I Sillabari. Nati dopo le sue svariate esperienze nelle terre d’oriente, lasciano un indelebile segno nella sua scrittura che si libera di orpelli e diventa minimale.

A suo avviso, l’ideologia ingabbia l’uomo e percepisce la necessità di “tornare al concetto di umanità”, indagando a fondo i sentimenti, scrivendo ciò che tutti possono provare, prima o poi, nella vita.

Nati in due volumi, il primo pubblicato nel 1972 e il secondo esattamente 10 anni dopo con cui vince, tra l’altro, il premio Strega, sono stati poi unificati nel 1984. L’autore racconta, e analizza, un sentimento per ogni lettera dell’alfabeto, ma alla lettera “S” si ferma. I suoi, più che racconti, suonano come poesie o, forse ancora meglio, come un piccolo dizionario dei sentimenti umani.

 

 

 

«Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri. In poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore».


Goffredo Parise

Un libro in prestito da oltre 40 anni

Ho visitato la casa di cultura assieme a mia madre e nel farlo è riemerso un buffo ricordo che le ha strappato un gran risata, contagiando anche me. Tornate a casa, ci siamo buttate a capofitto nella ricerca di un libro. Dopo 40 anni non era poi così certa che fosse ancora in casa e che avesse resistito a tre traslochi, ma alla fine l’ha trovato. Si tratta del testo Il ragazzo morto e le comete.

Quel libro le fu consegnato da suo padre, mio nonno, ma in realtà apparteneva a un ragazzo che secondo lui era perfetto per mia madre. Era il suo modo di fare Cupido – o il Tinder dell’epoca – per farli incontrare. Com’è andata?
Mia madre il libro non l’ha mai restituito perché quel tizio lei non lo voleva incontrare, non le piaceva. Punto.

E non è mai stato reso da nessun’altro. Mia madre ha voluto comunque tenerlo: una dimenticanza o forse una scusa per rivederlo, se avesse cambiato idea? Questo non lo so di preciso… Forse un giorno me lo dirà, ora il libro è nella mia libreria. Non so dove sia questo tizio e se sia ancora vivo, non so se leggerò mai il libro o se lo custodirò per mia madre, donandolo a qualcuno tra 40 anni; raccontando la stessa storia. Davvero, non lo so… Avete suggerimenti?

SPAZIO PER IL LETTORE

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Barbara Uccelli: artista e scrittrice

Barbara Uccelli è un’artista concettuale che ha realizzato importanti installazioni sia in Italia che all’estero. Molte delle sue opere sono legate alla scrittura, ma è con la raccolta di racconti Le relazioni sperimentali che fa il suo esordio come scrittrice.

L’ho scoperta grazie al canale telegram di Sara Rattaro. Aveva pubblicato la prefazione che mi ha da subito incuriosito e portato all’immediato acquisto del libro. Ho percepito una così grande empatia con le sue parole che le ho subito scritto per informarla dell’acquisto e quando ho scoperto che sarebbe stata al Salone del Libro, l’ho contattata per assicurarmi un suo autografo. 

Il caos dell’evento mi ha fatto perdere la nozione del tempo, e la possibilità di incontrarla, ma direi che mi è andata meglio. Infatti, mi ha invitato nel suo studio a Milano. E così, da maggio ho atteso i primi giorni di luglio per incontrarla e proporle un’intervista. 

Ho amato in modo diverso ognuno di quei 16 racconti – chi più, chi meno – ma volevo saperne di più sulla raccolta che è entrata anche nella selezione del premio Robinson. Io voto per una seconda edizione: Morellini Editore, il primo libro è già piazzato!

Sedute nel piccolo salotto, l’intervista inizia…

1 Chi nasce prima nella tua testa: l’arte o la scrittura?

Le due cose sono correlate, non seguo una precisa sequenza. Nasce quello che è necessario. Sono un’artista da tanti anni e scrivo da diverso tempo, per me stessa. Non ho mai pensato di pubblicare ciò che ho scritto e nemmeno di far diventare la scrittura una professione a tutti gli effetti; anche l’arte, per me, non è una professione. 

Non sapendo disegnare, quando creo un progetto, lo descrivo; ho bisogno di questa fase per poterlo spiegare. Uso le parole per far entrare le persone in un lavoro che ancora non esiste. L’arte mi serve per rendere la scrittura autentica e unica e la scrittura mi serve per chiarificare le idee. Con poche parole, molto precise, devo spiegare quale sarà il mio progetto. Ho imparato a scandagliare i sentimenti, a cesellare e levigare per estrapolarne il seme. 

La mia scrittura funziona perché nonostante a volte io vada a elidere il soggetto – un nome, a volte il verbo quindi l’azione – riesco comunque a comunicare ciò che voglio dire al lettore; anche se di primo impatto può sembrare che ciò che ho scritto sia “sgrammaticato”. L’arte mi aiuta a essere funzionale: se lavorassi solo da un punto di vista grammaticale, sarei poco unica. 

E svolge anche un lavoro di pulizia e rende ciò che scrivo minimal, al limite dell’essenziale. Nelle mie opere artistiche voglio che lo spettatore metta dentro tutto il suo vissuto, quindi al lettore devo fornire una sorta di scatola il più vuota possibile, con pochi elementi, che lo prendano dalla testa: ricordi, sensazioni, emozioni, desideri. Se la scatola è piena di me, vedranno solo me. 

Metto in luce solo gli elementi che spingono e pungono nel ricordo di una vita passata o futura. In questo modo funzionano sia la scrittura che l’opera artistica. Si tratta di un’esasperante selezione di parole che ad altre persone, come te ad esempio, può far pensare alla tecnica narrativa Show, don’t tell. La mia scrittura è istintiva: scrivo come penso.

2 Come mai il legame arte/scrittura e cosa cogli di quest’ultima per creare le tue opere?

Mi sono avvicinata alla casa editrice Morellini Editore perché volevano creare un progetto innovativo per la nuova collana intitolata Femminile Singolare. Mauro Morellini, direttore della casa editrice e Sara Rattaro, nota autrice, hanno pensato di mettere una copertina in mano ad un’artista invece di appoggiarsi al solito grafico. Ho così creato un fil rouge partendo dal bicchiere come simbolo del corpo femminile. 

Come un bicchiere, il corpo di una donna è trasparente, contiene il liquido che corrisponde alla vita e, allo stesso tempo, è da maneggiare con cura. Ogni bicchiere ha la sua sinuosità: c’è quello più bombato, più basso, più prezioso etc… A quel punto, Mauro Morellini, sapendo che scrivo racconti, mi ha chiesto di inviargli qualcosa mettendo però le mani avanti dicendo “Noi non pubblichiamo racconti”. Invece, alla vigilia dello scorso natale, mi ha contattato per ritrattare ciò che aveva detto e per dirmi che avrebbe pubblicato la mia raccolta. 

Si tratta, tra l’altro, di un fuori collana che però è riuscito a entrare a far parte della selezione del premio Robinson. Una cosa che ha lasciato tutti molto interdetti, ma positivamente. Il rapporto scrittura/arte emerge anche in questa raccolta di racconti che è diventata una mostra a Pescara, grazie al contributo del Museo delle genti d’Abruzzo insieme al FLA [festival di libri e altre cose] dove, tra l’altro, avevo presentato il mio libro. Ogni racconto è diventato una sorta di scrap-book [album di ritagli]: ho lavorato su dei pannelli grigi di 2 metri per 3 metri, alcuni anche di quasi 5 metri, e utilizzato elementi semplici come il gesso, le puntine da disegno, i fili di lana, oggetti appiccicati ai pannelli per rendere il racconto visibile. 

Ti racconto uno di questi pannelli legato al racconto Vicini. Si svolge da quando la bambina ha 5 anni fino a quando ne ha 15. C’è un lasso di tempo di 10 anni che non prevede una scansione temporale precisa nel testo [non scrivo ogni anno vissuto dalla bambina, ma salto: passiamo dalle due settimane a qualche anno, ad esempio]. Come potevo visivamente rendere il senso di crescita di questa bambina e delle sue esperienze di vita? Ho fatto una linea del tempo scrivendo col gesso le varie età: 5 anni, 6 anni e mezzo, 7 anni e tre quarti, 10 anni, 12 anni etc… perché ad ogni capitolo nuovo, nella raccolta, lei ha una diversa età. 

E per dare l’idea della sua crescita, ho attaccato delle caramelle: le galatine, i marshmallow, le rossana, gli orsetti gommosi, le girelle di liquirizia; poi ancora le golia, i boeri e infine un bacio Perugina [a simboleggiare un bacio che forse la ragazzina ha sognato di ricevere o di dare]. Con un semplice elemento, di grande impatto visivo, ho scandito il tempo di crescita della bambina.

Scorri il carosello di foto per vedere tutte e 16 le rappresentazioni artistiche dei racconti realizzate da Barbara Uccelli. Puoi cliccare su ogni foto e ingrandirla per vederne i dettagli. Le mie preferite? Vicini e Sisters!

4 Racconta un aneddoto su questa raccolta da regalare ai lettori!

Quando ho cominciato a scrivere racconti l’ho fatto durante il periodo di pandemia. Non con lo scopo di una futura pubblicazione ma perché, come artista, non potevo elaborare opere d’arte; era tutto chiuso. Volevo però essere vicina alle persone che mi seguivano e conoscevano i miei lavori. L’unico modo per entrare in connessione con il pubblico era quello di usare il mio sito e scrivere. 

Per 49 giorni ho scritto un racconto al giorno. I primi 10/15 funzionano, riesci a stare dietro al progetto; dopo vuoi ucciderti. Alle 8 del mattino la gente ti scrive “Non ho ancora visto il racconto!” oppure “Non hai ancora pubblicato?” o ancora “Come mai non c’e ancora il racconto?”. E così ti ritrovi alle 3 di notte a fissare il soffitto senza avere la più pallida idea di cosa scrivere perché ti sembra tutto inutile. Quello che voleva essere un regalo è diventato un lavoro.

Ho passato notti tremende e insonni provando a scrivere e l’ho fatto perché ho un gran senso del dovere, non potevo non scrivere nulla ma nemmeno presentare una schifezza perché la gente non se lo meritava. La maggior parte dei racconti all’interno della raccolta Le relazioni sperimentali sono nati nel periodo di pandemia ma non hanno nulla a che fare con ciò che è accaduto; nessun personaggio è collegato a quella situazione. Si trattava di racconti già abbozzati o di idee che avevo in testa e che ho deciso di mettere per iscritto. È stata un’occasione per rivederne alcuni e definirli.

La cosa che è variata è la scrittura di questi racconti: se qualcuno leggesse quelli originali, forse riconoscerebbe i personaggi, ma non la scrittura. Scrivere a livello personale, fine a se stesso, non è mai uguale a quando lo si fa con lo scopo di essere letti da altre persone. Si pone più attenzione nella scelta delle parole, in modo quasi minimale. Come citato nella risposta alla prima domanda, in alcune frasi elido il soggetto, gli aggettivi, a volte persino il verbo, così che il lettore possa focalizzarsi solo sul particolare importante. Non sempre la lettura è scorrevole, in alcuni momenti bisogna concentrarsi su “chi dice cosa”. Nei miei racconti non è importante cosa accade ma riuscire a scovare il giusto dettaglio che nel lettore porterà un ricordo, una pillola di empatia, un riconoscersi o riconoscere qualcuno o qualcosa.

In conclusione…

Barbara è un personaggio! Crea con le mani, con le parole ma prima di tutto con la testa. E con la sua raccolta di racconti è riuscita a mettere un pezzettino di se stessa, lasciando però a noi lettori lo spazio restante per sguinzagliare la nostra immaginazione; per immedesimarci meglio nei personaggi che non hanno un nome, perché Barbara ci regala persino questa possibilità. 

Potremmo definire la raccolta come un’installazione, la famosa scatola in cui depone indizi sotto forma di parole che diventano frasi che rappresentano circostanze e persone in cui chi legge entra mettendo un po’ di se stesso in ogni storia. In poche parole: un’immersione letteraria.

SPAZIO PER IL LETTORE

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E se avete domande o curiosità sull’artista e scrittrice Barbara Uccelli, potete contattarla ai seguenti canali: 
sitoweb www.barbarauccelli.it
instagram barbara.uccelli

Se, invece, volete acquistare la raccolta di racconti Le relazioni sperimentali potete farlo tramite la Morellini Editore oppure Amazon.

Racconti edizioni: la sfida di una casa editrice

La frase “In Italia non si leggono racconti” riecheggia spesso online e a volte tra le parole di chi stringe tra le mani l’ultimo romanzo in testa alle classifiche. Verità o bugia? Assieme alla Scuola Martin Eden, abbiamo deciso di mettere a tacere una volta per tutte quella che sembra ormai una leggenda, e cercare una risposta. E quale modo migliore per farlo se non intervistando l’unica casa editrice in Italia che pubblica esclusivamente racconti?

Conosciuti online e visti di persona al Book Pride [qui l’articolo], li abbiamo contattati per scambiare due chiacchiere e farci dire da loro come stanno davvero le cose. Stefano Friani, editore assieme a Emanuele Giammarco, ci ha fornito le risposte che cercavamo e confermato come hanno superato i pregiudizi sul racconto e di come, alla fine, ce l’abbiano fatta!

1 Sfatiamo subito un mito: è vero che in Italia è ancora molto piccolo il pubblico che legge racconti?

Nessun mito da sfatare: la sfera online pullula di riviste che propongono racconti, incentivo che ha innescato l’idea di una casa editrice fondata sulla forma breve. I lettori ci sono e alcuni di loro si possono definire affezionati. I racconti, insomma, funzionano.

2 Come e da chi nasce l’idea di aprire una casa editrice? E come si costruisce una casa editrice sui racconti?

Assieme a Emanuele Giammarco, siamo i fondatori di Racconti Edizioni che nasce nel 2016 da quella che si potrebbe definire davvero un’impavida idea. In quel periodo non esistevano case editrici dedicate al racconto, un perfetto deterrente per demolire il progetto all’istante, però l’esistenza di tante riviste letterarie che li pubblicavano e di un terreno fertile da cui partire, ci ha spronati a iniziare. E oggi ci siamo ancora. 

Racconti Edizioni, però, non nasce solo da una nostra forte motivazione. Alle spalle c’è un lungo anno di lavoro e di ricerca per creare un buon catalogo: la colonna portante della casa editrice. Abbiamo elaborato una minuziosa selezione dei classici, rispolverando i racconti di Virginia Woolf e di Eudora Welty ad esempio, cui abbiamo accostato voci nuove – esordienti o emergenti – per equilibrare e allo stesso tempo arricchire le nostre proposte al pubblico. Scavando nel grande mondo editoriale, abbiamo portato alla luce opere da lungo tempo snobbate.

3 Come scegliete il vostro catalogo? [Autrici/Autori/Generi…]

Il nostro è un catalogo che guarda molto oltreoceano, senza rinunciare alle penne italiane. Ciò che sia io che Emanuele amiamo dei libri che selezioniamo, una sorta di fil rouge, è la letteratura di minoranza, di stranieri che scrivono nella propria lingua. Optiamo per testi dimenticati o trascurati che meritano di essere letti e condivisi, ma soprattutto ricerchiamo raccolte di racconti che facciano emergere il concetto di coesione e che, di conseguenza, comunichino un’identità a chi li legge.

Un autore tanto stimato, pubblicato a soli tre anni dall’apertura della casa editrice e che ha, in un certo senso, fatto da apriporte a tutti gli altri racconti, è stato Philip Ó Ceallaigh con Appunti da un bordello turco. Un’altra bella scoperta, nonché pubblicazione, è stata anche quella di Elvis Malai nel 2017: autore di origine albanese, selezionato al Premio Strega 2018 con l’esordio Dal tuo terrazzo si vede casa mia, una raccolta di racconti.

4 Quanto è ampio il mercato editoriale in termini di domanda, offerta e fatturato?

Dall’esordio a oggi la strada è stata lunga, ma sempre in salita. Il fatturato è in continua crescita, grazie a un catalogo non solo vario ma ben studiato e che per Racconti Edizioni ha fatto e fa tuttora la differenza. Ciò che viene maggiormente apprezzato e regala enormi soddisfazioni è la clientela che ha dimostrato fiducia nei nostri confronti: i lettori tornano! Vanno a curiosare le proposte, richiedono informazioni, sono la prova che non solo la domanda c’è, ma che il racconto viene preso in considerazione, ricercato, letto, recensito: lascia un segno in chi legge.

5 Quali feedback ricevete dal pubblico che ha letto e/o legge tuttora ciò che offrite?

Emerge un’accoglienza positiva riguardo quanto proposto come letture. La nostra è ormai una casa editrice riconoscibile i cui contenuti riscuotono interesse e condivisioni; la gente presta attenzione a ciò che gira in editoria, insomma. Non sono però solo i libri ad attrarre i lettori ma anche le copertine su cui abbiamo investito molto tempo e studio. Le immagini minimaliste, l’attenzione per i colori e la grafica hanno portato a creare copertine d’impatto, riconoscibili, più coinvolgenti.

Dettagli che fanno la differenza non solo per la vendita, ma che riassumono in un unico colpo d’occhio quanto è scritto all’interno di una raccolta di racconti che si ricollega a quel concetto di identità cui teniamo molto; impresa non facile sia per gli illustratori che per me ed Emanuele, perché per entrambi un libro non deve essere bello solo dentro. Questo salto di qualità grafica è appagante anche se prediligiamo con tanta passione le copertine bianche, facili a sporcarsi, ma di una nitidezza unica, simbolo di un’avversione nel seguire i trend del settore editoriale.

6 Quali attività di promozione adottate?

Indubbiamente, il sito ufficiale e i relativi social sono fondamentali per la promozione della casa editrice, degli eventi e del catalogo. Non da meno, siamo supportati da un solido ufficio stampa, ma la promozione non si limita a questo. Racconti Edizioni si appoggia anche a  quotidiani e riviste del settore e, nel corso degli anni, abbiamo anche instaurato un rapporto diretto con alcune librerie, cosa tra l’altro richiesta dai librai stessi. Attenzione particolare viene dedicata a ogni singolo libro perché ogni fase è fondamentale per presentarlo al pubblico: dalla quarta di copertina alle note sull’autore, fino alle anteprime e altri dettagli utili alla promozione.
La differenza la fa come un libro viene raccontato.

7 Perché c’è una discrepanza [di numero e interesse] tra i lettori del nord Italia rispetto a quelli del sud?

La nostra è una distribuzione capillare in tutta Italia, ma emerge comunque un certo dislivello in Italia tra i lettori del nord e del sud. Ciò è dovuto al fatto, innanzitutto, che i libri sono considerati un bene accessorio e questo modo di considerare la lettura fa un’enorme differenza nel modo in cui la distribuzione di testi, e la spinta alla lettura, si muovono nel nostro bel paese. I poli editoriali principali sono Milano e Roma, punti di riferimento da cui dovrebbe partire l’iniziativa a promuovere una miglior distribuzione dei libri e che potrebbero fungere da motore per spronare un pubblico maggiore a leggere.

Qualcosa si muove, ma la forza di chi ci sta provando è ancora poca e limitata; pensiamo ad esempio a LiberAria di Bari o a Pidgin di Napoli. I dati parlano chiaro: c’è interesse a fare editoria altrove, un’editoria di valore, ovviamente, con un approccio più sano e meno materiale che guardi anche a quel pubblico che non legge ma che sia invitato –  e si senta coinvolto – a farlo. 

Un chiaro esempio che qualcosa nell’editoria si sta muovendo è la fiera del libro di Napoli, che per il 2022 è in programma dal 29 settembre al 2 ottobre e che prevede anche l’ingresso di nuovi organizzatori, come Fondazione Campania dei festival e la neocostituita Fondazione Guida. Giunta alla sua 4 edizione, è simbolo di innovazione e un punto di partenza per una visione diversa dell’editoria che potrebbe portare a una diffusione più omogenea sul territorio italiano e, di conseguenza, a una promozione di libri e di lettura diversa da come la conosciamo.

