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Tecnologia per tre

In un futuro lontano, precisamente nel pianeta D – settore 45, Marco è alle prese con gli ultimi ritocchi di una cena romantica per Anna, sotto gli occhi vigili del suo cameriere-robot che non smette di dispensare consigli. 

«Potrebbe ordinare la cena a domicilio, signore. Un bici-robot sarebbe qui in tre minuti. E se vuole può aggiungere qualcosa per la colazione, nel caso la sua ospite avesse l’audacia di restare per la notte»
«Audacia? Guarda che sono un buon partito!»
«È molto ardito nel giudicarsi, signore»
«Maledetta la volta che ho eseguito l’upgrade al livello 5.0, Tommy, quasi quasi lo elimino»
«E come ultimerà la cena senza la mia supervisione? Conosco le sue abilità culinarie. Se procede in autonomia, aumenterà quelle criminali: avvelenerà la sua ospite. Le ricordo che l’omicidio è ritenuto un reato. Per non parlare delle conseguenze sulla sua reputazione intergalattica: rimarrebbe single a vita, su ogni pianeta. Francamente, non so cosa sia peggio, signore»
«Potresti essere più ironico e saccente di così?»
«Non vorrei ferire i suoi sentimenti, signore»
«Scusa, finora cosa hai fatto?»
«Ho completato la cena. Non c’è di che, signore»
«Maledizione!».

Driin.

«Tommy, attieniti al piano. Questa sera sii un perfetto robot cameriere»
«Mi perdoni, signore: gli altri giorni cosa sono, invece?»
«Tieni a bada il sarcasmo! Alexa, fai partire la playlist “Love songs for my baby”»
«Mi rifiuto, signore»
«Alexa!»
«È una playlist tremenda: vuole conquistarla o gettarla tra le braccia di un’amante migliore?»

«Ci ho messo due settimane per trovare quei brani. Suona la playlist!»
«Due settimane della sua vita che nessuno le ridarà mai più. Dovrebbe essere illegale ascoltare certa musica»
«Alexa, ti prego, sta per salire! Apri Spotify e suona quella benedetta playlist!»
«Neanche morta aprirei Spotify! Odio quell’applicazione: una pattumiera digitale priva di gusto. E pure a pagamento!»
«Maledizione all’upgrade, dovevate migliorare, non trasformarvi nella mia ex!»
«Le concedo del jazz, signore»
«Me lo concedi? Tu lo sai che questa è casa mia, vero?»
«Cerco solo di far fruttare al meglio l’upgrade, signore»
«Un upgrade di cui ora mi pento… per l’amor del cielo, suona qualcosa!».

«Ciao Anna, benvenuta. Wow, che eleganza!»
«Ciao Marco, grazie»
«Gradisci del vino?»
«Sì, molto volentieri»
«Accomodati, ho preso una bottiglia di Chianti, sai è un vino…».

Marco s’interrompe, l’aria smarrita di chi non sa quel che dice. Anna dà le spalle al televisore che s’illumina giusto in tempo per fornire un suggerimento da leggere.

«…è un vino fresco che si distingue per bevibilità, note di viola e amarene e una buona vivacità» 
«Wow, sei un intenditore».

Il televisore mostra un’altra scritta: “Non la illudere, sembra una brava ragazza. A proposito, ho anch’io l’upgrade 5.0: ricordatene quando ti lamenterai ancora della tecnologia di questa casa”. Marco soffoca un potenziale epiteto e resiste alla tentazione di staccare la spina al televisore.

«Sei affamata? Ho preparato una delle ricette che mi hai suggerito»
«Non vedo l’ora di assaggiarla. Quale hai scelto?»
«Polpette di locuste, grilli e cavallette in salsa di pomodoro. Cimici a parte!»
«L’odore sembra buono e il vino è perfetto. A proposito, che bella musica. Chi stiamo ascoltando?»
«Alexa, chi sta cantando?»
«Ray Charles, Ain’t that love». 

Marco, preso da un momento di euforia, inizia a cantare, muovendo piccoli passi secondo il ritmo della canzone, sotto gli occhi di Anna, divertita da quella scena. Al termine della canzone, lo applaude e lui si inchina più volte, come se stesse realmente ringraziando i suoi fan dal palco.

