La sfilata stava per iniziare.
Ripassavo nella mente il programma, sperando che ogni cosa fosse in perfetto ordine. Eravamo in anticipo di dieci minuti, cosa alquanto insolita per eventi del genere, e ciò non faceva che accrescere la mia ansia. Avevamo la orato sodo per il lancio della nuova linea e non era stato facile: non potevamo permetterci nemmeno un errore. Ognuno era al proprio posto. Make-up artist e parrucchieri si affrettavano a dare gli ultimi ritocchi alle modelle. Il fotografo immortalava ogni movimento nel backstage.

Morris, il nostro stylist, stava ripassando dal suo iPad le varie uscite. Le vestiariste, invece, discutevano animata mente riguardo ai rispettivi compiti. Mi precipitai da loro. Consultai la scaletta che mi ero preparata, poi le chiamai una alla volta.
«Gina?»
«Presente».
«Sammy?»
«Presente».
«Emma?», dissi nel notare la sua assenza. Emma, dove sei? pensai. Non era al suo posto, eppure l’avevo intravista pochi minuti prima.
«Dov’è Emma?», chiesi quasi sotto voce mentre mi guardavo attorno, avvertendo uno strano brivido lungo la schiena. Mi ero già allontanata alla sua ricerca, quando Sammy attirò la mia attenzione. «Stavamo sistemando gli accessori e ci siamo accorte che in un fermaglio mancavano alcune perle. Abbiamo cominciato a discutere tra di noi, poi abbia mo notato che quel fermaglio non va con questi capi». Indicò un carrellino.
Rimasi in silenzio per qualche istante, poi ripre si a chiamare Emma, camminando su e giù per la stan za in cui eravamo riuniti in attesa dell’inizio della sfilata. Potevo sentire la voce di Morris alle mie spalle, ma era ormai una lontana eco. Le ragazze non sembravano darmi retta. Perché nessuno la cercava con me? Perché nessuno mi veniva incontro? Non potevamo iniziare se ognuno non era dove avrebbe dovuto essere, tutti avevano un compito preciso. Dovevo trovarla, ma soprattutto dovevo parlarle e dirle la verità. Uscii dal backstage e percorsi un lungo corridoio, chiamando il suo nome.
Dove ti sei cacciata, Emma?