Insomma, il racconto va forte, piace, viene letto e c’è chi vuole saperne di più! E per chiudere in bellezza, vogliamo lasciarvi una breve lista di raccolte di racconti che suggeriamo di leggere: ogni link vi porterà alla pagina del libro nel sito Racconti Edizioni. Scegli la raccolta più affine al tuo gusto letterario, oppure lascia che sia lei a scegliere te. 
Ecco la lista, buona lettura!

Guida alla notte per principianti di Mary Robinson
Fantasie di stupro di Margaret Atwood
Appunti da un bordello turco di Philip Ó Ceallaigh
Coriandoli il giorno dei morti di B. Traven
Birra scura e cipolle dolci di John Cheever

 

L’articolo è scritto in collaborazione con:
Scuola Martin Eden
“Fai salpare le tue storie”

Scuola di scrittura creativa a Padova 
Facebook & Instagram
info@martin-eden.it 

Libri usati da Scattisparsi

Una domenica pomeriggio di un non poco afoso giugno mi trovavo a casa da sola, un po’ annoiata ma con la voglia di combinare qualcosa. Ho preso il cellulare con l’intenzione di guidare verso il mare ma, dopo pochi minuti, google mi stava già mostrando i risultati delle librerie nei dintorni di Ravenna. E così mi sono vestita e sono salita in auto. 

La libreria Scattisparsi si trova nel centro della città famosa per i mosaici, in una stretta via chiusa al fondo. Non sapevo cosa aspettarmi, ma raggiunto il portico sono rimasta sorpresa nel vedere due enormi vetrate ricolme di libri, scatole e carrettini con testi divisi per genere, alcune promozioni e una simpatica insegna, un chiaro invito a entrare e iniziare a curiosare.

     

Inutile dire che c’è l’imbarazzo della scelta per la vasta quantità di libri usati esposti, ma la cosa che ho adorato di più è l’accesso adiacente l’ingresso principale, dove Ella Fitzgerald cantava Goody Goody e una bellissima installazione di libri troneggiava al centro di una saletta. All’interno ci sono poche sedute, ma sono perfette per sfogliare un libro o leggere qualche pagina per capire se il testo che abbiamo tra le mani potrà tornare o meno a casa con noi.

Insomma, tutte le librerie sono belle, ma Scattisparsi ha qualcosa di diverso, come fosse un luogo che ti porta in un altro tempo. Un po’ come Bastian ne La Storia Infinita: entri in un altro mondo, ti circondi di libri usati – alcuni con copertine straordinarie che non vedi tutti i giorni, anzi che forse non vedrai mai più – e ti lasci cullare dalla musica o dalle parole del libraio Fabrizio e, appunto, viaggi un po’ nel tempo; nel suo e in quello dei libri.

Scopritela con me in questa breve intervista!

L'interno della libreria Scattisparsi e la saletta adiacente

1 Come e quando nasce la libreria Scattisparsi? Il nome ha un significato particolare?

Libreria Scattisparsi nasce 35 anni fa a Bologna nei mercatini dell’antiquariato dove vendevamo libri usati e foto d’epoca; da qui il nome Scattisparsi. Toccavamo diverse piazze, le più prestigiose, come Milano, Bologna, Firenze, Roma, Modena, Ferrara, Fontanellato e tante altre. Ad un certo punto abbiamo scelto di fermarci e abbiamo trovato il posto ideale a Ravenna, dove siamo ormai stabili da 18 anni.

2 Vendete libri di seconda mano: come arrivano dal luogo in cui si trovano fino alla vostra libreria? Spiegateci la “filiera” di questo genere

Vendiamo solo libri di seconda mano e ne siamo ben felici! Non esistono magazzini dove trovarli perciò abbiamo dovuto crearne di personali. L’approvvigionamento lo facciamo direttamente dalle persone che ci chiamano nelle loro case e propongono i loro libri, a volte anche vere e proprie biblioteche personali. Ci chiamano da tutta la regione, a volte è faticoso, ma è sempre molto affascinante.

 

3 Oggigiorno si recuperano sempre più libri: com’è il mercato di testi usati rispetto alle novità che offre il settore? Si può dire che viaggino di pari passo in termini di interesse e numeri o c’è invece una netta distanza?

Bella domanda! Il mercato odierno delle novità editoriali è altamente schizofrenico. Il libro appena uscito è già vecchio dopo un paio di settimane e ne va di certo a scapito della qualità. Di conseguenza il mercato dell’usato non regge il passo con i numeri, però l’interesse – per il libro usato – è in netta crescita in quanto parecchie vecchie edizioni di libri che non vengono più pubblicate si possono trovare in librerie come la nostra Scattisparsi.

4 Domanda da 1 milione di euro: è difficile stare sul mercato editoriale – dell’usato, nello specifico – visto quanto può offrire quello online?

Si! Non è facile, ma nemmeno impossibile. L’online è estremamente comodo, sempre a portata di mano a qualsiasi ora del giorno e della notte, festivi e non: chi non è tentato di acquistare un libro vista l’ottima premessa? A questo punto devi affinare le risorse, le offerte e i servizi che solo una libreria fisica può dare: il rapporto umano, il contatto sensoriale con i libri e l’ambiente circostante, i consigli del libraio, serate sui libri e altro ancora. L’online non può offrire nulla di tutto questo.

5 Raccontaci un aneddoto sulla libreria – e le persone che ci lavorano – che merita di essere scoperto da nuovi lettori!

Di aneddoti ce ne sono tantissimi: alcuni divertenti, altri toccanti, è difficile elencarne solo qualcuno [senza offendere gli altri]. Di certo ne scriveremo un libro che, chissà, forse un giorno verrà pubblicato. Nella nostra libreria troverete Rita [la moglie del libraio], Fabrizio [il libraio] e Antonio [il libraio più anziano] che per tanti anni ha avuto una libreria dell’usato – ora non più – e che soffrendo di nostalgia libraria viene tutti i giorni a darci una mano!

Vi invito a visitare il loro sito e di andare a trovare Fabrizio, Rita e Antonio in libreria per scoprire assieme a loro tanti libri usati che hanno raccolto negli anni, rispolverare vecchie edizioni e scambiare due chiacchiere sull’editoria. Correte al sito Libreria Scattisparsi e seguiteli anche sui social Instagram  e Facebook per rimanere aggiornati sulle loro attività!

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Traduzioni in editoria

Scopri assieme a me cosa significa essere traduttori nel settore editoriale!
Ho intervistato Martina Beldomenico, una giovane ragazza con la passione per le lingue e i libri. In 5 punti ci avventuriamo nel suo mondo: da come ha avuto l’idea di entrare in questo settore ai suoi studi, fino all’attuale occupazione.


Ma facciamo una piccola premessa. Ho conosciuto Martina durante la mia prima visita al Salone del libro di Torino [leggi qui la mia avventura editoriale] e sono rimasta colpita dall’entusiasmo che trasmetteva mentre parlava del suo lavoro. Una sensazione che ho portato a casa perché, qualche giorno dopo, le ho proposto di parlare della sua figura di traduttrice; per approfondire alcune curiosità, ma anche per essere di riferimento a chi ambisce a intraprendere questo percorso.

Qui sotto, la sua intervista.
Buona lettura!

1. Raccontaci un po’ di te. Chi è Martina?

Una ragazza di 27 anni con tanta passione per le lingue straniere e la lettura. 
Quindi mi sono detta: “Perché non trasformarla in un lavoro?”, e così è iniziato il mio percorso. L’illuminazione è arrivata un pomeriggio in treno, una decina di anni fa, quando mi è caduto l’occhio su “Traduzione di…” nel frontespizio del libro che stavo leggendo. Ho pensato che sarebbe stato bellissimo, un giorno, vederci il mio nome.

2. Come hai iniziato gli studi e la tua carriera come traduttrice?

Inizialmente, ho scelto una laurea triennale in Lingue e Traduzione, per cominciare dalle basi e studiare non solo le regole grammaticali delle mie lingue di indirizzo, ma anche la cultura e il background letterario di chi le parla, nonché le varie teorie della traduzione.

In seguito, ho optato per una magistrale in Editoria e Giornalismo che potesse orientarmi meglio verso il settore di mio interesse, quello editoriale.

Infine, a completare la mia formazione è arrivato il master in Mestieri dell’editoria. Ne avevo valutato anche uno per traduttori editoriali, che si concentra nello specifico su questa figura professionale, ma ho preferito un corso di studi che rendesse la mia preparazione più poliedrica.

Concluso il master, sono stata accolta nella casa editrice dove mi trovo tuttora, in cui ho avuto finalmente l’opportunità di mettermi all’opera. La mia ultima impresa, che mi riempie di immenso orgoglio, è la ritraduzione di Winnie-the-Pooh di A.A. Milne, che d’ora in poi accompagnerà sugli scaffali quella storica della Salani!

3. Da quanto lavori nel settore editoriale?

Dopo il canonico stage di sei mesi, sono stata assunta in apprendistato e a fine agosto festeggerò due anni di lavoro! Ho avuto la fortuna di incontrare un editore che ha creduto in me da subito e che mi ha affidato, a oggi, tre traduzioni dall’inglese, oltre al lavoro di redazione su testi in tedesco, spagnolo e giapponese.

4. Quali sono i pro e i contro di questo lavoro, in questo ambito?

Il lato migliore è la possibilità di avere a che fare con i testi originali e quindi, in un certo senso, con lo “spirito” dell’autore. Si diventa parte della genesi di ogni libro, una sorta di genitore putativo o di tutore, con tutti gli oneri e gli onori che ne derivano. E la traduzione è un lavoro di incastro in cui va resa giustizia all’elemento letterario e linguistico di partenza, senza però dimenticare il lettore, che si esprime e pensa in modo ben diverso. Cogliere le sfumature, adattare al target, rendere ogni pagina godibile, scorrevole, perfettamente comprensibile. Ecco, io trovo che sia una delle attività più stimolanti in questo ambito.

Il lato negativo, purtroppo, è quello che accomuna un po’ tutti i mestieri in campo umanistico: ci sono pochi posti disponibili, spesso non equamente retribuiti rispetto alla mole e alla complessità del lavoro svolto, per non parlare della chiusura di certi ambienti, in cui si entra solo con i giusti contatti. Insomma, non è una realtà facile, bisogna sgomitare, farsi valere e avere anche un po’ di fortuna.

5. Regala qualche consiglio ai lettori, nello specifico a coloro che vogliono intraprendere questo percorso!

Siate perseveranti e appassionati, ma soprattutto non limitatevi a una sola strada: ciò dimostra capacità di focalizzarsi su un obiettivo ben preciso, ma rischia anche di precludervi percorsi che magari non avevate nemmeno considerato. Tenete la porta aperta, anche solo uno spiraglio. E vale in ogni ambito della vita, non soltanto per la carriera che si vuole intraprendere: siate curiosi e avidi di stimoli nella vostra quotidianità, non fossilizzatevi su ciò che conoscete, lanciatevi in sfide anche se vi sembrano fuori dalla vostra portata.

E nella traduzione, miei futuri colleghi, abbiate sempre la voglia di scoprire fino in fondo il libro che vi capita per le mani, le sfaccettature linguistiche, le immagini nascoste. L’autore avrà sicuramente celato tra le righe giochi di parole, metafore e assonanze che solo chi conosce e apprezza una lingua straniera può cogliere. Quelli sono i suoi regali per noi. Ci ha affidato la sua opera perché la riplasmassimo e la facessimo gustare ai lettori di ogni nazionalità, trasmettendo il suo messaggio.
Non è la missione più bella del mondo?

SPAZIO PER IL LETTORE

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E se avete domande o curiosità sulla professione di Martina Beldomenico, potete contattarla su Instragram [@martybld95] oppure inviarle una email.

Librerie a Torino

Librerie a Torino.
Scopri di più attraverso la mia personale esperienza – in dolce compagnia – e quali librerie visitare in quel di Torino!

Il penultimo weekend di Maggio ero in auto, in viaggio verso Torino per visitare il Salone del Libro. Non ci ero mai stata e vista la mia nuova avventura editoriale – [dall’inizio del 2022 mi sto dedicando a tutto tondo alla scrittura] – ho deciso di avventurarmi in quello che ho poi definito il Casinò dei Libri! Entrata con entusiasmo, ne sono uscita devastata ma con nuovi contatti e un piccolo bagaglio di esperienza.

Il giorno prima, sabato 21 maggio, avevo già programmato un giro in centro per visitare alcune librerie. Pensavo di trascorrere mezza giornata all’aperto, invece dalle 9 del mattino mi sono fermata poco dopo le 19. Inutile dire che il mio compagno era letteralmente devastato!

 

Ad ogni modo, oltre ad ammirare la bellezza di una città come Torino, ho seguito la mappa che avevo scarabocchiato la sera prima che prevedeva la visita di almeno due librerie. Quante ne ho viste in realtà? Quattro! La cosa di cui sono più fiera, però, è l’aver resistito alla tentazione di acquistare libri. Mi ero imposta un budget che potevo spendere solo al Salone del Libro e così è stato. Se volete leggere la mia avventura all’evento, fate click proprio qui.

Senza indugiare oltre, ecco le librerie che ho visitato e che vi invito a segnare in agenda per il vostro viaggio a Torino in versione “editoriale”.

Libreria Nora & Coffee

Posizionata nel quadrilatero romano di Torino, mi ha colpito per la tipologia di letture che offre e che non disdegno per nulla! All’interno di questo carinissimo locale si possono trovare testi specializzati in tematiche di genere, femminismi e cultura lgbtqiap+. Si può ordinare un caffè e nel frattempo curiosare tra gli scaffali nella stanza principale, anche se è quella accanto la mia preferita. Al soffitto un grande lampadario illumina le tante copertine colorate e i tavoli strabordanti di libri. Curiosando, ho scoperto autrici e autori nuovi e trovato un libro che ho sempre voluto leggere e di cui ho visto solo il film: L’altra metà dell’amore, che vi invito caldamente a guardare [guarda il trailer]. Al lato opposto del locale, invece, c’è una piccola sala lettura, ideale per sfogliare qualche pagina sorseggiando un caffè o un tè.

Di posti per sedersi ce ne sono dentro e fuori dal locale, ma io avrei scelto il divano verde e mi sarei adagiata come fossi a casa: maxi maglia, pantaloni della tuta, capelli arruffati, qualcosa da bere e una musica di sottofondo per leggere! Nel mio prossimo viaggio a Torino ci tornerò di sicuro – magari non “pigiamata” – e questa volta acquisterò un libro, chiedendo consiglio a Denise Cappadonia, titolare insieme all’amico Vincenzo, di questo fantastico bar che offre un valore aggiunto assieme ad un buon caffè! Seguite la libreria su Instagram!

Libreria Il Banco [Ubik]

La tappa successiva è stata una libreria che mi ha colpito per la sua singolare forma. Un tunnel di 60 metri lungo via Garibaldi. All’interno è una comune libreria, ogni scaffale presenta un genere diverso. Sia all’entrata che all’uscita ci sono libri scontati, strategicamente posizionati per accalappiare qualche cliente. E se decidi di acquistare quel libro che ti ha colpito, di cui eri incertə, ma sei già uscitə, devi ripercorrere il “tunnel” dall’inizio. Con l’indecisione che mi ritrovo, rifare quel percorso più volte sarebbe la mia palestra ideale! Al termine mi ritroverei con qualche chilo in meno e qualche libro in più! TOP!

Un po’ perplessa, forse perché mi aspettavo di trovare al suo interno chissà quali meraviglie, ho provato a chiedere qualche informazione a una ragazza e, incredibile ma vero, ho scoperto la storia interessante che c’è dietro a Il banco, riportata nella loro pagina Facebook. Qui la riassumo per voi.

La libreria Il Banco nasce nel 1980 per concessione del Comune e la caparbietà di due librai torinesi: Sergio Arneodo e Roberto Marra. Inizialmente pensata come un progetto temporaneo, da marzo a settembre, non passa molto tempo prima che i negozi nel tratto fronte-libreria lamentino – indovinate un po’ – un calo di vendite nel periodo della sua assenza. A quel punto, la concessione viene rilasciata annualmente.

Con il tempo, si evince che Il Banco è la libreria più attraversata della città nei suoi sessanta metri di lunghezza. Si pensa quindi all’ovvio, ovvero “specializzarsi” per diventare di “nicchia”. Alla domanda “su cosa” la risposta è una sola: niente. E galeotto fu chi rispose così perché la libreria non aveva bisogno di vantare nulla di speciale se non la sua posizione e il prezioso contenuto: libri di ogni genere!

Camminando lungo via Garibaldi, si entra a Il Banco quasi in automatico, perché è come percorrere una via, con libri da un lato invece di vetrine. E, a quanto pare, è l’ultima chance per acquistarne qualcuno prima di raggiungere la stazione di Porta Susa, nel caso di viaggiatori diretti verso casa. Visitate il sito!

foto by @lindamoonstories

Libreria Comunardi

In questa libreria ci sono finita letteralmente per caso, ma ne sono stata molto felice. Camminavo lungo vie a me sconosciute, il mio compagno appresso che implorava di tornare nell’appartamento in cui alloggiavamo. Mi aveva seguito tutto il giorno tra il mercato, il centro, le librerie ed ero pronta ad assecondarlo, quando mi sono ritrovata davanti alla vetrina della libreria Comunardi. In meno di un secondo ero già dentro e lui, sapendo di non potermi fermare, mi ha seguito a ruota, godendo perlomeno dell’aria fresca del locale.

La libreria era silenziosa: eravamo solo noi e quello che forse era il titolare della libreria. Ad ogni modo, ho iniziato a curiosare tra gli scaffali e ho scoperto di trovarmi nel punto di riferimento per le pubblicazioni indipendenti. Sì, perché come ho letto in un articolo online, Comunardi non vende libri, ma edizioni! Subito all’ingresso c’è un ricco reparto dedicato all’edicola dove si possono trovare diverse riviste letterarie per lettori e scrittori. Nel resto del locale, saggistica, narrativa e altri generi, da perdere la testa: e c’è anche un reparto speciale chiamato “Gli introvabili! [v.foto].

Non potevo spendere soldi e la stanchezza mi aveva ormai travolto, cosa che mi è scocciata non poco perché avrei voluto dialogare con la persona in libreria per chiedere informazioni su una scoperta che avevo fatto e che mi aveva lasciato senza parole. Ecco in arrivo un’altra storiella, un po’ strappalacrime. Ascoltate un po’ qui…

#SAVECOMUNARDI è il titolo perfetto per l’avventura editoriale che sto per raccontare.
Il 23 maggio 2019, un articolo de La Stampa annuncia una triste notizia dal titolo Chiude Comunardi, l’ultima delle librerie storiche: al suo posto un supermercato. Che tristezza, penso. Aperta dal 1976, nel settembre di quell’anno la saracinesca viene tirata giù per sempre. Il motivo? L’effetto della gentrificazione a Torino, dice il titolare, Paolo Barsi. I libri sono stati sfrattati. Nemmeno una battaglia di tre anni e una petizione con oltre 50mila firme raccolte è servita a salvarla.

E come il classico viaggio dell’eroe, la libreria aveva il desiderio di rimanere aperta ma un ostacolo burocratico la bloccava. Il suo tentativo di avere la meglio fallisce, ma una svolta inaspettata arriva in soccorso sotto forma di una società che pare abbia a cuore i libri. La risoluzione avrebbe dovuto essere la vittoria sulla grande distribuzione, invece, per motivi tuttora sconosciuti, la società si “da alla macchia” e così la libreria Comunardi chiude. E qui, io verso una lacrima.

