Barbara Uccelli: artista e scrittrice

Barbara Uccelli è un’artista concettuale che ha realizzato importanti installazioni sia in Italia che all’estero. Molte delle sue opere sono legate alla scrittura, ma è con la raccolta di racconti Le relazioni sperimentali che fa il suo esordio come scrittrice.

L’ho scoperta grazie al canale telegram di Sara Rattaro. Aveva pubblicato la prefazione che mi ha da subito incuriosito e portato all’immediato acquisto del libro. Ho percepito una così grande empatia con le sue parole che le ho subito scritto per informarla dell’acquisto e quando ho scoperto che sarebbe stata al Salone del Libro, l’ho contattata per assicurarmi un suo autografo. 

Il caos dell’evento mi ha fatto perdere la nozione del tempo, e la possibilità di incontrarla, ma direi che mi è andata meglio. Infatti, mi ha invitato nel suo studio a Milano. E così, da maggio ho atteso i primi giorni di luglio per incontrarla e proporle un’intervista. 

Ho amato in modo diverso ognuno di quei 16 racconti – chi più, chi meno – ma volevo saperne di più sulla raccolta che è entrata anche nella selezione del premio Robinson. Io voto per una seconda edizione: Morellini Editore, il primo libro è già piazzato!

Sedute nel piccolo salotto, l’intervista inizia…

1 Chi nasce prima nella tua testa: l’arte o la scrittura?

Le due cose sono correlate, non seguo una precisa sequenza. Nasce quello che è necessario. Sono un’artista da tanti anni e scrivo da diverso tempo, per me stessa. Non ho mai pensato di pubblicare ciò che ho scritto e nemmeno di far diventare la scrittura una professione a tutti gli effetti; anche l’arte, per me, non è una professione. 

Non sapendo disegnare, quando creo un progetto, lo descrivo; ho bisogno di questa fase per poterlo spiegare. Uso le parole per far entrare le persone in un lavoro che ancora non esiste. L’arte mi serve per rendere la scrittura autentica e unica e la scrittura mi serve per chiarificare le idee. Con poche parole, molto precise, devo spiegare quale sarà il mio progetto. Ho imparato a scandagliare i sentimenti, a cesellare e levigare per estrapolarne il seme. 

La mia scrittura funziona perché nonostante a volte io vada a elidere il soggetto – un nome, a volte il verbo quindi l’azione – riesco comunque a comunicare ciò che voglio dire al lettore; anche se di primo impatto può sembrare che ciò che ho scritto sia “sgrammaticato”. L’arte mi aiuta a essere funzionale: se lavorassi solo da un punto di vista grammaticale, sarei poco unica. 

E svolge anche un lavoro di pulizia e rende ciò che scrivo minimal, al limite dell’essenziale. Nelle mie opere artistiche voglio che lo spettatore metta dentro tutto il suo vissuto, quindi al lettore devo fornire una sorta di scatola il più vuota possibile, con pochi elementi, che lo prendano dalla testa: ricordi, sensazioni, emozioni, desideri. Se la scatola è piena di me, vedranno solo me. 

Metto in luce solo gli elementi che spingono e pungono nel ricordo di una vita passata o futura. In questo modo funzionano sia la scrittura che l’opera artistica. Si tratta di un’esasperante selezione di parole che ad altre persone, come te ad esempio, può far pensare alla tecnica narrativa Show, don’t tell. La mia scrittura è istintiva: scrivo come penso.

2 Come mai il legame arte/scrittura e cosa cogli di quest’ultima per creare le tue opere?

Mi sono avvicinata alla casa editrice Morellini Editore perché volevano creare un progetto innovativo per la nuova collana intitolata Femminile Singolare. Mauro Morellini, direttore della casa editrice e Sara Rattaro, nota autrice, hanno pensato di mettere una copertina in mano ad un’artista invece di appoggiarsi al solito grafico. Ho così creato un fil rouge partendo dal bicchiere come simbolo del corpo femminile. 

Come un bicchiere, il corpo di una donna è trasparente, contiene il liquido che corrisponde alla vita e, allo stesso tempo, è da maneggiare con cura. Ogni bicchiere ha la sua sinuosità: c’è quello più bombato, più basso, più prezioso etc… A quel punto, Mauro Morellini, sapendo che scrivo racconti, mi ha chiesto di inviargli qualcosa mettendo però le mani avanti dicendo “Noi non pubblichiamo racconti”. Invece, alla vigilia dello scorso natale, mi ha contattato per ritrattare ciò che aveva detto e per dirmi che avrebbe pubblicato la mia raccolta. 

Si tratta, tra l’altro, di un fuori collana che però è riuscito a entrare a far parte della selezione del premio Robinson. Una cosa che ha lasciato tutti molto interdetti, ma positivamente. Il rapporto scrittura/arte emerge anche in questa raccolta di racconti che è diventata una mostra a Pescara, grazie al contributo del Museo delle genti d’Abruzzo insieme al FLA [festival di libri e altre cose] dove, tra l’altro, avevo presentato il mio libro. Ogni racconto è diventato una sorta di scrap-book [album di ritagli]: ho lavorato su dei pannelli grigi di 2 metri per 3 metri, alcuni anche di quasi 5 metri, e utilizzato elementi semplici come il gesso, le puntine da disegno, i fili di lana, oggetti appiccicati ai pannelli per rendere il racconto visibile. 