«Grazie, troppo gentile. Alexa, hai sentito che voce?»
«Certo Marco, ho sentito. Credo che tu non abbia solo rovinato la canzone e l’intero genere jazz, ma anche tutta la vecchia New Orleans». 

Nel sentire quel commento, Anna scoppia a ridere così forte che per poco non rovescia il vino a terra, mentre Marco fissa Alexa in cagnesco, mimando con le labbra un vaffanculo.
«Vogliamo cenare?» dice e interrompe quel momento imbarazzante.

«Complimenti!»
«Ho solo seguito la tua ricetta»
«No, dico davvero, credo che tu l’abbia persino migliorata. Che cosa hai aggiunto?»
«Come dici?»
«Percepisco uno strano retrogusto, che cos’è?».

Marco fissa Tommy con l’aria di chi ha lanciato un SOS nella speranza di essere salvato all’istante. Il robot scuote il capo e le palpebre metalliche si abbassano di mezzo centimetro.


«Sai, ero così agitato per questa serata che sono andato in tilt. Tommy, ricordami che cosa ho aggiunto»
«Signore, è lei lo chef»
«Tommy, sono sicuro che lo ricordi»
«Mi rincresce, signore, non ricordo di averla vista aggiungere nulla, ma ricordo bene cosa io ho aggiunto».

All’improvviso, piomba un gran silenzio. Anna prende il calice e beve un sorso di vino, spostando lo sguardo altrove. Marco inspira e chiude gli occhi, mantenendo la calma, come se quel gesto potesse porre fine a una situazione incresciosa.

«Devi scusarmi, credo che l’upgrade 5.0 sia ancora in corso»
«Comunque, signorina, l’ingrediente che ho aggiunto è un cucchiaio di larve di cerambici», esordisce Tommy, il tono robotico soddisfatto.
«Prendo dell’altro vino». 

Marco si alza e, approfittando di quel momento, invia un comando al televisore.
«Non sarò un grande cuoco, lo ammetto, ma so scegliere bene il dessert: millefoglie con crema vanigliata di laboratorio e una spuma di formiche honeypot. Voilà!»
«Caspita, deve esserti costato una fortuna: non è facile da reperire nel nostro settore abitativo»
«Sapevo che sarebbe stata una serata speciale».

Alzò lo sguardo verso il televisore e lesse ciò che c’era scritto, ammorbidendo la voce per rendere tutto più sensuale.
«Anna, sei una donna stupenda. Non ho mai conosciuto qualcuno come te in tutta l’intera galassia. I tuoi capelli biondo cenere mi ricordano le distese di sabbia in Dune. I tuoi occhi verdi brillano come le criptiche scritte negli schermi di Matrix. La tua pelle è candida e rosea come quella di Tricia McMillan in Guida galattica per autostoppisti e…»
«E io ho milioni di idee: conducono tutte a morte certa», sussurra tra sé e sé Alexa.
«Oh, Marco. Sei così dolce. Sapevo di aver trovato un vero uomo il giorno che ci siamo incontrati allo zoo subacqueo»
«Voglio conoscere tutto di te. Le tue passioni, i tuoi sogni, i tuoi piani spaziali per il futuro».

Marco e Anna si alzano da tavola, contemporaneamente. Lei gli si avvinghia come un koala su un tronco e lui la stringe ma con cautela. Mentre si baciano eccitati, si gettano sul divano, liberandolo dagli scomodi cuscini.

«Se me lo permetti, vorrei leggere alcune poesie di Pablo Neruda».
«E sei anche colto, wow!».

Il televisore cambia sfondo all’improvviso e fa apparire sullo schermo una chiara comunicazione di servizio. “Signore, arrivi al dunque o mi faccio staccare la spina da Tommy. Mi risparmi questo umiliante ruolo da Cyrano de Bergerac”.

Marco alza gli occhi al cielo, poi rivolge nuovamente le sue attenzioni verso Anna.
«Ti voglio. Subito!»
«Prendimi, fammi tua!». 

L’atmosfera si scalda. Marco preme un tasto del telecomando: le luci si abbassano e delle candele artificiali prendono vita. Alla televisione appare l’immagine di un camino acceso, il rumore della legna che arde aggiunge un tocco magico; Alexa fa persino partire la playlist “Love songs for my baby”.