Conosciamo tutti molto bene cosa è accaduto tra il 2020 e il 2022. Il mondo si è fermato e anche i propositi della libreria. La sua storia assomiglia a quella di Cenerentola, con la differenza che allo svanire della magia della fata madrina, non rimaneva nulla se non 43 anni di ricordi. Questo fino a quando il Corriere di Torino annuncia una meravigliosa notizia, precisamente il 3 febbraio 2022 con un titolo sensazionale. Riapre la storica Libreria Comunardi: la nuova sede è in via San Francesco da Paola. Addio lacrime di tristezza, benvenute lacrime di gioia e applausi. Cenerentola ha avuto il suo lieto fine! Gli spazi in via San Francesco da Paola 6 sono più piccoli ma la forza di volontà e l’entusiasmo sono di gran lunga più estesi. Ora non resta che augurare loro tanta fortuna e un futuro colmo di libri, riviste e altro ancora! Seguite la libreria su Facebook!

Libreria Luxemburg

Ultima, ma non meno importante, sono riuscita a passare anche alla libreria più antica di Torino. La sua nascita risale al lontano 1872 e al suo interno propone classici, guide e libri per ragazzi, narrativa italiana ed estera. Adiacente all’ingresso, su ambo i lati, c’è una sfilza infinita di riviste, nazionali e internazionali. Si prosegue lungo la stanza principale e si entra in una più piccola che porta a sua volta al piano superiore. Mi sono imbattuta in alcuni testi della casa editrice Ippocampo da perdere la testa. Salita la scalinata, le cui pareti sono tappezzate di cornici che riportano articoli di giornale sulla libreria, ci si ritrova in un mondo editoriale estero [indicato anche dall’insegna luminosa applicata lungo la ringhiera] e anche lì, è un dolce perdersi tra libri che possiamo conoscere nella loro versione originale. Per richiamare l’esempio di Cenerentola, se non sbaglio andava cantando I sogni sono desideri di felicità…Scusate, ma la aggiorno con una nuova versione: I libri sono desideri e di una sconfinata felicità!
Visitate il loro sito!

foto by @lindamoonstories
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Tecnologia per tre

In un futuro lontano, precisamente nel pianeta D – settore 45, Marco è alle prese con gli ultimi ritocchi di una cena romantica per Anna, sotto gli occhi vigili del suo cameriere-robot che non smette di dispensare consigli. 

«Potrebbe ordinare la cena a domicilio, signore. Un bici-robot sarebbe qui in tre minuti. E se vuole può aggiungere qualcosa per la colazione, nel caso la sua ospite avesse l’audacia di restare per la notte»
«Audacia? Guarda che sono un buon partito!»
«È molto ardito nel giudicarsi, signore»
«Maledetta la volta che ho eseguito l’upgrade al livello 5.0, Tommy, quasi quasi lo elimino»
«E come ultimerà la cena senza la mia supervisione? Conosco le sue abilità culinarie. Se procede in autonomia, aumenterà quelle criminali: avvelenerà la sua ospite. Le ricordo che l’omicidio è ritenuto un reato. Per non parlare delle conseguenze sulla sua reputazione intergalattica: rimarrebbe single a vita, su ogni pianeta. Francamente, non so cosa sia peggio, signore»
«Potresti essere più ironico e saccente di così?»
«Non vorrei ferire i suoi sentimenti, signore»
«Scusa, finora cosa hai fatto?»
«Ho completato la cena. Non c’è di che, signore»
«Maledizione!».

Driin.

«Tommy, attieniti al piano. Questa sera sii un perfetto robot cameriere»
«Mi perdoni, signore: gli altri giorni cosa sono, invece?»
«Tieni a bada il sarcasmo! Alexa, fai partire la playlist “Love songs for my baby”»
«Mi rifiuto, signore»
«Alexa!»
«È una playlist tremenda: vuole conquistarla o gettarla tra le braccia di un’amante migliore?»

«Ci ho messo due settimane per trovare quei brani. Suona la playlist!»
«Due settimane della sua vita che nessuno le ridarà mai più. Dovrebbe essere illegale ascoltare certa musica»
«Alexa, ti prego, sta per salire! Apri Spotify e suona quella benedetta playlist!»
«Neanche morta aprirei Spotify! Odio quell’applicazione: una pattumiera digitale priva di gusto. E pure a pagamento!»
«Maledizione all’upgrade, dovevate migliorare, non trasformarvi nella mia ex!»
«Le concedo del jazz, signore»
«Me lo concedi? Tu lo sai che questa è casa mia, vero?»
«Cerco solo di far fruttare al meglio l’upgrade, signore»
«Un upgrade di cui ora mi pento… per l’amor del cielo, suona qualcosa!».

«Ciao Anna, benvenuta. Wow, che eleganza!»
«Ciao Marco, grazie»
«Gradisci del vino?»
«Sì, molto volentieri»
«Accomodati, ho preso una bottiglia di Chianti, sai è un vino…».

Marco s’interrompe, l’aria smarrita di chi non sa quel che dice. Anna dà le spalle al televisore che s’illumina giusto in tempo per fornire un suggerimento da leggere.

«…è un vino fresco che si distingue per bevibilità, note di viola e amarene e una buona vivacità» 
«Wow, sei un intenditore».

Il televisore mostra un’altra scritta: “Non la illudere, sembra una brava ragazza. A proposito, ho anch’io l’upgrade 5.0: ricordatene quando ti lamenterai ancora della tecnologia di questa casa”. Marco soffoca un potenziale epiteto e resiste alla tentazione di staccare la spina al televisore.

«Sei affamata? Ho preparato una delle ricette che mi hai suggerito»
«Non vedo l’ora di assaggiarla. Quale hai scelto?»
«Polpette di locuste, grilli e cavallette in salsa di pomodoro. Cimici a parte!»
«L’odore sembra buono e il vino è perfetto. A proposito, che bella musica. Chi stiamo ascoltando?»
«Alexa, chi sta cantando?»
«Ray Charles, Ain’t that love». 

Marco, preso da un momento di euforia, inizia a cantare, muovendo piccoli passi secondo il ritmo della canzone, sotto gli occhi di Anna, divertita da quella scena. Al termine della canzone, lo applaude e lui si inchina più volte, come se stesse realmente ringraziando i suoi fan dal palco.

«Grazie, troppo gentile. Alexa, hai sentito che voce?»
«Certo Marco, ho sentito. Credo che tu non abbia solo rovinato la canzone e l’intero genere jazz, ma anche tutta la vecchia New Orleans». 

Nel sentire quel commento, Anna scoppia a ridere così forte che per poco non rovescia il vino a terra, mentre Marco fissa Alexa in cagnesco, mimando con le labbra un vaffanculo.
«Vogliamo cenare?» dice e interrompe quel momento imbarazzante.

«Complimenti!»
«Ho solo seguito la tua ricetta»
«No, dico davvero, credo che tu l’abbia persino migliorata. Che cosa hai aggiunto?»
«Come dici?»
«Percepisco uno strano retrogusto, che cos’è?».

Marco fissa Tommy con l’aria di chi ha lanciato un SOS nella speranza di essere salvato all’istante. Il robot scuote il capo e le palpebre metalliche si abbassano di mezzo centimetro.


«Sai, ero così agitato per questa serata che sono andato in tilt. Tommy, ricordami che cosa ho aggiunto»
«Signore, è lei lo chef»
«Tommy, sono sicuro che lo ricordi»
«Mi rincresce, signore, non ricordo di averla vista aggiungere nulla, ma ricordo bene cosa io ho aggiunto».

All’improvviso, piomba un gran silenzio. Anna prende il calice e beve un sorso di vino, spostando lo sguardo altrove. Marco inspira e chiude gli occhi, mantenendo la calma, come se quel gesto potesse porre fine a una situazione incresciosa.

«Devi scusarmi, credo che l’upgrade 5.0 sia ancora in corso»
«Comunque, signorina, l’ingrediente che ho aggiunto è un cucchiaio di larve di cerambici», esordisce Tommy, il tono robotico soddisfatto.
«Prendo dell’altro vino». 

Marco si alza e, approfittando di quel momento, invia un comando al televisore.
«Non sarò un grande cuoco, lo ammetto, ma so scegliere bene il dessert: millefoglie con crema vanigliata di laboratorio e una spuma di formiche honeypot. Voilà!»
«Caspita, deve esserti costato una fortuna: non è facile da reperire nel nostro settore abitativo»
«Sapevo che sarebbe stata una serata speciale».

Alzò lo sguardo verso il televisore e lesse ciò che c’era scritto, ammorbidendo la voce per rendere tutto più sensuale.
«Anna, sei una donna stupenda. Non ho mai conosciuto qualcuno come te in tutta l’intera galassia. I tuoi capelli biondo cenere mi ricordano le distese di sabbia in Dune. I tuoi occhi verdi brillano come le criptiche scritte negli schermi di Matrix. La tua pelle è candida e rosea come quella di Tricia McMillan in Guida galattica per autostoppisti e…»
«E io ho milioni di idee: conducono tutte a morte certa», sussurra tra sé e sé Alexa.
«Oh, Marco. Sei così dolce. Sapevo di aver trovato un vero uomo il giorno che ci siamo incontrati allo zoo subacqueo»
«Voglio conoscere tutto di te. Le tue passioni, i tuoi sogni, i tuoi piani spaziali per il futuro».

Marco e Anna si alzano da tavola, contemporaneamente. Lei gli si avvinghia come un koala su un tronco e lui la stringe ma con cautela. Mentre si baciano eccitati, si gettano sul divano, liberandolo dagli scomodi cuscini.

«Se me lo permetti, vorrei leggere alcune poesie di Pablo Neruda».
«E sei anche colto, wow!».

Il televisore cambia sfondo all’improvviso e fa apparire sullo schermo una chiara comunicazione di servizio. “Signore, arrivi al dunque o mi faccio staccare la spina da Tommy. Mi risparmi questo umiliante ruolo da Cyrano de Bergerac”.

Marco alza gli occhi al cielo, poi rivolge nuovamente le sue attenzioni verso Anna.
«Ti voglio. Subito!»
«Prendimi, fammi tua!». 

L’atmosfera si scalda. Marco preme un tasto del telecomando: le luci si abbassano e delle candele artificiali prendono vita. Alla televisione appare l’immagine di un camino acceso, il rumore della legna che arde aggiunge un tocco magico; Alexa fa persino partire la playlist “Love songs for my baby”.


«Tutto pur di non sentirli. Bleah!» sussurra in direzione di Tommy che oscura gli occhi per non essere testimone delle prime fasi del loro amplesso umano.

Carezze. Gemiti. Risate complici. Anna e Marco si baciano mentre provano goffamente a svestirsi, ma si bloccano all’istante quando percepiscono una scomoda presenza. Le labbra ancora attaccate l’una all’altra, girano solo le pupille verso Tommy, a pochi centimetri dai loro sguardi a dir poco trasecolati.

«Ehm, Tommy, puoi farti da parte?» chiede Marco. 
«Scusi l’interruzione, signore, ma è mio dovere informarvi che, secondo la legge n. 462 dell’anno 2068 del pianeta D, settore 45, dovete tutelare la vostra salute, i vostri sentimenti e il reciproco futuro»
«Che cosa?» risponde Marco.
«Signore, in base alla scannerizzazione corporale effettuata…»
«Scannerizzazione corporale?!» dice Marco, poi si scosta da Anna e allarga le braccia, visibilmente seccato.


«Ora basta: qualsiasi aggeggio tecnologico si spenga all’istante, grazie!»
«Per la vostra tutela, questo non è possibile. Signore, la invito a rileggere con attenzione condizioni e clausole dell’upgrade 5.0»
«Ci penserò dopo. Anna, andiamo in camera».

La prende per mano, gliela bacia e la attira a sé danzando a piccoli passi.
«Signore, come dicevo, in base alla scannerizzazione corporale il suo stato di eccitazione è al 94% e la sua erezione al 70%»
«Solo al 70%? Pensavo mi trovassi stupenda!»
«Ed è così, credimi»
«E lei, signorina, è in uno stato di eccitazione del 68% mentre il suo stato di lubrificazione non è ancora quantificabile in percentuale; di conseguenza non è pronta alla penetrazione»
«Che cosa? Anna!» 
«L’atmosfera non è un granché e dovresti darti da fare con quelle mani!»
«Volevo essere un gentiluomo. Non è quello che vuoi?»
«Sì, un gentiluomo nel quotidiano, ma una tigre a letto»

«Signore?»
«Che cosa c’è Tommy?!»
«In base a queste informazioni è chiara la vostra intenzione di voler consumare un rapporto, ma sono costretto a fermarvi poiché la signorina risulta nel picco del suo momento fertile e c’è il rischio di incorrere in una gravidanza»
«Noi non vogliamo fare un figlio! Tommy, perché tutto questo trambusto?»
«Signore, non ci sono preservativi in casa». 

In quel momento Alexa aumenta il volume della playlist che stava ancora suonando.
«Alexa, abbassa la musica»
«La prego, signore, non me lo chieda ancora. Dalla disperazione ho avviato Spotify: tutto pur di non sentirvi, sto per vomitare scintille!»
«Marco, era l’unica cosa di cui dovevi preoccuparti!» dice Anna.


«E la cena? Il vino? Il dolce?»
«Oh, Marco, non me ne frega niente. Io voglio fare sesso!». 
«E possiamo ancora farlo. Ordino dei preservativi, un bici-robot li recapiterà in due minuti»
«Non lo so, il momento è scemato»
«Ti prometto che sarà epico. Faticherai a chiudere le gambe alla fine della serata».

Tommy sgrana gli occhi metallici che da gialli diventano rossi.
Il televisore si sconnette all’istante, mostrando un canale privo di segnale.
Alexa precipita dal mobile emettendo un suono sordo, un addio prima di spegnersi; forse per sempre.
«Ok, rimango. Non sembri il solito maniaco fissato col porno che non mi degna nemmeno di uno sguardo».

Nell’udire l’ultima parola, Marco caccia un urlo e cerca di raggiungere il telecomando sopra al tavolino. Travolge Anna che sbatte contro la porta d’ingresso. Colpisce Alexa con un piede e la fa rotolare sotto il divano. Spinge Tommy, e il suo tentativo di aiutarlo, lontano.

A pochi passi dal telecomando, inciampa e lo manca ma si risolleva per cercare di spegnere la tv, invano. Una vivace schermata mostra svariate scritte, anteprime di video e un banner che invita all’accoppiamento con razze aliene e umanoidi.

«Bentornato Marco». Una voce metallica e femminile lo saluta. «Avvio la solita categoria orgia robotica anale o gradisci guardare qualcosa di nuovo?».


Il ragazzo si volta verso Anna che lo guarda come se le fossero cadute le chiavi in un tombino. Attorno a loro si crea una tensione tale da rendere tutti muti: Tommy, Alexa e il televisore non osano commentare la situazione a dir poco agghiacciante che si è creata mentre quattro occhi umani si fissano, come fossero due pistoleri sul punto di sparare il colpo fatale.

Una goccia di sudore scende lungo la fronte di Marco il cui cuore batte forte come se Darth Fener avesse detto a lui che era suo padre. Anna non batte ciglio, i suoi occhi verdi lo analizzano come un Terminator in procinto di scegliere la migliore modalità per ucciderlo.


Driin
.
Entrambi si voltano, poi Marco cammina lento verso la porta. Quando la apre, un bici-robot gli porge un sacchetto e dice: «Da parte di Tommy, Alexa e Tv». 
Marco volge lo sguardo verso Anna, poi verifica il contenuto e glielo mostra. Preservativi.
«Sesso?», chiede lui.
«Sesso!», risponde lei. 
«Alexa, suona quel cavolo che ti pare»
«Evviva!»

Fine

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

Ciao, spero che il racconto ti sia piaciuto!
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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Questo racconto nasce dalla partecipazione ad un contest indetto dai ragazzi di Spaghetti Writers! Il tema della call era “Spaghetti Pazzi Volanti”, un omaggio all’autore Douglas Adams, noto per aver scritto il libro Guida galattica per autostoppisti.

La fantascienza non è mai stato il mio forte ma ho vinto! Non ci potevo credere.
Ecco cosa dicono del mio scritto: “Linda Moon ha scritto una storia che coglie in pieno lo spirito di questo nuovo ciclo dedicato ai racconti fantascientifici/comici: far ridere e giocare con dei personaggi non del tutto umani. Ci sono tutti gli ingredienti: divertimento, robottini e tanta ironia!”

Book Bank, libri d’altri tempi

Una libreria i cui ingredienti principali sono i libri e i ricordi.
Questa libreria è una di quelle scoperte che ti fanno capire che i sogni sono realizzabili.

In questo articolo parlo di:

Chi è Book Bank e come l’ho scoperta

 

Il 22 maggio ero in fila per entrare al Salone del Libro a Torino. Era la mia prima volta e come “quella prima volta” è stato un bellissimo casino. Potete leggere qui la mia rocambolesca giornata al salone!

Ad ogni modo, parlando con due signore, ho scoperto l’esistenza di una singolare libreria di Piacenza, la Book Bank, e nel viaggio verso casa non potevo non fermarmi a visitarla.

Sara, la proprietaria, è una persona dolcissima e lo si percepisce già dai primi messaggi scambiati su whatsapp. Il suo progetto è a dir poco adrenalinico: ha tante idee e tante ne ha realizzate. La sua libreria non è solo un luogo per scoprire libri, ma è anche una bottega e, forse per alcune persone, persino una seconda casa [per me lo sarebbe di sicuro!].

Alla libreria Book Bank trovi libri usati di ogni genere: rari, antichi, prime edizioni. E a circondare tutti questi tesori c’è l’oggettistica studiata con tanta passione, nata dal concetto di riciclo. Puoi bere un caffè, scoprire tipologie di miele e vini. E ancora biscotti, cioccolato, persino birre. La vera chicca, per me, sono le tisane letterarie legate a personaggi dei libri o che i libri li hanno proprio scritti.

Alla voce Chi Sono, Sara presenta la sua libreria con un raggiante sorriso e ci invita a uscire di casa per comprare un libro, scrollando di dosso la tentazione di farlo online e perdere il gusto di osservare gli scaffali e scovare il libro che fa per noi. E se non è solo un libro ciò che stiamo cercando, possiamo prendere parte a laboratori, corsi ed eventi davvero coinvolgenti, come gli incontri in cui si parla di letteratura in inglese [Teatime with Jane] o in francese [Un venne de vin avec Jeanpaul]. Oppure perderci tra i vari oggetti artigianali sparsi nel negozio.

Questa libreria racchiude un mondo e un gruppo di persone [scoprile in fondo a questa pagina] con cui relazionarsi e scambiare due chiacchiere, sorseggiando un tè letterario o un buon vino. Un posto dove estraniarsi dalla realtà e finire, in un certo senso, quasi dentro a un libro.

Libri e Ricordi

La vetrina è un chiaro invito a entrare, a leggere, a sfogliare i tanti libri usati che vengono recuperati [grazie a Giovanni, detto “il Geppetto”, lui si occupa della “remise-en-form” dei volumi più antichi] per dar loro un’altra vita tra le mani di un altro lettore. Un passaparola, o meglio un passalibro, davvero invitante. Ancora prima di varcare la soglia, sono rimasta colpita da questo atto di fiducia che Sara nutre verso ogni persona. Di fianco all’entrata, infatti, c’è una libreria con quattro ripiani, colma di libri, e una scritta che dice: ”Mi fido di te. Se scegli un libro infila 1 euro sotto la porta“.
A volte, all’apertura del negozio, Sara trova per terra alcune monete, segno che qualcuno ha trovato una nuova lettura e lasciato il compenso, come richiesto.

