Mentre sorseggio un cappuccino, poco prima di andare al lavoro, apro la galleria fotografica del cellulare e cerco la foto peccaminosa, protagonista da qualche giorno di ogni mio pensiero. Nessun volto né genitali, solo un dettaglio di due corpi nudi: dallo stomaco alla coscia, il culo bene in vista.
Sento il petto agitarsi e percepisco uno strano calore tra le gambe che d’improvviso mi fa vergognare. Le persone attorno a me, non possono sapere cosa stia guardando, eppure a ogni sguardo che incontro, percepisco disappunto. Ciò che mi chiedo, però, è come mai una foto del genere susciti in me grande curiosità e allo stesso tempo mi faccia sentire irrequieta, triste, sola.
Rientro in casa nel tardo pomeriggio e non appena supero la soglia, tendo l’orecchio per capire dove sia Nicola. L’ingresso, che apre su un unico spazio tra cucina e salotto, è silenzioso, ma dopo pochi passi in direzione della camera da letto, capisco che è in doccia. Mi affaccio oltre la porta socchiusa e osservo a lungo la sagoma del suo corpo attraverso le vetrate opache, poi entro in camera da letto quasi controvoglia, neanche avessi delle catene ai piedi, e mi lascio cadere sul morbido piumone. Sconforto, questo provo. Ma perché?
Il giorno dopo, Nicola mi saluta mentre esce per andare a incontrare gli amici prima della cena a casa dei suoi genitori e mi ricorda di essere pronta per le sei. Io annuisco e gli regalo un gran sorriso, poi mi apposto alla finestra e attendo che svolti allo stop in fondo alla strada per correre in camera e spogliarmi. Cerco la foto nel cellulare che appoggio sul comodino e mi sdraio a pancia in giù. Dopo pochi minuti, sto lavando le mani, energicamente. Quando le annuso, voglio che sappiano solo di Erbe Mediterranee come dice l’etichetta sul flacone di finta ceramica.
La cena è divina, come sempre. La madre di Nicola è una tenera impicciona, curiosa di sapere se metteremo mai un bimbo in cantiere, ma devo riconoscere che è una magnifica cuoca. Il padre, invece, mi diverte ogni volta con buffi aneddoti mentre continua a versare vino nel mio bicchiere. Il tempo che trascorro con loro, anche se è tutta finzione, è davvero piacevole. A volte mi sento in colpa a essere legata a Nicola solo per denaro, però fa parte del nostro accordo.
Sono le due del mattino quando apro gli occhi. Il sonno va e viene come una porta scorrevole. Mi siedo sul bordo del letto, amareggiata. Mi rendo conto che non sapere, a volte, è meglio di sapere. Recupero un pacchetto di sigarette nascosto in un cassetto, sotto una pila di canottiere. Nicola non vuole che fumi: è una delle regole che abbiamo stabilito. Ho tenuto quel pacchetto per tre anni, con la promessa di fumare solo se l’accordo fosse andato “in fumo”. Mi ritrovo a sorridere in modo inquietante, come chi ha perso completamente il senno. Esco in terrazzo e mi appoggio alla ringhiera, aspirando forte. Fisso la strada, i palazzi attorno, la città che dorme: a quanto pare solo io sono sveglia. E ripenso alla cena e al momento in cui Nicola mi ha avvolto all’improvviso in un abbraccio. La mia testa contro il suo petto, sentivo il dolce suono dei suoi battiti. Già solo così potevo considerarmi all’apice della felicità, poi c’è stato un bacio. Non accadeva da diverso tempo. Le sue morbide labbra hanno toccato le mie e per un istante ho percepito la sua lingua. Se fossi stata di cera, mi sarei lentamente sciolta tra le sue braccia e sarei morta felice. Qualcosa, però, mi fa pensare che mentre mi baciava, i suoi pensieri fossero diretti a un’altra persona, probabilmente il ragazzo della foto, e che quella scena da principe azzurro che bacia la sua amata, fosse solo un contentino per la madre.
Ritorno con la mente a qualche giorno prima. Mi rivedo mentre salgo in ascensore fino al sesto piano. Cammino lungo il corridoio dalle pareti color crema. Apro la porta del nostro appartamento e ad accogliermi c’è solo il silenzio. Cammino fino alla camera da letto e quando spalanco la porta socchiusa, li vedo. Nicola e uno sconosciuto giacciono nudi sul letto dove io dormirò tra qualche ora. Una parte di me viene colta da una strana fitta al petto: è questo ciò che si prova quando un cuore si spezza? La parte più razionale, invece, si siede sulla poltrona accanto al letto e osserva quella scena senza dire una parola. Nudi, sudati, respirano quasi all’unisono e io non riesco a staccare loro gli occhi di dosso. Quei corpi intrecciati, il movimento impercettibile dei loro respiri, la serenità che traspare dal loro abbraccio: mi sento come se avessi trovato riparo dopo una terribile tempesta, sapendo che, in realtà, il peggio deve ancora arrivare. Prendo in mano il cellulare e scatto una foto, ma scopro presto di aver ripreso solo un dettaglio. Non ho modo di farne una migliore, perché Nicola si muove e io, spaventata, sguscio fuori dalla stanza in punta di piedi, esco di casa, salgo in auto e ci rimango fino a quando lo sconosciuto non se ne va.
Do l’ultimo tiro alla sigaretta e poi la getto nel vuoto: fanculo l’ambiente. Ho il cuore a pezzi, ora lo so. Chi l’avrebbe immaginato che sarebbe successo? Tre anni prima un incontro fortuito con Nicola mi aveva liberato da una situazione disperata: mangiavo cibo in scatola e passavo notti quasi insonni su divani di persone sconosciute. Ora recitavo il ruolo di compagna amorevole e divertente davanti a parenti, amici e colleghi; nel privato potevo fare ciò che volevo, ma con molta discrezione. E soprattutto, dovevo mantenere il suo segreto. La mia ricompensa? Una vita agiata. Sorrido di nuovo, ma questa volta con dispiacere. Forse avrebbe dovuto specificare nell’accordo di non innamorarmi mai di lui?
Rientro in camera, dopo aver lavato bene i denti e usato il collutorio, poi mi sdraio accanto a lui. Penso alla foto peccaminosa, immagino di essere io lo sconosciuto. Infilo una mano nelle mutande, appoggio la testa contro la schiena di Nicola e all’apice dell’eccitazione sussurro: «Ti amo», poi mi alzo e lavo le mani, energicamente, così che sappiano solo di Erbe Mediterranee come dice l’etichetta sul flacone di finta ceramica.
FINE
Curiosità sul racconto
Racconto vincitore del contest indetto dalla rivista BIRò. Da una fotografia nasce un racconto con una vena drammatica che segue le emozioni della protagonista la quale si ritrova a osservare uno scatto rubato che mette in crisi la sua perfetta vita.
Una vita che a quanto pare non le appartiene.