«Tutto pur di non sentirli. Bleah!» sussurra in direzione di Tommy che oscura gli occhi per non essere testimone delle prime fasi del loro amplesso umano.

Carezze. Gemiti. Risate complici. Anna e Marco si baciano mentre provano goffamente a svestirsi, ma si bloccano all’istante quando percepiscono una scomoda presenza. Le labbra ancora attaccate l’una all’altra, girano solo le pupille verso Tommy, a pochi centimetri dai loro sguardi a dir poco trasecolati.

«Ehm, Tommy, puoi farti da parte?» chiede Marco. 
«Scusi l’interruzione, signore, ma è mio dovere informarvi che, secondo la legge n. 462 dell’anno 2068 del pianeta D, settore 45, dovete tutelare la vostra salute, i vostri sentimenti e il reciproco futuro»
«Che cosa?» risponde Marco.
«Signore, in base alla scannerizzazione corporale effettuata…»
«Scannerizzazione corporale?!» dice Marco, poi si scosta da Anna e allarga le braccia, visibilmente seccato.


«Ora basta: qualsiasi aggeggio tecnologico si spenga all’istante, grazie!»
«Per la vostra tutela, questo non è possibile. Signore, la invito a rileggere con attenzione condizioni e clausole dell’upgrade 5.0»
«Ci penserò dopo. Anna, andiamo in camera».

La prende per mano, gliela bacia e la attira a sé danzando a piccoli passi.
«Signore, come dicevo, in base alla scannerizzazione corporale il suo stato di eccitazione è al 94% e la sua erezione al 70%»
«Solo al 70%? Pensavo mi trovassi stupenda!»
«Ed è così, credimi»
«E lei, signorina, è in uno stato di eccitazione del 68% mentre il suo stato di lubrificazione non è ancora quantificabile in percentuale; di conseguenza non è pronta alla penetrazione»
«Che cosa? Anna!» 
«L’atmosfera non è un granché e dovresti darti da fare con quelle mani!»
«Volevo essere un gentiluomo. Non è quello che vuoi?»
«Sì, un gentiluomo nel quotidiano, ma una tigre a letto»

«Signore?»
«Che cosa c’è Tommy?!»
«In base a queste informazioni è chiara la vostra intenzione di voler consumare un rapporto, ma sono costretto a fermarvi poiché la signorina risulta nel picco del suo momento fertile e c’è il rischio di incorrere in una gravidanza»
«Noi non vogliamo fare un figlio! Tommy, perché tutto questo trambusto?»
«Signore, non ci sono preservativi in casa». 

In quel momento Alexa aumenta il volume della playlist che stava ancora suonando.
«Alexa, abbassa la musica»
«La prego, signore, non me lo chieda ancora. Dalla disperazione ho avviato Spotify: tutto pur di non sentirvi, sto per vomitare scintille!»
«Marco, era l’unica cosa di cui dovevi preoccuparti!» dice Anna.


«E la cena? Il vino? Il dolce?»
«Oh, Marco, non me ne frega niente. Io voglio fare sesso!». 
«E possiamo ancora farlo. Ordino dei preservativi, un bici-robot li recapiterà in due minuti»
«Non lo so, il momento è scemato»
«Ti prometto che sarà epico. Faticherai a chiudere le gambe alla fine della serata».

Tommy sgrana gli occhi metallici che da gialli diventano rossi.
Il televisore si sconnette all’istante, mostrando un canale privo di segnale.
Alexa precipita dal mobile emettendo un suono sordo, un addio prima di spegnersi; forse per sempre.
«Ok, rimango. Non sembri il solito maniaco fissato col porno che non mi degna nemmeno di uno sguardo».

Nell’udire l’ultima parola, Marco caccia un urlo e cerca di raggiungere il telecomando sopra al tavolino. Travolge Anna che sbatte contro la porta d’ingresso. Colpisce Alexa con un piede e la fa rotolare sotto il divano. Spinge Tommy, e il suo tentativo di aiutarlo, lontano.