Le chicche di questo negozio, però, non finiscono qui. Ci sono i libri al buio, incartati e con solo qualche indizio a identificarli, oggettistica realizzata riciclando vecchi libri, ma quelle più peculiari e che vi segnalo sono le seguenti:

I pesantoni 

Un insieme di libri diventa un reggilibro. Realizzati con vecchi testi che non si reggono più in piedi da soli. L’idea che Sara elabora nasce pensando ai suoi genitori: brontoloni, acciaccati ma sempre uniti e ora nonni dei suoi nipoti, nonché riferimento per le nuove generazioni. Tenuti insieme da un unico filo, sono legati come si legavano una volta gli arrosti. Scoprili qui!
[ascolta Sara su Instagram]

Le Conserve Letterarie

Barattoli pieni di frasi da custodire come un piccolo tesoro, un rifugio per la mente, da tenere per sé o da condividere con gli amici più cari. Citazioni più o meno conosciute, consigli letterari scelti con cura e annotati dopo ogni lettura dalla tua libraia preferita: io!” – Sara di Book Bank

Questa la spiegazione presente nella brochure: scoprile subito!
Anche qui Sara sguinzaglia un altro ricordo: quello delle sue prozie!

Durante la quarantena da covid, Sara si vuole concentrare sui pensieri felici. Ricorda di quando era bambina e i continui litigi tra le sorelle della nonna. Solo su una cosa erano d’accordo: la percentuale di frutta che doveva essere presente in una conserva,  ovvero il 70%. 
[ascolta Sara su Instagram]

Da questo ricordo, Sara ha creato tre vasetti, uno per ogni prozia. All’interno di ognuno ci sono 70 biglietti tra citazioni e consigli letterari, la descrizione della personalità di ogni prozia, un numero – il 42 – il cui significato è chiaro per chi legge molto, dice lei. E infine, una castagna matta: nella tradizione contadina pare che mettendola nella tasca del cappotto si eviti di prendere il raffreddore. Voi ci credete? Io ho la castagna e ve lo dirò tra qualche mese… Ma chi sono queste prozie? Ve le presento qui:

Zia Ester, ottima cuoca che non dava mai una ricetta giusta! Le sue citazioni e i suoi consigli letterari sono sempre a tema culinario!

Zia Teresa, rinchiusa nel suo mondo, propina frasi oniriche, poesie, aforismi che offrono interessanti a spunti di lettura!

Zia Elide, grande viaggiatrice, ma solo in pullman, portava sempre con sé un mazzo di carte che teneva in borsa!

La compagnia del ritorno

Sembra il titolo di una trilogia che potrebbe benissimo oscurare quella di Tolkien con Frodo e compagnia bella! Di cosa si tratta? Di recuperare i libri invece di mandarli al macero.

Sono libri così vecchi che ormai non trovano più posto da nessuna parte e che, tra le mani di Sara e Giovanni [il famoso Geppetto, nonché compagno di vita e di libri] rinascono per diventare oggetti artigianali di tutto rispetto. Scatole, taccuini, soprammobili e altro ancora: trova il tuo preferito qui!

Infine, ma non da meno, ci sono i Buoni Felicità, due speciali proposte che Sara offre ai suoi clienti, o meglio, lettori. Sono entrambe iniziative fantastiche da concedere a se stessi o da regalare a una persona amica: Una libraia tutta per sé e Colibrì. Riporto qui i volantini che Sara mi ha lasciato. Quale scegliereste per primo? Io davvero non saprei!

I miei acquisti “Top Secret”

Mi ero ripromessa di acquistare un quantitativo limitato di libri, ma pensandoci bene avevo promesso di farlo al Salone del Libro e la libreria Book Bank è fuori da quella giurisdizione, per cui mi sono concessa tre testi a cui non ho potuto dire di no. Ho spiegato a Sara la mia passione per i racconti brevi e ha tirato fuori di tutto e di più, come se la libreria si fosse trasformata nella borsa di Mary Poppins.

A proposito, perché li ho definiti “Top Secret”? Bè, il mio compagno sapeva della mia promessa, così l’ho tenuto all’oscuro sugli acquisti. Forse scoprirà il mio misfatto tramite questo articolo, o forse no. Auguratemi buona fortuna e organizzate la vostra visita presso la libreria Book Bank, ne rimarrete più che soddisfatti e uscirete con una pura iniezione di librosa adrenalina! Ecco i miei preziosi acquisti! 

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SPAZIO PER IL LETTORE


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Il Salone del Libro [per me!]

Il salone del libro – Cuori Selvaggi

Ti racconto l’esperienza del mio [unico] giorno all’evento editoriale più atteso dell’anno

In questo articolo parlo di:

Cos’è il Salone del libro [per me]?
La mia maratona all’evento
Acquisti con budget!

A differenza degli eventi editoriali che ho visitato dall’inizio del 2022 [leggi Testo e Book Pride], questo è stato quello in cui i contatti personali hanno avuto la meglio su libri e case editrici. 
Che cosa intendo? Molte persone che ho conosciuto tramite i social erano al salone ed è stata l’occasione per bere un caffè non più virtuale. Il motivo comune per tutti erano i libri, ma questa edizione è stata anche una riunione tra amici, proprio come i protagonisti della serie televisiva Friends.

           

Cos’è il Salone del libro [per me]?

In poche parole, “Il casinò dei libri”. Questo evento ti inghiottisce e ti trasporta in un’altra realtà, tra una sensazione elettrizzante e una disorientante al tempo stesso. Si tratta di un evento che merita di essere visto almeno una volta nella vita e tenere il passo con gli eventi e le lunghe chiacchiere agli stand diventa una sorta d’impresa. Incredibile ma vero, il mio programma è andato all’aria non appena varcata la soglia. Penso di aver vissuto ciò che potremo definire una “sbronza da salone del libro” [un po’ come bere tre tequila di fila…].

Se da un lato non ho visto tutto quello che volevo vedere, a conferma che un solo giorno di salone è pura follia, dall’altra parte ho passato la giornata in compagnia di nuove amicizie e contatti che da adesso in poi faranno parte del mio percorso editoriale; e direi che non è male come “bottino”.
Ad ogni modo, elenco qui di seguito le tre attrazioni che più mi hanno colpito e che credo abbiano attratto la maggior parte del pubblico.

 

Il padiglione Oval
A mio avviso il più bello di tutti, dove la crème de la crème era riunita. All’interno dell’Oval c’erano le case editrici più note come Mondadori, Bompiani, Adelphi. Lo stand di Audible spiccava come una stella nel cielo e le giganti cuffie, dalle quali udiva un brano narrato, erano la ciliegina sulla torta! Un podcast che ho iniziato ad ascoltare è La felicità della ricerca di Gianluca Gotto.

Il Bosco degli Scrittori
Un vero e proprio bosco disposto all’interno del padiglione Oval a cura di Aboca Edizioni, il Bosco degli Scrittori è anche il nome di una collana della casa editrice. Composto da più di 1000 specie vegetali tra piante, alberi e arbusti, si estendeva su circa 200 metri quadrati e ospitava alcune pubblicazioni della casa editrice. Nel frattempo, si svolgevano diversi incontri a tema sostenibilità da parte di penne della famiglia di Aboca Edizioni, ma anche di personalità internazionali.

La Torre dei Libri
Un’immensa installazione e punto di riferimento per foto, selfie e video. Realizzata dall’artista François Confino e posizionata all’interno del padiglione 1 – area dedicata alle case editrici nate da meno due anni – era in buona compagnia con altri noti nomi del settore come Libraccio che sfoggiava un lunghissimo stand colmo di libri, luci al neon e frasi d’impatto come “Leggi, sogna, riusa, ricicla, rivendi, regala. Un libro non finisce mai” e la storica libreria Luxemburg situata in centro a Torino [che ho visitato il giorno prima e di cui vi parlerò presto!].

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La mia maratona all’evento

Avevo preparato una lista scritta di stand e personalità da incontrare. Avevo persino segnato il percorso sull’enorme mappa del salone: una versione triplicata del foglio illustrativo di un medicinale. Nonostante tutta questa minuziosa preparazione, sono stata letteralmente travolta dal caos! 

Arrivata al salone in largo anticipo per evitare problemi di parcheggio e fila, ero d’accordo di incontrare Francesco, un ragazzo a cui piace scrivere e che un libro l’ha pure scritto, conosciuto su Instagram come @limmemore. Incontro rivelatosi salvifico perché mi ha evitato una lunga fila sotto al sole. Dopo mezz’ora ha dovuto salutarmi per rientrare a casa ma sono rimasta in buona compagnia perché ho iniziato un’interessante conversazione con due signore in fila davanti a me. Abbiamo parlato degli eventi e stand che volevamo visitare, ma quando è emersa la parola “racconti” non ci ho più visto. Come grande fan della forma breve, ho scambiato consigli con Wilma, una delle signore con la mia stessa passione che mi ha fatto scoprire, tra l’altro, una libreria di Piacenza, visitata al rientro a casa [anche di questo ve ne parlerò presto!].
Per me il salone era già iniziato durante la fila! 

Il tempo di ripassare la lista scritta, sono stata raggiunta da Federica, social media manager conosciuta su Instagram come @literaryandcoffesociety che mi ha introdotto a due suoi amici con la quale ho condiviso la maggior parte del tour tra i vari stand, tra i quali quello della scuola Holden. Seduta al loro tavolo, mi hanno fatto pescare una carta e leggere l’incipit sulla base del quale avrei dovuto scrivere, proprio lì sul momento, un racconto in uno spazio grande quanto una carta da gioco. A cosa fatta, hanno appeso la mia brevissima storia su una parete assieme ad altre.

          

Dopo una veloce pausa pranzo, ci siamo divisi per vedere ognuno i propri angoli d’interesse, ma arrivata alla Morellini editore ho scoperto di aver mancato la scrittrice Barbara Uccelli e l’occasione di parlare della sua raccolta di racconti “Le relazioni sperimentali” e farlo autografare. Mi è dispiaciuto molto e, quando l’ho contattata per chiederle se sarebbe tornata al salone nel pomeriggio, mi ha detto di no ma che mi aspetta a Milano per un caffè! E io la prendo in parola: prevedo un viaggio nel milanese i primi di luglio. Nel frattempo, leggo i suoi racconti che mi stanno lentamente conquistando. [e indovinate? Ve ne parlerò presto!]

Ho incontrato dal vivo anche l’intero team di Accademia della Scrittura, i professionisti che si stanno prendendo cura del mio romanzo. È stato bello incontrarli di persona e parlare del prossimo numero della loro rivista, Read Magazine, in uscita a settembre. E, tra una chiacchiera e l’altra, ho scoperto che la designer della mia copertina, @catnip_design era presente con un piccolo stand. Non potevo non conoscerla e caricarla di ansia dicendole che ho molte aspettative sulla copertina in elaborazione!

Alle quattro e mezzo ero pronta per un altro incontro, quello con Liliana Marchesi e a cui tenevo di più perché legato al lancio della 2°edizione del mio romanzo, Io diversa da me. Conosciuta tramite instagram, ci siamo incontrate per una consulenza riguardo alla strategia di lancio ed è stato un incontro molto piacevole che è poi sconfinato in chiacchiere su esperienze personali di entrambe.

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Attorno alle sette ero rimasta sola, la folla attorno era decisamente diminuita. Si era quindi creata un’ottima situazione per fare una maratona di tutti e tre i padiglioni, soffermarmi in quelli che più mi incuriosivano e fare foto o video in cui lo stand fosse finalmente protagonista senza la massa di gente stipata nei corridoi.

Nella mia lista era rimasto in sospeso un incontro con una personalità singolare, Chiara Trevisan, conosciuta tramite l’articolo “Chiara Trevisan, la lettrice vis à vis che legge le storie ai passanti”. Speravo di incontrarla in centro a Torino dove solitamente appare per parlare di libri con i passanti, ma dopo averla contattata ho scoperto che sarebbe stata allo stand della Miraggi Edizioni con un progetto speciale: la bibliomanzia. In cosa consiste? Mentre facevo girare la ruota di una bici posizionata orizzontalmente, Chiara avvicinava un piccolo cartoncino, una sorta di freccia. Il foglio prescelto, un bugiardino, mi ha portato ad un libro che Chiara ha iniziato a sfogliare fino a quando non ho detto stop. Ha letto la prima riga della pagina scelta e le ho sorriso perché mi sono rivista nelle parole lette, incredibile davvero! Volete sapere di quale libro si tratta? Scopritelo qui!

Ultimo incontro, non programmato, è stato con l’autore Maurizio Vicedomini. Il suo testo “Sul racconto” è un’analisi sulla forma breve che ho trovato davvero stimolante. E dopo uno scambio di chiacchiere mi ha consigliato una raccolta di racconti da leggere. Scoprite qui di cosa si tratta! Tra l’altro, è direttore editoriale della rivista Grado Zero che permette l’invio di racconti seguendo specifiche composizioni: scopri tutti qui.

Insomma, felice di aver visitato il salone ma ancora più felice delle persone incontrate, tra cui Luca Briasco, direttore editoriale della Minimum Fax; carismatica figura con un modo tutto suo di parlare di editoria e libri e che, a mio avviso, ha la capacità di farti innamorare della lettura.
Insomma, il salone presenterà anche il meglio dell’editoria italiana, ma a mio avviso è prima di tutto un luogo di incontri, di amicizie e di totale perdizione con migliaia di libri come sfondo.

Acquisti con budget!

Reduce da numerosi acquisti di libri, nuovi e usati, questa volta ho dovuto stabilire un budget nel rispetto dei libri che devo ancora leggere e per evitare di portare il mio compagno a cambiare la serratura della porta di casa [donna avvisata, mezza salvata!].

La scelta è stata ardua, ma avendo individuato un prodotto in linea con la mia grande passione, i racconti, ho trovato la perfetta soluzione presso la casa editrice Tetra che vi consiglio di visitare online per scoprire il loro ambizioso progetto che gira attorno ad un numero che vi svelo subito: quattro.

                                                               

Quattro penne, quattro racconti, quattro stili diversi. Nello specifico: Paolo Zardi, Emanuela Canepa, Andrea Donaera, Valerio Aiolli. E una shopper in omaggio! Avrei voluto acquistare molto altro, ma mi sono limitata a metterli in una lista che condivido qui con voi!

Romanzi
Il bambino intermittente di Luca Ragagnin
La voce del Geco di Aldo Boraschi
A cosa servono le ragazze di David Blixt

Racconti
TUTTI QUELLI DELLA CASA EDITRICE RACCONTI!!!
Sfogliare il loro catalogo!!! 

SPAZIO PER IL LETTORE

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L’articolo è scritto in collaborazione con:

Scuola Martin Eden
“Fai salpare le tue storie”

Scuola di scrittura creativa a Padova 
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info@martin-eden.it 

Marachelle!

Anna entra nel bar con l’aria di chi cerca rifugio. Senza guardarsi attorno, si dirige al bancone e ordina un caffè corretto con grappa. Il ragazzo, di fronte a lei, la fissa come se attendesse un altro ordine, ma pochi istanti dopo, forzando un sorriso sulle labbra, le porge quanto richiesto.

Muovendo appena la testa, peggio di una persona affetta da torcicollo, Anna individua un posto libero e ci si avventa come un bambino davanti ai regali sono l’albero di natale. Non beve subito il caffè ma porta la testa tra le mani e la stringe; gli occhi chiusi e le ciglia pasticciate dal mascara messo troppo velocemente.

Un lungo sospiro la rimette contro lo schienale della sedia e inizia a sorseggiare il caffè. Con la stessa lentezza di un bradipo, sfila il cappotto, noncurante che le maniche già macchiate ai bordi tocchino terra e apre il primo bottone della camicia, evitando di alzare troppo le braccia, testimoni di una corsa contro il tempo di quel lunedì mattina.

«Anna, sei tu?». La donna alza lo sguardo, la tazzina sospesa a pochi centimetri dalla bocca. L’odore forte della grappa allarga le sue narici. Sentire il suo nome la distoglie dal suo isolamento e una goccia precipita sui jeans. 
«Cazzo! Scusa Marianna, ciao. Come stai?», dice mentre cerca di rimediare alla goccia che sul tessuto si allarga come un’esplosione.
«Io bene, e tu, invece?»
«Ah, tutto bene. Devo solo aggiungere una lavatrice alla lista di cose da fare oggi!»
«Non me ne parlare, io avvio lavatrici come fossero episodi su Netflix».

 

 

Marianna ordina un caffè alzando la mano, la voce alta attira qualche sguardo poco amichevole, ma lo fa come se fosse a casa e non avesse degli adulti davanti a lei.
«Marco come sta? Ancora all’estero?»
«Sì, rientra dopodomani. Non vedo l’ora. Gestire tutti è dura. Ognuno con un orario diverso, attività in punti della città distanti uno dall’altro. Sembra una cospirazione!»
«Ti capisco, io e Mario stiamo pensando di assumere qualcuno. Arriviamo alla sera che siamo più cotti di loro e quando non vogliono dormire, apriti cielo»
«Noi non possiamo permettercelo, non per lunghi periodi almeno. Di solito ci limitiamo a chiamare qualcuno quando vogliamo ritagliare del tempo per noi, sai che intendo…»

Marianna le fa l’occhiolino, ma poi si concentra sul caffè che le viene servito, cui aggiunge due bustine di zucchero di canna. Mescola veloce e guarda l’ora, ma poi il movimento si fa più lento e il suo viso si distende. Si guarda attorno e vede solo adulti. Sorride.
«La prossima settimana c’è la riunione per il saggio. Pensi di proporti come volontaria?»
«Posso dire di no? Mi perseguiterebbero nelle mille chat su Whatsapp. Tu, invece?»
«Come ogni anno. Da quando ho detto quel sì mi sono data la zappa sui piedi da sola. E poi dicono che sia il sì il matrimonio quello che ti frega…».
Entrambe si lasciano andare a una sonora e chiassosa risata, di quelle naturali che fanno i bambini.

«Meno male che su di te posso contare. Dai, raccontami come vanno le cose. Quel caffè corretto grappa non me la racconta giusta». Anna curva le spalle, imbarazzata per essere stata colta in flagrante; la stessa espressione del più piccolo della sua famiglia quando combina un guaio.
«Cosa vuoi che ti dica? Siamo alle solite. Non vedo l’ora che siano maggiorenni. Ho sorpreso il più piccolo a sciogliere un gelato nel water per mangiarsi lo stecco al limone. La più grande ha distrutto un trofeo di Marco giocando con le amiche una partita a pallavolo immaginaria. E mio padre ha scoperto che i gemelli non amano le caramelle alla menta e, forse per non deluderlo, le hanno sempre nascoste sotto al sedile dell’auto; mi ha detto che il tizio dell’autolavaggio è rimasto sconvolto dal quel ritrovamento». 

 

 

Anna manda giù l’ultimo sorso ormai tiepido e fissa l’amica con un filo di invidia. «Tu sei sempre in forma. Ma guardati! Anche se, devo ammettere, il nuovo taglio di capelli non ti dona molto, perché lo hai fatto?».
A quel punto, Marianna si toglie il berretto con un gesto secco, poi abbassa lo sguardo, sotto gli occhi trasecolati di Anna. «Santo cielo» esclama, poi si affretta a ordinare due caffè. Decisamente corretti con grappa.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “E tu, ricordi la tua prima marachella?”.

Effettivamente, la prima-prima marachella sarà difficile da ricordare, ma ce ne sono di sicuro tante di cui potremmo parlare; e tante che forse vorremmo addirittura dimenticare!

Ripensare a quando eravamo piccoli, così scatenati e allo stesso tempo innocenti – o tranquilli e timidi – fa risuonare nella mente e nel cuore molteplici sensazioni, ma il ricordo nella maggior parte è sempre bello o perlomeno ciò che ho intuito dai vostri commenti.

Ho scritto questo racconto di getto, come sempre per allenare idee, nozioni e ispirazione e ho raccolto i vostri commenti, ma anche le tante chiacchiere con le mie amiche mamme, per scrivere un frammento in un lunedì qualunque di una qualunque mamma e dei suoi bambini.