Ti racconto uno di questi pannelli legato al racconto Vicini. Si svolge da quando la bambina ha 5 anni fino a quando ne ha 15. C’è un lasso di tempo di 10 anni che non prevede una scansione temporale precisa nel testo [non scrivo ogni anno vissuto dalla bambina, ma salto: passiamo dalle due settimane a qualche anno, ad esempio]. Come potevo visivamente rendere il senso di crescita di questa bambina e delle sue esperienze di vita? Ho fatto una linea del tempo scrivendo col gesso le varie età: 5 anni, 6 anni e mezzo, 7 anni e tre quarti, 10 anni, 12 anni etc… perché ad ogni capitolo nuovo, nella raccolta, lei ha una diversa età. 

E per dare l’idea della sua crescita, ho attaccato delle caramelle: le galatine, i marshmallow, le rossana, gli orsetti gommosi, le girelle di liquirizia; poi ancora le golia, i boeri e infine un bacio Perugina [a simboleggiare un bacio che forse la ragazzina ha sognato di ricevere o di dare]. Con un semplice elemento, di grande impatto visivo, ho scandito il tempo di crescita della bambina.

Scorri il carosello di foto per vedere tutte e 16 le rappresentazioni artistiche dei racconti realizzate da Barbara Uccelli. Puoi cliccare su ogni foto e ingrandirla per vederne i dettagli. Le mie preferite? Vicini e Sisters!

4 Racconta un aneddoto su questa raccolta da regalare ai lettori!

Quando ho cominciato a scrivere racconti l’ho fatto durante il periodo di pandemia. Non con lo scopo di una futura pubblicazione ma perché, come artista, non potevo elaborare opere d’arte; era tutto chiuso. Volevo però essere vicina alle persone che mi seguivano e conoscevano i miei lavori. L’unico modo per entrare in connessione con il pubblico era quello di usare il mio sito e scrivere. 

Per 49 giorni ho scritto un racconto al giorno. I primi 10/15 funzionano, riesci a stare dietro al progetto; dopo vuoi ucciderti. Alle 8 del mattino la gente ti scrive “Non ho ancora visto il racconto!” oppure “Non hai ancora pubblicato?” o ancora “Come mai non c’e ancora il racconto?”. E così ti ritrovi alle 3 di notte a fissare il soffitto senza avere la più pallida idea di cosa scrivere perché ti sembra tutto inutile. Quello che voleva essere un regalo è diventato un lavoro.

Ho passato notti tremende e insonni provando a scrivere e l’ho fatto perché ho un gran senso del dovere, non potevo non scrivere nulla ma nemmeno presentare una schifezza perché la gente non se lo meritava. La maggior parte dei racconti all’interno della raccolta Le relazioni sperimentali sono nati nel periodo di pandemia ma non hanno nulla a che fare con ciò che è accaduto; nessun personaggio è collegato a quella situazione. Si trattava di racconti già abbozzati o di idee che avevo in testa e che ho deciso di mettere per iscritto. È stata un’occasione per rivederne alcuni e definirli.

La cosa che è variata è la scrittura di questi racconti: se qualcuno leggesse quelli originali, forse riconoscerebbe i personaggi, ma non la scrittura. Scrivere a livello personale, fine a se stesso, non è mai uguale a quando lo si fa con lo scopo di essere letti da altre persone. Si pone più attenzione nella scelta delle parole, in modo quasi minimale. Come citato nella risposta alla prima domanda, in alcune frasi elido il soggetto, gli aggettivi, a volte persino il verbo, così che il lettore possa focalizzarsi solo sul particolare importante. Non sempre la lettura è scorrevole, in alcuni momenti bisogna concentrarsi su “chi dice cosa”. Nei miei racconti non è importante cosa accade ma riuscire a scovare il giusto dettaglio che nel lettore porterà un ricordo, una pillola di empatia, un riconoscersi o riconoscere qualcuno o qualcosa.

In conclusione…

Barbara è un personaggio! Crea con le mani, con le parole ma prima di tutto con la testa. E con la sua raccolta di racconti è riuscita a mettere un pezzettino di se stessa, lasciando però a noi lettori lo spazio restante per sguinzagliare la nostra immaginazione; per immedesimarci meglio nei personaggi che non hanno un nome, perché Barbara ci regala persino questa possibilità. 

Potremmo definire la raccolta come un’installazione, la famosa scatola in cui depone indizi sotto forma di parole che diventano frasi che rappresentano circostanze e persone in cui chi legge entra mettendo un po’ di se stesso in ogni storia. In poche parole: un’immersione letteraria.

SPAZIO PER IL LETTORE

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E se avete domande o curiosità sull’artista e scrittrice Barbara Uccelli, potete contattarla ai seguenti canali: 
sitoweb www.barbarauccelli.it
instagram barbara.uccelli

Se, invece, volete acquistare la raccolta di racconti Le relazioni sperimentali potete farlo tramite la Morellini Editore oppure Amazon.

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