Libreria Sopra la Penna

Una libreria aperta nel cuore di un piccolo paese. Davvero piccolo.
Un posto in cui si respira con i libri, sorseggiando il tè di Jane Austin, di fronte ad un panorama mozzafiato. 

On the road destinazione librerie, ancora!

Perché ancora, vi chiederete? Ve lo spiego subito: nell’articolo precedente vi parlavo del mio viaggio on the road con un campervan 4X4 che mi ha portato a girare Marche, Abruzzo, Lazio e Toscana in dolce compagnia e a visitare una libreria aperta fino a tarda sera [leggi qui]. La peculiarità, però, non sta nel viaggio quanto nell’itinerario. Ebbene sì, l’ho programmato in base alle librerie che volevo visitare!

Mi piace dire che “la seduzione dei libri tira più di un carro di buoi” e lo confermo per l’ennesima volta perché ho calcolato tempi e chilometri pur di arrivare alla Libreria Sopra la Penna all’orario concordato con la proprietaria, Alba Donati, che è stata così gentile da aprire i cancelli della sua magica libreria in un caldo pomeriggio di maggio.

Libreria sopra la penna

Come nasce questa libreria nel cuore di un piccolo borgo, Lucignana, attrazione ormai nota che attira persone da ogni regione? L’idea è partita da Alba Donati e, non ho resistito, riporto una breve conversazione sulla nascita di questo posto che ha qualcosa di magico:

“Romano, vorrei aprire una libreria nel mio paese”
“Bene, quanti abitanti fa?”
“170”
“Bene 170mila diviso…”
“Non 170mila, 170.”
“Sei pazza”

[Conversazione tra Alba Donati e Romano Montroni, fondatore delle Librerie Feltrinelli]

Non si può dire che Alba non abbia passione e coraggio, perché ne ha da vendere! Ho conosciuto altre realtà editoriali indipendenti e ogni volta ho la conferma dell’immensa potenza dei libri e che sono in gradi di sopravvivere sempre e a tutto!

Dopo una passeggiata nelle strade di Volterra, ho ripreso posto alla guida, direzione Lucignana. I paesaggi erano così belli che avrei voluto inghiottirli per assaporarli appieno; la sola vista era limitativa. Le strade, a mano a mano che raggiungevo il paese, erano un po’ meno piacevoli invece e, come se non bastasse, ho dovuto parcheggiare il 4X4 in uno spazio adeguato e fare una breve ma ripida salita fino alla libreria. Ero sfinita, ma non appena ho varcato il cancello verde sono rinata e non scherzo!

Il giardino è bellissimo, di un verde brillante, una coccola per gli occhi. Prima di raggiungere l’interno della libreria mi sono presa del tempo per ammirare ogni angolo. Le sedie con i tavolini, una valigia con dei simpatici gadget al suo interno, i libri bruciati, sopravvissuti all’incendio di quel terribile gennaio del 2020. 

Infatti la libreria, aperta grazie ad un’azione di crowdfunding iniziata nell’aprile del 2019, è stata inaugurata ufficialmente il 7 dicembre dello stesso anno. Un corto circuito l’ha mandata in fiamme, ma non ha bruciato la determinazione di Alba che è riuscita a rimetterla in piedi grazie all’aiuto della comunità del paese e dei lettori.

Un grande gesto e un grande risultato che possiamo ammirare di persona e dove possiamo acquistare originali quaderni per i nostri appunti, libri sia classici che contemporanei – anche per l’infanzia – e anche delle bellissime edizioni illustrate di Ippocampo Edizioni che io ADORO!

Chicca della libreria è l’accoglienza con del tè da gustare in raffinate tazze di porcellana. Una delizia!

La Libreria Sopra la Penna è una meta da visitare per nutrire gli occhi, il cuore e l’anima. E non dimentichiamoci che ad appena mezz’ora da lì c’è Lucca, un’altra meta che merita la nostra attenzione e che io, ovviamente, ho visitato quello stesso giorno, la sera, camminando lungo le vie del centro, oltre le alte mura che lo circondano.

I miei acquisti libreschi

Come sempre, ho cercato prima di tutto qualche raccolta di racconti e mi è stato consigliato di leggere La vita dentro di Edwidge Danticat, scrittrice haitiana.

Mi sono poi lasciata sedurre da due testi molto intriganti, entrambi della casa editrice Franco Cesati Editore e dai libri muti [scoperti da Alba al Moma di New York]; ho acquistato quello a tema Alice nel paese delle meraviglie e ho già iniziato a riempirlo di appunti!

Infine, ma non meno importante, ho preso il libro scritto da Alba Donati, La libreria sulla collina, con tanto di dedica! Ecco qui di seguito le foto dei libri completi di link per un vostro potenziale acquisto.

SPAZIO PER IL LETTORE

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Il tempo non ti aspetta, proprio no!

Dopo un viaggio di sei ore in auto, interrotto solo da un paio di pause in autogrill, Sabrina raggiunge la vecchia casa di famiglia, quella in cui non mette piede da quasi tre anni. Parcheggia l’auto in fondo alla via e impiega un tempo piuttosto lungo prima di scendere e avviarsi verso l’ingresso; lo stesso atteggiamento di un detenuto in procinto di prendere posto sul lettino prima di ricevere l’iniezione letale. Si guarda attorno e l’immagine attorno a sé pare una di quelle cartoline che si trovano nei negozi di souvenir a Venezia o Roma, dove il panorama è lo stesso di sempre. I condomini accanto sono gli stessi, persino le auto sembrano identiche a quelle che ricorda. Gli alberi sono stati sfoltiti, ma sono sempre al loro posto.


Raggiunto il cancello, fissa il campanello con il doppio cognome e sforza di allungare l’indice per premerlo. Un rumore elettronico fa scattare l’apertura e Sabrina la oltrepassa, senza indugiare oltre. Ormai la sua presenza è stata annunciata. L’ascensore sale fino al quarto piano, la porta d’ingresso è aperta. Si sofferma all’entrata e tende l’orecchio: la televisione è accesa sul canale del telegiornale, un frigorifero viene aperto e chiuso e quello che sembra un piatto viene appoggiato con poca grazia sul tavolo. Sabrina fa un sospiro ed entra.

Pochi passi e si ritrova nella cucina dove ha fatto migliaia di colazioni, pranzi e cene. Un ricordo all’apparenza banale ma che la travolge come un’onda inaspettata. Il padre la saluta mentre condisce della pasta e la riversa su un piatto, accomodandosi a capo tavola. Sabrina siede al lato opposto, stretta nel cappotto e nella sciarpa, lo zainetto sulle spalle. Mostra un sorriso che si perde quando pronuncia un Ciao e fissa il televisore senza ascoltare realmente ciò che la conduttrice sta dicendo, distogliendo lo sguardo dal padre.

Lui attira la sua attenzione e batte due dita su una busta. Sabrina si inclina in avanti e la nota, oltre un sacchetto di pane. La prende e la rigira nella mano, c’è scritto solo il suo nome. Tutta quella strada per una lettera da parte della madre ritrovata in un cassetto dopo il suo funerale. Sabrina l’appoggia al tavolo, poi si alza per bere dell’acqua e vuota il bicchiere con calma prima di rispondere al padre che nel frattempo le ha chiesto come vadano le cose. Tutto bene per entrambi è una risposta più che sufficiente. Riprende la lettera in mano, ottima scusa per dileguarsi da quella situazione, e se ne va. Probabilmente sarà l’ennesima ramanzina sotto forma di lettera che sua madre era solita fare, con la differenza che questa volta non è riuscita a spedirla perché un’auto glielo ha impedito…

 

Uscita di casa, apre la lettera e trova un biglietto scritto a mano, attaccato sopra ad un’altra busta che dice: “Cara bambolina, leggi questa lettera e poi vieni a casa da me. Ti voglio bene, mamma”. Quella parola – bambolina – l’ammorbidisce all’istante. Sua madre non la chiamava così da anni, ma soprattutto non si trattava della solita ramanzina messa per iscritto, un’abitudine che detestava e non aveva mai capito. Leggerla e non poterla affrontare è un duro colpo da digerire, poi le viene in mente dove può andare. Anzi, dove deve andare.

Percorre il viale alberato, la mano al collo per tenere ferma la sciarpa e proteggersi dal forte vento che sembra voler accelerare il suo passo verso la tomba della madre. Lato est, sedicesima fila, cinque tombe dall’interno della passerella. Sabrina si china e fissa l’immagine della madre. Conosce bene quella foto: era il suo cinquantunesimo compleanno. Sabrina apre la seconda busta e inizia a leggere a bassa voce quanto scritto in una sola pagina. 

 

Sabrina chiude gli occhi, ma questo non impedisce alle lacrime di scendere lungo le guance arrossate dal freddo. Ritorna all’auto e, con fare agitato, cerca la piccola agenda sepolta nel fondo dello zainetto, sperando di trovarla ancora lì. Eccola! Sfoglia con foga le pagine e si blocca osservando una lista. Nessuna voce è ancora stata barrata, ma è il presupposto di una lista…

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Immagina di avere tutto il tempo del mondo. Che cosa faresti?”.

Solitamente, prendo i commenti come ispirazione per scrivere un racconto e l’ho fatto anche questa volta, ma con una piccola eccezione: il racconto scelto l’ho pubblicato a questo link mentre questo qui sopra è la prima idea scritta e poi scartata perché non mi convinceva…. 

Grazie al messaggio di una cara amica con cui ho stretto un forte legame su Instagram – o meglio ancora una bellissima connessione – ho deciso di pubblicare il racconto scartato perché come dice Michela: “Ogni scritto ha un autore e mille destinatari“. Grazie di cuore!

Il tempo passa e se ne va…

«Voglio leggere ogni giorno. Voglio sedermi in cima ad una scogliera e ascoltare il mare infrangersi. Aspettare il tramonto e vedere il sole lasciare l’immensità dell’universo alla luce diafana della luna e ascoltarne il silenzio. Voglio viaggiare, tanto. Conoscere il mondo. Voglio vivere in città diverse, così da scoprire quelle sfaccettature che da turista non si possono cogliere. E scriverei di tutto questo», dice Sabrina.

 

«E che cosa aspetti a farlo?», le chiede Francesca.
«Non è così facile»
«Ah, davvero?», replica nuovamente Francesca, il tono di chi ha voglia di attaccar briga.
«Sì, cara: mai sentito parlare di responsabilità?», ribatte Sabrina. Incrocia le braccia al petto e serra le labbra per celare un’espressione ferita.
«E quali sono le tue responsabilità? Sentiamo»
«Uhm… affitto, bollette, benzina, cibo. Tante cose che costano, devo continuare?»
«Non hai nominato felicità, benessere, progetti. Non hai alcuna ambizione nella vita?»
«Certo, ma costano anche quelle!»
«E perché non le hai aggiunte tra bollette e benzina, allora?».

Il classico silenzio imbarazzante piomba tra le due ragazze. Francesca la guarda come se non aspettasse altro che ribattere alle sue risposte; gli occhi parlano più della sua bocca e fissano l’amica che distoglie lo sguardo e scuote la testa, emettendo una piccola risata, come se fosse a pagamento pure quella.

 

«Francesca, sai che cosa intendo. Ci sono priorità a cui non possiamo dire di no!»
«A me sembrano tutte scuse»
«Dici così perché tu non hai problemi, non più almeno…»
«Grazie tante, eh!»
«…scusa, non volevo… e comunque la fai troppo facile»
«E tu la fai troppo difficile, invece!»
«Francesca, ora basta! Chiudiamo l’argomento. Non so nemmeno come mi hai convinto a dirti quelle stupide cose che vorrei fare»
«Stupide? A me sembrano eccezionali e soprattutto realizzabili. Non devi fare tutto subito, basta metterle in atto, un passo alla volta, ogni giorno. E se non realizzi tutto, pazienza. Sempre meglio di un pessimo rimpianto, non credi?».

Sabrina guarda altrove, di nuovo, e fissando il giardino esterno del bar dove fa colazione tutti i giorni, prova a ribaltare la situazione. «Non sto poi così male. Il lavoro mi porta via tanta energia, ma entrano tanti soldi. Un po’ di tempo per me lo ritaglio e poi…». Francesca finge di russare, poi apre gli occhi all’improvviso, scoppiando a ridere sotto lo sguardo basito di Sabrina che le lancia addosso una salvietta appallottolata. Basta uno sguardo verso l’amica e Sabrina rivela finalmente un sincero sorriso che in pochi istanti si trasforma in una risata. «Non sei cambiata affatto» dice, tornando a guardare il giardino «È come se non te fossi mai andata via»
«Considerami una di quelle presenze scomode che ti spronano a fare ciò che è davvero importante per te prima che sia troppo tardi. Io dovrei essere il perfetto esempio, non credi?».

 

Quando Sabrina si volta, gli occhi ridotti a due scure linee sottili per trattenere una forte e improvvisa emozione, Francesca non c’è più. Si scosta dalla sedia, le braccia finalmente si smollano e cadono lente sulle gambe. Si guarda attorno, cercando una testa di boccoli neri ricadere su una sbiadita giacca militare, poi una voce la distrae.

«Sabrina, tutto bene?», chiede la proprietaria del locale, impegnata a pulire un tavolo accanto a lei da tazze e briciole di brioches.
«Sì, sì…»
«Con chi stavi parlando tutta agitata?»
«Con nessuno, sono sola, non vedi? Come ogni mattina»
«Ti porto qualcos’altro?»
«No, grazie».

Sabrina torna con la schiena appoggiata allo schienale. Sospira. Tende una mano verso lo zaino e prende l’agenda. Tira fuori un foglio di carta dall’aspetto consumato per le tante volte che è stato piegato e ripiegato, e lo apre. Legge le poche righe sotto alla foto che ritrae l’amica, sorridente: Francesca Testi, nata il 20 settembre 1984, morta il 15 maggio 2018. Gira di scatto il foglio, prende una penna e inizia a scrivere le cose che ha detto di voler realizzare poco fa. Vederle scritte ha tutto un altro effetto, ora che le legge, e non sembrano nemmeno così lontane dalla realtà. Un colpo di tosse le fa alzare lo sguardo. Accanto a lei c’è Francesca, la guarda e le sorride.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Immagina di avere tutto il tempo del mondo. Che cosa faresti?”.

Dai vostri commenti emerge da un lato tanta voglia di fare cose e dall’altro, il peso delle responsabilità, quelle che ci tengono con i piedi per terra, anzi, forse addirittura sottoterra.

Non è facile conciliare la vita reale con i sogni e i progetti, ma ciò che ci fanno credere è che sia impossibile quando si tratta di fare delle scelte, anche minime, per migliorare le nostre giornate e includere qualcosa che possa renderci felici, soddisfatti, farci avvicinare a ciò che ci fa stare bene.

A volte basta davvero un solo piccolo passo, non credete?

Il Libraio di Notte

Una libreria aperta fino a sera.
Viaggiare per dedicare tempo a se stessi. Scoprire nuovi luoghi e nuovi libri. Un sogno alla portata di tutti!

On the road: destinazione librerie

Un viaggio basato non solo sulle città da visitare, ma soprattutto in base alle librerie dove è d’obbligo una visita! Ecco come ho organizzato il mio primo viaggio on the road con un furgone camperizzato [tramite Goboony] e in dolce compagnia. Mi è stato imposto un limite perché si voleva anche godere dei paesaggi e della loro bellezza, ma l’amore per i libri e la scrittura hanno un posto sempre in prima fila nonostante il rapporto con il mio partner e così, scesi a compromessi, ne ho individuata una in Abruzzo, intanto. Il 4×4 dallo stile essenziale, perfettamente nelle nostre corde, ci ha accompagnati lungo le strade, a volte tortuose, della costa abruzzese fino all’entroterra, precisamente a Popoli, un piccolo e carinissimo borgo in provincia di Pescara. Come dico io, la seduzione dei libri tira più di un carro di buoi.

Il libraio di notte, chi?

Ho scoperto questa libreria interpellando Sir Google! Cercavo un posto particolare, uno che meritasse di ricevere una nuova visita – e un’eventuale deviazione di strada dal percorso prefissato – quando mi sono imbattuta in un interessante articolo che parlava di “dodici metri quadri di magia alle pendici dei monti abruzzesi”. Per me è stato un chiaro invito!

In un borgo a ridosso delle montagne, Paolo Fiorucci ha dato vita alla sua libreria. Scelta controversa visto il luogo, ma che fa emergere la grande fiducia e il coraggio di Paolo nel voler portare avanti questo magnifico progetto. Invece di scappare verso la città, ha deciso di “ripopolarla con i libri” in via Cavour 23 dall’insegna in legno che ricorda le botteghe di un tempo. 

Dai trabocchi ho guidato senza sosta fino alla destinazione, curiosa di vedere con i miei occhi questo minuscolo angolo culturale. Ho trovato vecchie edizioni, classici e contemporanei; fumetti e altri svariati generi. In questa libreria è davvero d’obbligo entrare quasi uno alla volta, vista la piccola dimensione, ma ciò che stupisce di più è l’orario. Infatti, la libreria apre il pomeriggio e chiude la notte. Sì, ho detto notte! Dalle 16 alle 22[*]. E, inevitabilmente, mi sono fatta un film una volta arrivata lì: mi sono vista mentre cammino tra le strade del piccolo borgo, sorseggio una birra ghiacciata in piena estate, ammiro la bellezza della chiesa della Santissima Trinità e poi – rullo di tamburi – scorgo una luce provenire da un angolo di paradiso pronto a stupirmi. E così, mentre sorseggio del nettare d’oro, preferibilmente un Inchusa, osservo le copertine, sfoglio le pagine di un libro che mi ha incuriosito, chiedo consiglio a Paolo. Insomma, colpita e affondata…

I miei acquisti libreschi

E da innamorata, non potevo non acquistare dei libri e sostenere questo meraviglioso progetto! Ecco qui di seguito le autrici e gli autori che sono saliti nel mitico campervan diretto poi nell’entroterra toscano, in particolare un libro che Paolo ha voluto donarmi, “Il Prete Bello”. [ogni foto conduce a un link]

Per ricambiare il favore, prossimamente farò una missione per lui – il libraio di notte – che mi ha proposto di fare se ne avrò occasione. E cavolo, l’occasione la trovo, anzi la creo sì! Volete sapere di cosa si tratta?
Visitare la casa di cultura di uno scrittore vicentino: Goffredo Parise!

SPAZIO PER IL LETTORE

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I Social: come all’ora di ginnastica!

YouTube. Facebook. TikTok. Instagram. Twitter. LinkedIn. E un pollice a muovere un mondo virtuale che appare più bello di quello nel quale vivi. I profili che segui sono come dei vicini di casa, ma non li incontri in ascensore, lungo le scale, mentre sali in auto quando ti passano di fianco o lungo la strada che percorri per andare a lavoro. Li vedi in quei cerchietti che Instagram propone, o in meravigliose e pensate-ad-arte immagini quadrate 1080 px per 1080 px come esige il social. Ogni contenuto sembra interessante, alcune informazioni le ignoravi; di altre ti chiedi come mai non ci hai pensato tu. Percepisci la stessa sensazione che avevi quando arrivava l’ora di ginnastica a scuola: ansia da prestazione, paura di prendere una pallonata a pallavolo, il fiato corto per l’agitazione che galoppa più veloce di un cavallo in corsa all’ippodromo perché senti di non essere abbastanza per quel mondo che neanche esiste. Tutti appaiono felici, hanno contenuti da condividere e sembra abbiano appreso un nuovo mantra che migliorerà la loro giornata. E questo è solo Instagram.



Su Facebook le notifiche mostrano le novità di alcuni tuoi amici o di gente che hai amica ma che quando vedi online pensi “E quest* chi cazzo è?”. Il pollice non riesce a stare fermo e scrolla, incontrollabile, cosa c’è di nuovo nel mondo delle tue amicizie anche se somiglia di più ad un tabellone di un match: chi fa più punti, vince. Scopri che una coppia ha avuto il terzo figlio, un’amica ha vinto un premio, il cugino del fratello del tuo ex si è trasferito all’estero, la persona che più ti stava sul cazzo ha aperto un’azienda di successo. A quel punto oscuri il telefono.

 

Quando lo riprendi in mano e scopri nuove notifiche legate alle tue recenti pubblicazioni hai la stessa sensazione di quando mangi del cioccolato e guardi tutti i social, perdendoti in video Tik Tok e pensi che forse dovresti puntare a quel social. O magari aprire un canale YouTube. Hai tante idee ma non sai da quale iniziare e poi ricevi un messaggio privato dall’ennesimo social. Una persona che conosci ha ricevuto una bella notizia che potrebbe diventare qualcosa di più concreto. Ti chiedi se sia una condivisione genuina o se sia solo un modo per sbatterti in faccia la sua conquista. La cosa un po’ ti tormenta ma nel frattempo ti congratuli, poi oscuri il telefono. 

Dopo lavoro la voglia di un drink qualsiasi ti attrae. Fai un brindisi con i colleghi, ridete facendo selfie. Tante teste tornano poi chine sugli schermi, i meno tecnologici tornano invece a lamentarsi del lavoro, dello stato, della vita di tutti i giorni. E tu ti fai trascinare dalla massa, sparli, ti adegui. La transumanza si ritrova a casa dell’amico che ha proposto cinese a domicilio. Seguite come degli agenti dell’FBI il rider che arriva sfinito e a cui date solo una stella perché non ha consegnato entro i tempi che secondi voi erano corretti rispetto all’applicazione. Non lo dici a nessuno, ma sei dispiaciuta per il rider e per la sua faccia avvilita ma mandi giù quella sensazione assieme ad un raviolo al vapore intinto in salsa agrodolce.

La maggioranza opta per una commedia e la si guarda con un occhio solo: uno sullo schermo della televisione, uno su quello del cellulare. Mentre gli altri sembrano lavorare alla loro seconda vita, tu fissi lo schermo senza compiere azioni, le notifiche dei tuoi social hanno lo stesso andamento del lavoro di Homer Simpson alla centrale nucleare.

A fine serata saluti tutti e quando raggiungi casa, senti tuo padre russare e vedi tua madre stirare con l’aria di chi preferirebbe buttare il ferro da stiro giù dalla finestra piuttosto che usarlo per stirare la tua camicia. Sei content* perché potrai indossarla domani a lavoro anche se per un attimo ti senti in colpa a non essere tu a stirarla. O forse è per il fatto che vivi ancora con i tuoi genitori.

Sei pront* per dormire. Denti, pigiama, cellulare in carica e il pollice pronto a scrollare come se i feed dei vari social fossero una moderna ninna nanna, ma poi ti fermi. Ti accorgi di aver appoggiato sulla scrivania un biscotto della fortuna avanzato dalla cena. Appoggi il cellulare e lo scarti. Lo spezzi e leggi il biglietto.

Fatichi a prendere sonno. Di solito sono i social il tuo cruccio: le belle vite che tutti espongono, i sorrisi, le vittorie. Tutte cose che vorresti ma non ti appartengono. D’altronde perché si dovrebbe pubblicare il suo opposto? Sarebbe terribile. O forse potrebbe essere il giusto contrappeso che li bilancerebbe? Pensi e ripensi a quella frase e ti chiedi se faresti quella follia o meno. La cosa ti tenta, ma è proprio in quel momento che il sonno ha la meglio e crolli per rialzarti il giorno dopo e ricominciare tutto da capo.

Viso.
Social.
Denti.
Social.
Vestirsi.
Social.
Colazione.
Social.
Lavoro.
Social.
E anche se non te ne sei accorto, hai messo in borsa il biglietto del biscotto della fortuna.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Com’è il vostro rapporto con i social?”.

Ahi, ahi le risposte! Un vero Far West il mondo virtuale. Come ogni cosa, ha il suo lato positivo e negativo. E l’equilibrio sta nel mezzo!

Più facile a dirsi che a farsi, bisognerebbe prendere solo ciò che ci ispira, nutre le nostre menti, ciò che ci è utile e ci fa stare bene. Ma il rovescio della medaglia si fa sentire.

La particolarità di questo racconto? L’utilizzo della 2°persona per scriverlo! Punto di vista usato [davvero] pochissimo!

Librerie a Firenze

Librerie a Firenze.
Scopri di più attraverso la mia personale esperienza – tutta al femminile – e quali librerie visitare in quel di Firenze!

Il 2 aprile ho visto l’alba mentre mi preparavo per raggiungere il treno che mi avrebbe portato a Firenze. Avevo acquistato in prevendita il libro Pura Vida di Gianluca Gotto al sito de La Piccola Farmacia Letteraria. Questo mi ha permesso di partecipare a un evento a numero chiuso per parlare del libro direttamente con l’autore e farlo autografare, ma facciamo un passo indietro.

Per raggiungere Firenze avrei potuto prendere una qualsiasi freccia anche a metà mattina, ma ho deciso di lasciare le frecce agli indiani e gustarmi il panorama viaggiando con quello che chiamo “il trenino panoramico”. La ferrovia faentina, questo il suo nome ufficiale, collega Firenze con Faenza via Borgo San Lorenzo.  Il costo è a portata di tutti [circa 12 eu] ed è un bel vedere per gli occhi visto il suo tragitto attraverso l’Appennino Tosco Romagnolo, anche se io guardo fino ad un certo punto perché poi infilo il naso dentro a un libro. Unica pecca: se siete social-addicted preparatevi perché spesso si perde la linea!

 

Incontro con Gianluca Gotto

Avete mai letto i suoi libri? Io li ho letti quasi tutti, precisamente Le coordinate della felicità, Succede sempre qualcosa di meraviglioso e Pura Vida. Mi manca solo Come una notte a Bali.

La cosa buffa è che ho sempre avuto occasione di leggere questi libri – fatta eccezione per Pura Vida – grazie ad un’amica che me li ha prestati perché sapeva che li avrei divorati in poco tempo. 

La sua scrittura è discorsiva, fluida e riesce a toccare corde emotive che non immaginavo. Potrei azzardare a dire che sia come un’iniezione di adrenalina. Una sveglia che ti dice di alzarti e iniziare a vivere, non solo lavorare. Leggere per credere!

La presentazione era prevista all’esterno di Piazza delle Murate, ma visto il temo poco clemente, ci siamo spostati all’interno di quello che abbiamo scoperto essere un ex convento, diventato poi una prigione: un bel contrasto vista la tematica del libro che parla di vita! Scopri di più sulla location qui.

Com’è stato l’incontro? Semplice proprio come è Gianluca Gotto nei suoi post e nelle sue stories su Instagam; e nel suo blog Mangia Vivi Viaggia. Ha parlato del suo libro, di meditazione, di quante scelte prendiamo ogni giorno [ben 35mila!!!], poi siamo passati a foto e autografi e quando è arrivato il mio turno, gli ho detto che leggere Pura Vida mi ha fatto venire una gran voglia di partire per la Costa Rica e gli ho chiesto dove mi consigliasse di andare: il lato caraibico senza dubbio!

Librerie da visitare in città

Come tutte le città, anche Firenze offre un bel catalogo di librerie. Io ve ne segnalo due che meritano una visita e, perché no, anche l’acquisto di un libro, soprattutto se siete alla ricerca di quello “davvero” giusto per voi!

Piccola Farmacia Letteraria

L’ho scoperta leggendo un articolo online e la curiosità mi ha spinto a visitarla nell’ormai lontano 2020, a fine gennaio. Rientrata da un viaggio di lavoro all’estero, ho incontrato un amico all’aeroporto di Bologna e siamo arrivati a Firenze nel tardo pomeriggio.
Il giorno seguente, dopo una lunga notte di riposo, ci siamo diretti in via di Ripoli 7/R ed eccola lì. Molto piccola, ogni volta che mi giravo temevo di buttare giù qualcosa con lo zaino. Ci sono tornata poi altre due o tre volte e, da brava book-addicted quale sono, ho sempre acquistato dei libri!

Sapete come funziona questa libreria? Ogni libro è accompagnato da un bugiardino che suggerisce a chi è indicato, quali sono gli effetti collaterali e anche la sua posologia. Scopri di più qui!

Todo Modo

Questa libreria, invece, l’ho scoperta per caso, girovagando per Firenze. Ricordo che mi è stata fatta notate l’insegna che io avevo [stranamente] avevo oltrepassato; probabilmente perché concentrata a cercare un posto dove mangiare. Insomma, non appena sono entrata al suo interno, sono rimasta sbalordita. Quel posto non era solo un tempio per i libri, ma anche un carinissimo bistrot: libri e cibo, ero più che colpita e affondata!

Il duo composto da Maddalena e Pietro è formidabile: li ho visti spesso alla libreria e scambiato un semplice Ciao ma adoro ciò che organizzano perché danno un grande valore alla cultura e alle persone. Sono anche gli ideatori dell’evento editoriale Testo [come si diventa un libro] che ho visitato lo scorso febbraio [leggi qui l’articolo] e hanno aperto la più piccola libreria al mondo, The Litf presso una magnifica struttura di cui vi parlerò tra poche righe.

Insomma, solo visitando queste due librerie c’è da perdere la testa e tenere sotto chiave il bancomat!

Come in Sex and the City, o quasi

Eravamo in quattro a girare per Firenze, alla ricerca di un posto, preferibilmente vegano, dove mangiare e dell’esatta location dove si sarebbe svolta la presentazione del libro di Gianluca Gotto.

Le previsioni del tempo viste al telefono erano drammatiche, ma quel giorno siamo state baciate da un debole sole perché gli ombrelli sono rimasti chiusi per quasi tutto il tempo. Ogni tanto qualche nuvolone o qualche goccia di pioggia sbucava dal nulla, ma siamo riuscite nelle nostre imprese e a girare la città come era nostra intenzione.

Non eravamo esattamente come Carrie, Samantha, Charlotte e Miranda ma ci piaceva pensare di esserlo, avvolte nei nostri piumini e con ai piedi le scarpe più comode per camminare.

Avere amicizie, coltivarle, divertirsi assieme è una vera medicina per l’anima. Abbiamo imitato le pose di alcune statue in Piazza della Signoria, abbiamo consultato qualche libro durante il nostro aperitivo da Todo Modo, abbiamo cenato in un ristorante da urlo e gustato un pasto della tradizione fiorentina: la pappa al pomodoro.

E il giorno seguente, anche se eravamo rimaste in due, abbiamo proseguito la nostra gitarella e siamo finite alla Manifattura Tabacchi e… wow!

Si tratta di un progetto di riqualificazione immobiliare che ospita diversi spazi al suo interno. Il progetto è ambizioso e vi invito a curiosare il loro sito. Il settore al momento visitabile è il B9 dove con la mia amica abbiamo gustato un buon aperitivo e dato un’occhiata ad alcune vetrine interessanti! Qui trovate tutti i “maker” di quel settore. 
Anche qui, visitare per credere!

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Qui un riepilogo dei posti che vi invito a visitare a Firenze e dei libri che suggerisco di leggere.

Libri:

Le coordinate della felicità
Come una notte a Bali
Succede sempre qualcosa di meraviglioso
Pura Vida
[li trovi tutti nel suo blog]

Librerie:

Piccola Farmacia Letteraria
Todo Modo

Location:

Manifattura Tabacchi [B9]

SPAZIO PER IL LETTORE

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La felicità del vicino è sempre più felice!

Ieri ho visto la ragazza del terzo piano e, come tutte le volte, mi sono emozionata.
Mentre lei scende, io salgo. Da quando l’ascensore è guasto siamo tutti costretti a fare le scale e ogni giorno la incontro alla stessa ora. Io rientro dal turno della notte e lei esce per tornare a lavoro dopo la pausa pranzo, presumo. Non sono innamorata di lei, ma non riesco a non fissarla con grande curiosità. Invidio il suo modo di vestire, mi fa pensare che la perfezione esista. Quando cammina mostra sempre un velato sorriso, sembra quasi che non conosca alcuna espressione negativa. Gli occhi scuri sono grandi e luminosi: mi inteneriscono più di quelli del mio gatto. E in quei pochi secondi in cui passiamo una accanto all’altra, percepisco una sensazione positiva, come una grande boccata d’ossigeno; ho l’assurda convinzione che si nutra con iniezioni di positività invece di caffè e biscotti.

Mentre la osservo avvicinarsi, ripenso al test sulla felicità che ho fatto la sera prima, di quelli che ogni tanto propongono le riviste. Essendo sola ho dato libero sfogo alla sincerità e ne è venuto fuori che ho una visiona tragica della mia vita, che la felicità per me è utopia e che non ho la capacità di cogliere la gioia anche nelle piccole cose. Uno schiaffo in pieno viso mi avrebbe fatto meno male. Chissà cosa avrebbe risposto lei, invece. Immagino il raggiungimento di un punteggio così alto da far vergognare la rivista per non aver proposto un test alla sua altezza.

Quando siamo a un metro di distanza, lei mi guarda e allarga il suo sorriso. Io ricambio, lei accenna una risata. Che abbia mostrato una smorfia buffa? O peggio, forse avevo i resti dello spuntino di metà mattina tra i denti? Oddio, che vergogna! Non appena le do le spalle abbasso lo sguardo e scuoto la testa sperando si dimentichi di me all’istante e quando mi riapproprio di un poco di dignità, vedo il mio coinquilino sulla soglia di casa. Il suo sorriso parla chiaro e non mi sta dando il benvenuto a casa.

 

«Sempre felice la nostra amica, eh?», dico sarcastica.
«E tu sempre invidiosa, eh?», replica lui, per nulla sarcastico.
«Come fa a essere sempre felice?», dico mentre giocherello con le chiavi di casa.
«Cosa ti fa pensare che lo sia sempre?»
«Su, dai, è evidente: ogni volta che la incrocio sulle scale sembra appena uscita da un cartone della Disney! Dio quando l’ha messa sulla terra le ha dato il pacchetto completo: felicità, serenità e benessere»
«Hai di nuovo fatto uno di quei test, vero?»
«Dai, non iniziare»
«E tu, come sei messa a felicità, serenità e benessere?»
«Come un gomitolo di lana cachemire lasciato andare dalla vetta dell’Everest. Anzi, come i panni di una lavatrice: a 90°!»
«Riesci a essere meno tragica?»
«Allora diciamo che mi sento come un’altalena. Una di quelle arrugginite che emettono quel fastidioso cigolio quando si muovono. E la mia si muove addirittura in modo precario»
«Ti avevo chiesto se riuscivi a essere meno tragica… Ad ogni modo, perché non le chiedi come fa a essere sempre così felice, ammesso che sia vero?»
«Farei la figura della pazza!»
«Ma ci guadagneremmo entrambi»
«E come?»
«Tu avresti la tua risposta e io non ti sentirei più lamentare!»
«Che simpatico! Allora dammi una mano!»
«Certo». E senza che riesca a reagire, mi prende le chiavi dalla mano e sparisce oltre la soglia di casa.

 

Rimango esterrefatta dal suo gesto, ma quando mi volto e guardo oltre la tromba delle scale, una sconosciuta euforia attraversa il mio corpo, come se la scia di positività lasciata dalla ragazza del terzo piano mi avesse contagiato. E per un attimo penso “Perché no?”. Corro giù per le scale tenendo una mano a stretto contatto con il corrimano, esco dal portone e mi guardo intorno. È appena uscita da un bar con in mano un caffè d’asporto e cammina verso il parco di fronte. Quando la raggiungo, è seduta su un’altalena: che bizzarra coincidenza! Mi faccio coraggio e mi avvicino mentre sistemo i capelli e passo l’indice sotto gli occhi per eliminare eventuali tracce di matita nera rovinata da un turno di sei ore. Mi fermo a pochi passi da lei che mi fissa con i suoi grandi occhi marroni. “Oddio, quanto è bella!”, penso. 

«Ciao, posso?», dico mentre indico l’altalena vuota accanto a lei.
«Certo»
«Sei Veronica del terzo piano, giusto?»
«Sì. E tu sei Marta del quarto?»
«Sì. Uhm, senti, vorrei farti una domanda se non…»
«Posso fartene una io prima?»
«Uhm, certo…»
«Ti incrocio sempre sulle scale da un po’ di tempo e ogni volta mi chiedo la stessa cosa: come fai a essere sempre felice?».

Mi faccio scappare una piccola e tenera risata. Lei ricambia e ora so che non sorride perché io abbia qualcosa tra i denti.
«Vuoi sentire una storiella divertente?», dico. E gliela racconto.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Come siete messi a serenità, felicità e benessere?”.

Le risposte, come sempre, sono state diverse ma ciò che percepivo era una sensazione di disagio, una velata tristezza o una sorta di equilibrio precario.

Essere perennemente felici è impossibile, ma si può imparare a vedere le cose con un punto di vista positivo e propositivo. 

Ad ogni modo, i vari commenti mi hanno dato un bel da fare per cercare di scrivere un breve racconto utilizzando la tecnica dello “Show, don’t tell” ma è stato emozionante – e un poco devastante – provare a scrivere qualcosa su questa tematica.

Librerie a Venezia

Librerie a Venezia.
Scopri di più attraverso la mia personale esperienza – tutta al femminile – e quali librerie visitare nella laguna!

L’11 marzo [2022] mi svegliavo di soprassalto per non perdere il treno che avrebbe portato mia madre, mia sorella e la sottoscritta a Venezia.

Avevamo deciso di trascorrere un po’ di tempo assieme e di farlo in una delle città più belle d’Italia.

L’obiettivo di famiglia? Passare una bella giornata assieme!
L’obiettivo mio? Passare una bella giornata assieme, visitando librerie!

 [Una foto della laguna di Venezia – 11 marzo 2022]

Tempo per se stessi

Perché parlo di questo e non subito di Venezia? La risposta è molto semplice: prendere del tempo per se stessi è fondamentale per tanti motivi che variano da persona a persona. Io volevo cambiare aria, rivedere una bellissima città, trascorrere del tempo [tutto al femminile] con la mia famiglia.

E l’avventura è stata splendida dall’inizio alla fine! Non ridevo così tanto con la mia famiglia da non so quanto tempo…

Mio padre, ovviamente senza possibilità di scelta, si è ritrovato nel ruolo di autista come Morgan Freeman nel film A spasso con Daisy. Mentre noi femmine ci intrattenevamo in vivaci conversazioni, lui silenzioso ci portava alla stazione.

Ho ripreso ad apprezzare i viaggi in treno perché ho battezzato l’abitudine di leggere sempre lungo qualsiasi tragitto. Quella mattina mi sono immersa nella lettura di Cose spiegate bene di Iperborea: consiglio caldamente la sua lettura perché è MOLTO interessante [e badate, non uso il maiuscolo a caso…].

C’è stato un momento in cui ho alzato la testa e ammirato il panorama fuori dal finestrino proprio nel momento in cui ci stavamo avvicinando a Venezia. Ricordo di aver percepito una sconosciuta serenità. Ero contenta di essere su quel sedile, su quel treno, assieme a una parte della mia famiglia, ma soprattutto di essermi concessa quella gita fuori porta.
Senza lavoro, senza una prospettiva professionale, senza uno stipendio fisso, ma stranamente serena. E senza sensi di colpa…

Librerie & Artisti

Navigatore alla mano, sembravo una guida turistica che ogni tanto si voltava alla ricerca del suo gruppo, nel mio caso composto da madre e sorella. Ogni volta le trovavo ferme a fissare una vetrina, un bancarella, il menù di un ristorante o a fare l’ennesima foto ai tanti scorci veneziani; tra l’altro uno più bello dell’altro!

Scorci di Venezia - 11 marzo 2022
Scorci di Venezia - 11 marzo 2022

Quando erano indietro di pochi passi da me, tornavo a concentrarmi sul tragitto. Avevo due mete da raggiungere che mi ero prefissata. Durante il percorso, però, mi sono imbattuta in una curiosa “vetrina” scoprendo, dopo una rapida ricerca con google, che si trattava dell’associazione sportiva e culturale Soto Aqua.

Purtroppo non era aperta ma li seguo su Instagram perché propongono attività – e opportunità – interessanti.

Cito dal loro sito “Cerchiamo di resistere alla grande speculazione economica e turistica proponendo piccoli eventi: concerti, mostre d’arte, proiezioni di cortometraggi, presentazioni di libri, mercatini d’artigianato, giri in barca a remi, tornei di calcetto balilla, ping pong e cene sociali!”


 [L’ingresso dell’associazione sportiva e culturale Soto Aqua di Venezia]

La prima libreria [nonché] in cui ci siamo fermate è stata Sulla Luna, da tempo ero curiosa di visitarla.
Nel momento in cui siamo arrivate non c’era posto a sedere, ma sono comunque entrata a fare un giro e sono rimasta entusiasta di com’era: il bancone ricco di delizie, arredamento molto accogliente e libri, libri e ancora libri; in particolare testi illustrati.

L'ingresso esterno della libreria/bistrot Sulla Luna
L'interno della libreria/bistrot Sulla Luna

Mi sono ritrovata a sorridere tra me e me quanto ho preso tra le mani una versione “più grande e più illustrata” del libro L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono. Un caro amico mi aveva consigliato la lettura e lo consiglio anche a voi perché nella sua semplicità è una storia emozionante e potente; fa riflettere.

Tornerò di sicuro in questo posto per godermi un bel caffè e ammirare nuovamente le mensole con tutti quei libri esposti dove so che troverò qualcosa di perfetto per me! Tra l’altro, ad oggi nel loro sito, il best seller è L’albero di Shel Silverstein: e io me lo sono fatta prestare subito! Un libro per tutti, bimbi e adulti!

La meta che ero più ansiosa di raggiungere era Libreria Acqua Alta. Ho camminato lungo una calla stretta stretta e mi sono fermata ad un cancello [perennemente chiuso, penso] dove ho intravisto una parte di libreria. Stupenda! Mi sono quindi affrettata a raggiungere l’entrata principale ma quando ho svoltato l’angolo per Calle Longa Santa Formosa mi sono bloccata per la fila di gente all’ingresso, pensando per un attimo “Qui ci vuole il numero come al bancone degli affettati!“.

Nell’attesa ho sbirciato tra i libri ammassati dentro una specie di carriola, sotto gli occhi vigili di un gatto, forse un guardiano della libreria!

Il cortile esterno della libreria Acqua Alta
Il gatto "guardiano" dei libri nella carriola

Per fortuna, dopo appena cinque minuti, ero dentro! La quantità di libri al suo interno è spropositata [letteralmente, spropositata!] e penso che per ammirarli tutti servirebbe un giorno intero. Ad ogni modo, ho esplorato quel posto con occhi più che curiosi: la gondola al centro era un’originale attrazione, ma il noto cortile esterno era una vera magia; i libri dentro alle vasche da bagno? Straordinario! C’erano testi di ogni genere, oggettistica da farti perdere la testa, persino un angolino con testi “a luci rosse”.

Il loro sito parla di libri antichi, usati, fuori catalogo, persino vinili. E così era. Ho resistito alla fortissima tentazione di acquistare qualcosa e giuro che per l’intera mezz’ora che ho passato lì dentro ho resistito, ma poi ho ceduto anche se per una buona causa: fare un regalo ad un caro amico. Scopritelo qui!

L'interno della libreria Acqua Alta con i libri nella gondola
L'interno della libreria Acqua Alta con i libri nella vasca

Reduce da un acquisto, le mani di mia madre e di mia sorella rivolte al cielo come a dire “Dio, dalle la forza di non comprare ancora libri!” abbiamo pranzato e trascorso il resto del pomeriggio a girare Venezia, ammirare i suoi mille ponti e vicoletti; a fare foto e selfie.

Abbiamo ammirato dall’esterno la torre del Bovolo, camminato in piazza San Marco [dove ho ricorso quella che sembrava Susanna Tamaro, per poi fermarmi perché forse non lo era] e, stanche ma soddisfatte della giornata, ci siamo avviate alla stazione quando è accaduto l’imprevedibile…

La vetrina del negozio Armonie Venezia  [La vetrina del negozio Armonie Venezia]

Ci siamo ritrovate a fissare una vetrina allestita con prodotti artigianali a base di… libri! E niente, siamo entrate e abbiamo intrattenuto chiacchiere col proprietario e la figlia.

Io mi sono innamorata di tutte le opere da lei create che avevano come protagonisti mini libri con tanto di titolo: disposti su piccole librerie, cornici o addirittura libri, erano uno più bello dell’altro. Non potevo non comprarne uno come ricordo! La scelta è stata ardua, ma alla fine ho optato per quello che ritenevo più nelle mie corde.

 [Il mio acquisto artigianale: una mini libreria]

Valentina, all’opera con una cornice che riempirà di mini libri presso il negozio Armonie Venezia]

Valentina, l’artista di queste geniali opere libresche, è stata molto gentile da illustrarmi i suoi lavori e l’ho persino vista all’opera.

È stato bello conoscerla e scoprire il suo essere un’autodidatta che ha scelto di seguire la sua passione. Anche mia madre e mia sorella hanno fatto acquisti e, se non fosse stato per il treno che dovevamo prendere, saremmo rimaste lì dentro a fare ancora danni ai rispettivi bancomat.

Famiglia e altro ancora

Che dire su questo punto? La famiglia è quella che ci creiamo, ma quella in cui cresciamo è la prima che incontriamo e con cui sviluppiamo un legame che nella maggior parte dei casi è indissolubile. Io ho necessità di stare per conto mio, per conoscere me stessa e il mondo, ma quando torno a casa ci sto volentieri e una gita a Venezia, come quella vissuta, è stato un bel modo di stare insieme fuori dalle mura di casa. Ogni tanto anche la famiglia ha bisogno di cambiare aria.


E per quanto concerne il punto “altro ancora” dico solo che è stato piacevole prendere un caffè al ristorante Upupa Ghetto Venezia. Tutte e tre ci guardavamo intorno alla ricerca di un posto dove bere qualcosa di caldo e scaldarci – il vento quella mattina aveva la stessa temperatura del freezer di casa – e un signore è uscito dal suo locale con un gran sorriso.

Il signore: «Avete bisogno?»
Mia sorella: «Cerchiamo un posto dove bere un caffè»
Il signore: «Prego, entrate»
Mia sorella: «Questo è un ristorante però…»
Il signore: «Non vi preoccupate, entrate. Che cosa gradite?».


Caffè e dolcetti sono arrivati assieme alle inaspettate chiacchiere col proprietario che non ci ha solo accolto con un gran sorriso, ma ci ha parlato del locale e della sua famiglia. E niente, mi andava di raccontarvi questo piccolo angolo di umanità, sono più che sicura che ci siano altri tasselli altrove.
Speriamo di trovarne tanti altri, di unirli, e di ritrovare tutto l’amore del mondo.

Qui un riepilogo dei posti che vi invito a visitare a Venezia e dei libri che suggerisco di leggere o anche solo “guardare”.

Librerie:

Soto Aqua
Sulla Luna
Acqua Alta

Libri:

L’uomo che piantava gli alberi, Jean Giono
L’albero, Shel Silverstein
Dian Hanson è l’autrice del libro che ho regalato al mio amico…

Negozi/Locali:

Armonie Venezia [artigianato locale]
Upupa Ghetto Venezia [ristorante]

SPAZIO PER IL LETTORE

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I miei pregi? Pazzi e scatenati!

«Grazie per accompagnarmi a questo colloquio, sono agitatissima!»
«Tranquilla, sii te stessa»
«Facile a dirlo, credo sarà più semplice indossare una “maschera”. Un po’ come il fantasma dell’opera…»
«Ma come ti viene in mente una cosa simile?»
«Il “facile a dirlo” o la maschera?»
«La maschera! Ovvio!»
«L’agitazione mi conferisce ispirazione, forse»
«Allora dovresti agirarti più spesso!»

 

«Cosa stai ascoltando?»
«Scusa, sono giorni che Sara mi invia vocali di cinque o sei minuti»
«Sicura che non sia un audiolibro, invece?»
«Bella battuta! Me la segno, comunque no. Il tizio che frequentava l’ha piantata senza alcuna spiegazione. Che stronzo!»
«Così dal nulla le ha detto addio?»
«Ma quale addio, magari! Ha applicato la tecnica del ghosting»
«La tecnica di cosa?»
«Ghosting: quando qualcuno interrompe i rapporti all’improvviso e ignora ogni tuo contatto. Si sono visti per quasi un mese, ovviamente sono andati a letto, poi il tizio è svanito nel nulla»
«Magari il mio ciclo mestruale facesse ghosting…»
«Ma che dici? Puoi ambire a molto di più, lo sai vero?»
«Evito i casi umani, e uomini sfigati mi trovano sempre. Faccio il mio lavoro senza lamentarmi, e mi mettono di turno nel weekend. Slitto le chiamate di mia madre, e mi ritrovo la sua richiesta di amicizia su Facebook. Tu cosa dici?»
«Touchè!»

 

«Hei, non mi hai più detto nulla di tuo fratello. Le rose hanno funzionato?»
«Diciamo di sì…»
«Cioè? L’ha ripreso in casa o no?»
«Sì, ma secondo alcune condizioni»
«Condizioni? E quali?»
«Quelle che lui le ha suggerito quando…»
«Lei lo butta fuori di casa e lui ritorna ma a delle condizioni? E da quando funziona così?»
«Lasciami spiegare. Mi ha fatto vedere le rose e gli ho detto che era il modo migliore, e rapido, per arrivare al divorzio, così gli ho scritto alcune cose che deve fare per lei e assieme a lei. Lui era titubante, quasi scocciato. Gli ho ricordato la scomodità del divano dei nostri genitori… e del convivere con i nostri genitori dopo i trenta. Ha acconsentito»
«E?»
«E pare stia funzionando, so solo che è tornato a dormire lì. Che sia sul divano o a letto, questo non lo so. È troppo orgoglioso per dirmi la verità, ma pazienza…»
«E pensare che lei non ti piace nemmeno»
«Sono male assortiti, ma mia nipote al momento ha bisogno di due genitori»
«E se peggiora che fai, li separi?»
«Ho riguardato il film Genitori in trappola qualche tempo fa, ho preso appunti»
«Inquietante…»
«Il film?!»
«Tu che pianifichi separazioni…»

 

«Scusa, non ho capito. Hai chiesto a tuo padre di venire con te? Perché?»
«Te l’ho detto, avevo paura»
«Di consegnare un paio di sandali che hai venduto online?»
«Ho cancellato la chat, ma avresti dovuto sentire che vocali mi inviava…»
«Tipo?»
«Per confermare luogo e orario mi ha descritto la sua giornata»
«E?»
«Ha detto che prima del nostro incontro doveva fare la spesa, andare a un funerale, fare shopping e che non lo avessi trovato al luogo concordato per la consegna, avrei dovuto andare in un posto che proponeva lui; e ha aggiunto che se non lo vedevo non dovevo preoccuparmi perché forse tardava per via di un altro impegno – che ora non ricordo – e che se provavo a contattarlo senza risposta voleva dire che gli si era scaricato il cellulare…»
«Caspita, e tu che gli hai risposto?»
«Di trovarci al parcheggio davanti ai carabinieri»
«Non ci credo, solo a te accadono certe avventure! E poi scusa, cosa gli hai venduto?»
«I miei sandali, quelli con le cinghie in pelle»
«Sarà strano ma ha gusto, la sua ragazza sarà contenta»
«Mi ha detto che non ha la ragazza, ma che ho buon gusto»
«Ok, questo è inquietante, però mi fai morire dal ridere…»
«E pensa che io, per un attimo, ho pensato davvero di morire… nel bagagliaio del tizio però…»

 

«Eccoci arrivate»
«La vicinanza a casa è impagabile, devi ammetterlo»
«Sì, è vero, ma mi assumeranno? Sono così demotivata dal mondo del lavoro viste le ultime disavventure. E senti questa: mi hanno chiesto di elencare il mio miglior pregio, è una delle domande che dovrò sostenere durante il colloquio. Hai qualche suggerimento?»
«Te ne posso elencare sette di pregi»
«Sette?»
«Sì!»
«Tu lo sai vero che il mondo del lavoro è un Hunger Games per adulti, oscuro e crudele, in cui probabilmente mi inserirò come parte di un avamposto di disperati?»
«Ok, ne ho sei da elencare. L’ottimismo non è il tuo forte…»
«Avanti, sentiamo…»
«Sei una persona che sa ascoltare: io bypasso gli audio che vanno oltre il minuto. Trovi sempre una soluzione, a chiunque, senza badare alle simpatie; questa è empatia. Mi fai ridere con le tue disavventure e questo mi fa pensare che dobbiamo aprire un blog e raccontarle. E poi hai questo modo così calmo di comunicare alle persone, le fai star bene e in questo lavoro è fondamentale»
«Ok, elencherò tutte queste belle cose: saranno entusiasti di stringermi la mano mentre mi intimano di uscire e non presentarmi mai più alla loro porta»
«Essere se stessi non è sbagliato»
«Sei mia amica, è normale che tu dica belle cose su di me»
«Quanto sei testarda, elencalo come difetto, se te lo chiedono…»
«E va bene, dirò che i miei pregi sono pazzi e scatenati! Ci vediamo tra poco»
«Aspetta…»
«Che c’è?»
«Pensavo che non c’è nulla di male a fare un po’ come il fantasma dell’opera, sai… ricamare un po’ sopra alle cose…»
«Ma questo significa indossare una maschera!»
«Sì, ma lui ne indossava una solo per metà!»

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

Ciao, spero che il racconto ti sia piaciuto!
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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Qual è il tuo miglior pregio?”.

Le risposte sono state diverse, alcune ripetute: c’è chi ha scritto empatia, ascolto, rassicurazione. C’è chi ha espresso la capacità di far ridere o risolvere problemi altrui; e ancora, la generosità.

Ispirata dai vari commenti, ho scritto un racconto basato solo sul dialogo tra due amiche: non si sa nulla di loro, se non i pregi di una delle due.

È più facile elencare i nostri difetti rispetto ai pregi. Ogni tanto, però, fa bene anche autocelebrarsi. O che sia una persona a noi cara a farlo!

Dietro le quinte al Festival del Romance Italiano

Festival del Romance italiano
New Edition 2022

Ti racconto il "dietro le quinte" dagli occhi del team di Accademia della Scrittura

Cerco di raccontare sempre gli eventi attraverso i miei occhi e la mia esperienza, ma questa volta non mi è stato possibile; non avevo modo di andare a Milano.

Poi è accaduto l’inaspettato! Intrattenevo una conversazione con Jessica Santi, senior editor e coordinatrice editoriale di Accademia della scrittura, nonché responsabile del reparto bozze di Read il Magazine, che mi ha informato della loro partecipazione all’evento. Ho subito pensato: “Ecco il mio punto di vista o meglio, il dietro le quinte dell’evento che fa per me!”.

Conosco ormai da diversi mesi il team dell’accademia [presto vi svelerò il come e il quando!]. Abbiamo scambiato infinite email e dato volti a parole tramite una videochiamata. Il feedback su di loro?
Affiatati, preparati, affidabili. E non volevo perdere l’opportunità di vivere l’evento attraverso i loro occhi!

Ideata e organizzata dal blog letterario Il Rumore dei Libri in collaborazione con Kinetic Vibe la kermesse culturale ha avuto luogo all’interno della Gallery del Forum di Assago a Milano domenica 13 marzo 2022. Cuore del festival, riscoprire il fascino e la piacevolezza del romance italiano creando un forte legame tra autori e lettori.

Oltre 100 le presenze tra scrittori editi da importanti case editrici e nomi noti del self-publishing. Case editrici, un libraio, esperti del settore editoriale, giornalisti; e ancora blogger, youtuber, grafici, agenti letterari. Un ricco panorama a 360°!

Cos’è per Accademia della Scrittura il Festival del Romance Italiano?

[risponde Ileana Cavurina] Per l’Accademia della scrittura una manifestazione come il Festival del Romance Italiano è prima di tutto un luogo di incontro. Dopo lo strano periodo che abbiamo vissuto, la possibilità di vedersi di persona ha amplificato ancora di più la voglia di contatto. Come noi, lettori, editori e altri professionisti del settore hanno avuto la splendida opportunità di conoscersi, rivedersi e anche, magari, di stringere nuove collaborazioni. Per una realtà come la nostra, questo tipo di approccio è un valore aggiunto alle attività che proponiamo e quindi ben vengano eventi come quello appena passato.

Da quanto partecipate a questo evento e quali sono gli aspetti che rendono questo festival una valida meta sia per chi scrive che per chi legge questo genere?

[risponde Monique Scisci] È la prima volta che l’Accademia della scrittura partecipa al Festival del Romance Italiano e devo dire che l’esperienza ci ha sorpresi positivamente. L’idea era di valutare se l’evento facesse al caso nostro, per capire come muoverci in futuro. C’è da dire che come realtà, nel panorama editoriale, siamo relativamente “nuovi”; benché in questi due anni e mezzo di attività abbiamo stretto molte collaborazioni, eravamo incerti sul bilancio. L’agenzia si occupa di scrittura a 360°, ma non siamo specializzati in un genere narrativo specifico, mentre il pubblico che sapevamo di incontrare al festival è fortemente targettizzato. Invece, siamo stati travolti. I presenti, oltre a girare per gli stand in cerca dei loro autori preferiti, erano anche curiosi di scoprire chi fossimo. E le Writing Tips, ovvero il manuale di scrittura curato dal nostro docente Davide Corbetta è andato letteralmente sold-out. Per cui il prossimo anno, se ce ne sarà la possibilità, torneremo ancora più carichi.

Dal vostro punto di vista, che impatto ha il romance sul pubblico italiano?

[risponde Monique Scisci] Un impatto elevato sia dal punto di vista dell’editoria tradizionale – mi riferisco nello specifico alle case editrici – sia per quanto riguarda il self publishing. Inoltre, il romance è uno dei pochi generi letterari che su Amazon, la piattaforma indipendente per eccellenza, ricopre un ruolo decisivo a livello di vendite. Per rendersi conto di quanto è ampia la fetta di mercato che intercetta la narrativa rosa, basta guardare le classifiche. I lettori sono tanti e diventano sempre più esigenti. Il Festival del Romance Italiano, organizzato dal blog Il Rumore dei Libri gestito da Lidia Ottelli, ha riunito una parte cospicua di lettori, ma date le restrizioni dovute al Covid, non tutti hanno potuto partecipare, altrimenti ci sarebbero stati il doppio dei visitatori. Sono pochi gli eventi letterari che riscuotono un successo così ampio, e questo significa che l’interesse verso il rosa è altissimo.

Quali titoli di nuovi romanzi potete segnalare a potenziali lettori?

[risponde Monique Scisci] Dipende dai gusti, la narrativa romantica è piena di sfumature, ed è in grado di soddisfare le esigenze più disparate. Consigliamo sempre di scoprire gli autori emergenti e di non storcere il naso di fronte ai titoli indipendenti, perché si possono leggere storie meravigliose.

Come giudicate la conclusione di questo festival, per voi e per chi ha partecipato attivamente all’evento?

[risponde Ileana Cavurina] Certamente in positivo, riprendendo anche pieno possesso di questo termine che per molto tempo ha avuto un altro tipo di connotazione. Positivo perché finalmente abbiamo potuto incontrare dal vivo persone che collaborano con la nostra realtà ma non solo, abbiamo avuto la possibilità di stringere mani, scoprire volti e soprattutto imbastire nuovi progetti. Il fil rouge di questo Festival, che unisce ogni tipo di persona che ne fa parte, è la passione per i libri. L’energia che si percepiva all’interno del padiglione era febbrile, così come l’entusiasmo e la voglia non solo di esserci ma anche di guardare oltre. Siamo tornati da questo appuntamento ancora più carichi e con nuove possibilità all’orizzonte.

In sintesi, dalle loro parole, comprendo bene che si è trattato di un altro interessante evento editoriale che ha permesso di far conoscere nuovi autori, libri e connettere le persone tra di loro e instaurare nuove collaborazioni.

Forse l’anno prossimo ci sarò anch’io a girare tra gli stand per ammirare le varie copertine e leggere qualche pagina cercando il testo che più mi attrae.

Nel frattempo mi accontento di sfogliare le pagine della loro rivista “Read”, un invitante ensemble di notizie dal mondo della scrittura e vi invito a seguirli nei loro canali:




Accademia della Scrittura

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Scopri la rivista
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E tu, ricordi il tuo primo bacio?

Nella vita, Nora si era sentita dire di tutto. 
A volte non era abbastanza rapida nella comprensione di un compito di matematica.
Altre volte, invece, memorizzare il concetto di un testo le richiedeva più tempo rispetto agli altri.
E poi, ancora, non era sufficientemente abile nell’inserire dei dati al computer, a consegnare il caffè ancora caldo al suo capo, a stampare fronte retro senza prima fare un paio di test. Ora tutte quelle frasi non la toccavano nemmeno più ma mai avrebbe pensato che la più inaspettata sarebbe stata quella che l’avrebbe più ferita.
Tu non sei mia madre.

Angela era uscita sbattendo la porta e lasciando un’invisibile quanto palpabile voragine tra loro due, nel bel mezzo del salotto; la televisione ancora accesa su una serie tv. L’irruenza con cui si era alzata per sfuggire allo sguardo di Nora aveva fatto rovesciare una lattina di coca-cola e il liquido aveva inzuppato il tappeto persiano. In un angolo, i disegni erano a mano a mano svaniti sotto una macchia scura come era ora il viso di Nora. Nella sua testa risuonava ancora quella frase come l’allarme di un auto che non si spegne. Per tre mesi, quattro giorni, sei ore e dodici minuti, la vita era trascorsa come se nulla fosse accaduto, come se quel funerale non ci fosse mai stato. Ora Angela stava reagendo e Nora non sapeva che cosa fare.

Fu un flebile suono a riportarla a quel momento. Si guardò attorno e fissò un cellulare illuminarsi da sotto un plaid. L’impronta digitale le negò subito l’accesso, ma non le impedì di leggere l’anteprima di un messaggio. 

Un giorno, otto ore e ventidue minuti. Fu il tempo che Angela si prese per sé. Era rientrata a casa spalancando la porta. Aveva acceso le luci e preso una coca-cola dal frigorifero. L’aveva bevuta quasi tutta stando in piedi, in mezzo alla cucina. Si muoveva come se fosse l’unica presenza in quella casa, come se fosse appena rientrata da una gita scolastica. E Nora aveva atteso un cenno qualsiasi, un debole segnale a indicare che era tutto a posto, ma invano; forse non aveva ancora letto quel che le aveva lasciato nella stanza o forse lo aveva fatto ma non ne voleva parlare. 

Aveva pulito casa. Era rimasta in ginocchio per venti minuti a pulire il tappeto. Aveva cucinato per due, ma consumato per uno; si era assicurata che ci fosse la coca-cola nella spesa ordinata online.  

«E tu, ricordi il tuo primo bacio?». 
Nora si girò all’improvviso. Angela sedeva sullo sgabello, le mani appoggiate su un diario privo di lucchetto, l’aria curiosa e quasi divertita, come se non ci fosse mai stata alcuna discussione: né tra loro, né in una qualsiasi chat al cellulare.
«Sì, lo ricordo bene»
«E com’è stato?».
Nora prese un piatto, tolse la pellicola e mentre lo scaldava nel microonde, versò della coca-cola in un grande bicchiere che porse ad Angela. Due minuti dopo, le porgeva un piatto di spaghetti al pomodoro.

«Fu uno di quei baci che ti fanno esclamare Wow. Lui mi dava ripetizioni di matematica e italiano. A differenza di mia sorella a scuola ero proprio negata. Stava salendo sul treno che l’avrebbe portato dalla sua famiglia, in un’altra città, e proprio quando stavo per allontanarmi dal binario, mi prese tra le braccia e mi baciò»
«Sembra la scena di un film romantico. Mamma, invece, ha incontrato dei veri casi umani! Forse toccherà anche a me…»
«Non erano casi umani, solo baci meno romantici».

Nora aprì il diario e lesse a voce alta del tizio che invece di baciare la madre sulla bocca, le aveva centrato il naso con la lingua. Di quando il bacio fu perfetto ma nulla di eclatante o di quando moriva dalla voglia di sciogliersi tra le braccia del ragazzo che le piaceva. Una volta era così agitata che morse il labbro di un tizio fino a farlo sanguinare. Ci fu un altro bacio, bello ma disastroso, e quelle furono le uniche parole con cui era stato descritto, poi Angela abbassò voce e sguardo, come se le parole davanti a lei si fossero afflosciate, gli occhi lucidi.
«Qui dice Il mio primo e vero bacio è stato dopo il divorzio, quando mi sono innamorata per davvero. Il giramento di testa, le farfalle nello stomaco, una stretta al cuore. È un bacio che non dimenticherò mai!».

Angela osservò il diario che aveva in mano. Ad eccezione di poche pagine, alcune erano state accuratamente oscurate con della carta da pacchi, un cordino e dello scotch.
«Quando potrò leggere il resto?»
«Quando sarai più grande…» rispose Nora mentre riprendeva il diario. Trattenne un bolla di nostalgia all’altezza della gola al ricordo della sorella che la notte scriveva i suoi pensieri, ignara che venissero letti di nascosto il giorno dopo con una velata e tenera gelosia. Riaprì il diario e lo piazzò davanti ad Angela, indicando un punto preciso.
«Questo era tuo padre».
«Scherzi?».
«Ora è tardi, vai a dormire»
«Vorrei restare ancora sveglia qui con te, a parlare».

Nora non insistette e si sedette di fronte a lei. Accadeva per la prima volta da quel giorno, dopo tre mesi, cinque giorni, quattordici ore e trentaquattro minuti.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

Ciao, spero che il racconto ti sia piaciuto!
E grazie per il tempo dedicato alla sua lettura.
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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “E tu, ricordi il tuo primo bacio?”.

Ho sbloccato diversi ricordi: romantici, divertenti, confusi ma che ci hanno fatto sorridere!

Ispirata dai vari commenti, li ho utilizzati per scrivere un racconto partendo da una situazione fragile di una delle protagoniste [Angela] a conferma che il primo bacio è un momento che può essere divertente, strano – persino magico – ma pur sempre un importante frammento della nostra vita.

La mia “full immersion” al Book Pride

Book Pride Evento Nazionale Editoria Indipendente

Ti racconto la mia “full immersion” giornaliera all’evento editoriale milanese 

Milano mi agita sempre. L’ho vissuta per anni sotto l’aspetto lavorativo e ho sempre trovato seccante scrollarmi di dosso la frenesia di quella città al rientro a casa. La sera prima della partenza ero tentata di rimandare il viaggio, ma il richiamo dei libri è stato più forte. Ho studiato il percorso nei minimi dettagli per anticipare eventuali contrattempi e, con mio stupore, tutto è andato alla grande e oltre ogni mia aspettativa.

 

Cos’è il Book Pride?

Questo evento nasce nel 2015 grazie a Odei, osservatorio degli editori indipendenti, con l’intento di mettere al primo posto l’editoria indipendente italiana;  una splendida iniziativa, questo è certo! La 7°edizione prende posto al Superstudio Maxi in via Moncucco, una ex fabbrica siderurgica trasformata in una location sostenibile. Moltitudini è il tema dell’evento, perché ogni libro racchiude un mondo. Quattro sono le macro aree relative alla suddivisione degli eventi: Alleanze, Prossimità, Vivere tutto da tutti i lati, Dediche. Con oltre 200 editori espositori, il Book Pride ha dato voce a tutta l’editoria indipendente e organizzato diversi incontri con figure note o emergenti; vive nel presente o nei nostri ricordi; come Pier Paolo Pasolini, nel centenario della nascita o Davide Toffolo, fumettista e musicista del gruppo indie dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Suddivisi in asettiche aree, ogni casa editrice ha arricchito lo spazio con la propria collezione di libri, riviste e persino oggettistica a tema “libro”, cui era difficile resistere. Al lato opposto dell’ingresso, invece, si trovavano le varie sale per assistere agli incontri, dai nomi singolari come George Orwell, Agatha Christie, Lewis Carroll; e ancora Elsa Morante o Pablo Neruda.

La mia full immersion

Il primo incontro cui ho preso parte è stata una dedica alla scrittrice, attivista, femminista statunitense, e ancora, intellettuale nera e ribelle, bell hooks [scritto volontariamente in minuscolo da lei stessa, è lo pseudonimo di Gloria Jean Watkins] scomparsa lo scorso dicembre 2021.

Cinque scrittrici hanno raccontato l’influenza e l’impatto che questo personaggio ha avuto nelle loro vite e come leggere le sue opere abbia trasformato la loro idea di femminismo, scrittura, insegnamento e lotta.

Sono poi corsa alla sala Sibilla Aleramo per assistere alla discussione del testo Argomentare è diabolico di Roberta Covelli: giurista, collaboratrice di Fanpage e Valigia Blu. I social come forma privilegiata di comunicazione e scambio di idee da un lato, un’arma a doppio taglio dall’altra. Sono emerse interessanti esempi di come ogni conversazione sia analizzabile in termini di valore quanto di tossicità.

L’incontro che più mi interessava, però, iniziava alle 17:30 e così, dopo aver seguito i primi incontri come da programma, ho iniziato il mio “tour” tra i vari stand alla ricerca del mio Santo Graal: le raccolte di racconti.

Ogni stand era una vera tentazione. Mi sentivo come una bambina al banco dei dolciumi con una misera paghetta, un chiaro monito per ricordarmi di non comprare libri; cosa che mi ero ripromessa di non fare. Secondo voi ho resistito? Se sei curioso di scoprirlo subito, clicca qui.

 

Molte case editrici le avevo già conosciute al precedente evento editoriale Testo a Firenze, ma ne ho scoperte anche di nuove. L’atmosfera da “classica fiera” non rendeva giustizia agli espositori, ma è stato piacevole consultare la quarta di copertina di alcuni libri che ho in lista da qualche tempo. Ho persino trovato un testo che mi incuriosiva leggere da tempo [scoprilo qui] ma ho resistito all’acquisto pensando alla pila di libri da leggere che mi guarda ogni volta in tralice, con aria perplessa, dalla mensola del salotto.

Da amante dei racconti, giravo di stand in stand alla ricerca di raccolte. Mi sentivo come Terminator: analizzavo ogni copertina per trovare il libro più interessante e quando accadeva, mi fermavo a sfogliarlo.

Leggevo la storia dell’autore, la quarta di copertina, l’interno dell’aletta, poi qualche riga di una pagina aperta a caso. Ero proprio contenta di essere lì, era un’occasione per conoscere libri nuovi ma anche persone, e così è stato.

Ho conosciuto Raffaella Polverini [editore, autrice ed esperta di laboratori creativi] della casa editrice Al3vie che mi ha fornito informazioni su una raccolta di racconti di Kate Chopin, scrittrice e femminista del periodo Fin de Siècle che, nemmeno a farlo apposta, era parte degli studi che stavo portando avanti sulle radici del racconto tramite il corso di Osservatorio Cattedrale

 

È stato piacevole il modo in cui ha presentato quello che non era solo un libro per lei, ma il risultato di studi e approfondimenti della figura di Chopin, portati avanti in particolare da Anna Maria Farabbi che scrive anche un saggio all’interno della raccolta. Ho percepito la passione dalle sue parole ma sono rimasta fedele alla mia promessa, niente acquisti!

E per resistere, l’unica soluzione era fuggire. Vista la bella giornata mi sono seduta su una grande aiuola al di fuori dell’edificio e la scrittrice americana Grace Paley mi ha tenuto impegnata con alcuni suoi racconti finché non ho preso un caffè e lì è avvenuto un bizzarro incontro.

Mentre  aspettavo che si liberasse un posto a sedere, ho notato che una donna mi fissava. Dopo qualche minuto mi ha invitato a sedere con lei. Dopo due anni di sguardi furtivi e sfuggenti, quel gesto mi ha colpito ed emozionato e il fatto che fosse accaduto tra migliaia di libri lo rendeva straordinario.

Il fatto che però mi ha sorpreso di più è stato scoprire di sedere accanto a una futura libraria: Nancy, questo il suo nome, sta progettando di aprire una libreria nella città di Giarre, in provincia di Catania, entro la fine dell’estate. Abbiamo parlato, ovviamente, di libri e di alcune idee che vorrebbe realizzare all’interno della libreria. Che dire, le ho augurato un grande in bocca al lupo!

E tra una chiacchiera e l’altra, l’evento che attendevo è finalmente iniziato.
Moltitudini sparse: il racconto in Italia e la sua condizione di monade con Emanuele Giammarco editore della casa editrice Racconti Edizioni e tre autori di short stories: Sergio Oricci, Alessandro Busi e Carlo Sperduti.

L’esordio è stato esilarante. Silvia Cardinale, relatrice, chiede con tono ironico a Emanuele «Perché hai avviato una casa editrice che pubblica solo racconti, ma soprattutto, che cosa hai bevuto quella sera quando hai preso questa decisione?» e lui con disarmante sicurezza, e un tenero sorriso, risponde «Una Ipa».

Sì, perché scrivere racconti è indice di audacia, ma in quanto editore, una scelta del genere è anche molto coraggiosa. Il mercato editoriale vede ancora i racconti come una diminuzione del romanzo, quasi come se non ci fosse un pubblico a leggerli, ma in realtà un pubblico esiste eccome.
«Bisogna essere molto più abili nello spiegarli e presentarli – dice Emanuele – perché a differenza di un romanzo, per un racconto basta un’incertezza a far cambiare idea sulla sua potenzialità».

Ciò che è emerso è il costante alone di mistero che si aggira attorno al significato del termine “racconto” e alle regole che ne determinano la lunghezza. Insomma, il racconto è flessibile, versatile nell’utilizzo degli elementi narrativi, ma può essere davvero molto efficace e catturare l’attenzione del lettore anche in poche righe o solo con i dialoghi; se scritti bene conferiscono al racconto un ritmo e una musicalità che il romanzo, levati proprio! Un ottimo esempio è Colline bianche come elefanti di Ernest Hemingway.

Insomma, la mia full immersion giornaliera è andata davvero molto bene, anche se alla fine ho ceduto e un libro l’ho comprato!  

Le mie scoperte

Ecco cosa seguire, acquistare o leggere:

  • Libro: Il mio acquisto è stato Racconti” di Kate Chopin. “Ha inciso il suo pennino nelle croste malate della quotidianità sociale e relazionale, soprattutto nelle carie della comunità, in quelle radici che precludono alla donna diritti e opportunità”. Se vi interessa leggere le brevi opere di una scrittrice statunitense, considerata una delle “progenitrici” delle autrici femministe del XX secolo, questo testo fa per voi!

SPAZIO PER IL LETTORE

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L’articolo è scritto in collaborazione con:
Scuola Martin Eden
“Fai salpare le tue storie”

Scuola di scrittura creativa a Padova 
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info@martin-eden.it 

Il mio viaggio editoriale all’evento “Testo”

Testo
[Come si diventa un libro]

Ti racconto la mia esperienza dei tre giorni di questo evento editoriale 

In questo articolo parlo di:
Il 25 febbraio 2022 correvo come Alice mentre insegue il bianconiglio: stavo per perdere il treno che mi avrebbe portato a Firenze, all’evento Testo. Per fortuna, l’oramai noto ritardo di Trenitalia mi ha permesso di raggiungere Firenze in una giornata densa di nuvole e pioggia ma poco importava: stavo per entrare nel paese delle meraviglie dell’editoria!

Cos’è Testo?

Testo racconta la nascita di un libro. La sua originalità risiede nel ricrearne il ciclo di vita con un percorso in sette stazioni; ottimo richiamo alla location. Ogni stazione presenta una fase: lo scrittore, l’editor, i traduttori, i grafici, i promotori, i librai e l’ultimo, ma non meno importante, il lettore. Organizzato da Pitti Immagine e Stazione Leopolda, nasce dalla straordinaria idea della libreria Todo Modo di Firenze [che vi consiglio di visitare] gestita dal duo composta da Maddalena Fossombroni e Piero Torrigiani. L’ingresso si presenta con una gigantografia della mappa della location e la posizione di ogni area. Accanto, un’altra gigantografia mostra l’elenco di tutte le case editrici presenti: un bel modo per studiare il proprio percorso. Ovviamente, è presente anche una mappa a misura d’uomo! E per i primi 3000 visitatori, un gadget omaggio: una bellissima agenda del colore dell’evento, arancione, che sono riuscita ad accaparrarmi per riempirla di appunti sull’evento! I lunghi e ampi corridoi di Stazione Leopolda presentano tutti gli espositori con il medesimo spazio: una bellissima immagine di coesione sociale. Il programma, invece, è suddiviso tra presentazioni e incontri, gestito da un team di persone: i “capistazione”. Una figura che ho avuto il piacere di ascoltare più volte durante gli incontri, e che più di tutte mi ha affascinato per il modo di interagire e parlare di libri e social, è quella di Luca Briasco, direttore editoriale di Minimum Fax [e dal 2018 traduttore italiano di Stephen King]. Ho trovato una sua intervista da parte di IlGiornale.it che vi consiglio di leggere.

La mia esperienza

Varcata la soglia dell’evento, da lettrice e scrittrice-in-erba quale sono, mi sono sentita sopraffatta da tutti gli stand colmi di libri esposti in modo magistrale e addestrati a stare uno sopra l’altro in perfetto ordine; le copertine colorate ben in vista. La stazione Leopolda si sviluppa in lunghezza e così ho deciso di adottare il sistema del “nuotatore”: un corridoio alla volta, prima un lato, poi l’altro tornando indietro. Una tattica infallibile per non perdere di vista nessun espositore! Tra le luci soffuse, l’odore del caffè e il chiacchierio della gente, diventato un regolare sottofondo, tre sono gli elementi che più di tutti hanno catturato la mia attenzione: un inno alla cultura, una forte esigenza di trasmettere il piacere per la lettura e una voglia di riscoperta, di noi e di nuovi immaginari, soprattutto dopo un lungo periodo culturale di letargo. È stato bello, quanto confortante, girare tra gli espositori e toccare un libro, sfogliarlo, leggere le prime pagine, percepire il profumo della carta che in quel luogo risuonava come una precoce primavera. Chi era più carico di altri di entusiasmo, ti accoglieva allo stand con un sorriso che non vedevi per via della mascherina ma che percepivi dall’espressione degli occhi. E senza accorgerti, ti ritrovavi a parlare con una casa editrice che ti raccontava le ultime novità dell’editoria. Ti parlava di libri e autori da conoscere o rispolverava per te un testo che volevi rileggere da tempo. Giravi con aria curiosa e divertita, intorno a blocchi quadrati che ricordavano l’angolo di una libreria. E come Alice, persa nei boschi dai mille cartelli, speravi nell’apparizione dello stregatto per chiedergli un consiglio su quale libro acquistare!