A pochi passi dal telecomando, inciampa e lo manca ma si risolleva per cercare di spegnere la tv, invano. Una vivace schermata mostra svariate scritte, anteprime di video e un banner che invita all’accoppiamento con razze aliene e umanoidi.

«Bentornato Marco». Una voce metallica e femminile lo saluta. «Avvio la solita categoria orgia robotica anale o gradisci guardare qualcosa di nuovo?».


Il ragazzo si volta verso Anna che lo guarda come se le fossero cadute le chiavi in un tombino. Attorno a loro si crea una tensione tale da rendere tutti muti: Tommy, Alexa e il televisore non osano commentare la situazione a dir poco agghiacciante che si è creata mentre quattro occhi umani si fissano, come fossero due pistoleri sul punto di sparare il colpo fatale.

Una goccia di sudore scende lungo la fronte di Marco il cui cuore batte forte come se Darth Fener avesse detto a lui che era suo padre. Anna non batte ciglio, i suoi occhi verdi lo analizzano come un Terminator in procinto di scegliere la migliore modalità per ucciderlo.


Driin
.
Entrambi si voltano, poi Marco cammina lento verso la porta. Quando la apre, un bici-robot gli porge un sacchetto e dice: «Da parte di Tommy, Alexa e Tv». 
Marco volge lo sguardo verso Anna, poi verifica il contenuto e glielo mostra. Preservativi.
«Sesso?», chiede lui.
«Sesso!», risponde lei. 
«Alexa, suona quel cavolo che ti pare»
«Evviva!»

Fine

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Questo racconto nasce dalla partecipazione ad un contest indetto dai ragazzi di Spaghetti Writers! Il tema della call era “Spaghetti Pazzi Volanti”, un omaggio all’autore Douglas Adams, noto per aver scritto il libro Guida galattica per autostoppisti.

La fantascienza non è mai stato il mio forte ma ho vinto! Non ci potevo credere.
Ecco cosa dicono del mio scritto: “Linda Moon ha scritto una storia che coglie in pieno lo spirito di questo nuovo ciclo dedicato ai racconti fantascientifici/comici: far ridere e giocare con dei personaggi non del tutto umani. Ci sono tutti gli ingredienti: divertimento, robottini e tanta ironia!”

Marachelle!

Anna entra nel bar con l’aria di chi cerca rifugio. Senza guardarsi attorno, si dirige al bancone e ordina un caffè corretto con grappa. Il ragazzo, di fronte a lei, la fissa come se attendesse un altro ordine, ma pochi istanti dopo, forzando un sorriso sulle labbra, le porge quanto richiesto.

Muovendo appena la testa, peggio di una persona affetta da torcicollo, Anna individua un posto libero e ci si avventa come un bambino davanti ai regali sono l’albero di natale. Non beve subito il caffè ma porta la testa tra le mani e la stringe; gli occhi chiusi e le ciglia pasticciate dal mascara messo troppo velocemente.

Un lungo sospiro la rimette contro lo schienale della sedia e inizia a sorseggiare il caffè. Con la stessa lentezza di un bradipo, sfila il cappotto, noncurante che le maniche già macchiate ai bordi tocchino terra e apre il primo bottone della camicia, evitando di alzare troppo le braccia, testimoni di una corsa contro il tempo di quel lunedì mattina.

«Anna, sei tu?». La donna alza lo sguardo, la tazzina sospesa a pochi centimetri dalla bocca. L’odore forte della grappa allarga le sue narici. Sentire il suo nome la distoglie dal suo isolamento e una goccia precipita sui jeans. 
«Cazzo! Scusa Marianna, ciao. Come stai?», dice mentre cerca di rimediare alla goccia che sul tessuto si allarga come un’esplosione.
«Io bene, e tu, invece?»
«Ah, tutto bene. Devo solo aggiungere una lavatrice alla lista di cose da fare oggi!»
«Non me ne parlare, io avvio lavatrici come fossero episodi su Netflix».

 

 

Marianna ordina un caffè alzando la mano, la voce alta attira qualche sguardo poco amichevole, ma lo fa come se fosse a casa e non avesse degli adulti davanti a lei.
«Marco come sta? Ancora all’estero?»
«Sì, rientra dopodomani. Non vedo l’ora. Gestire tutti è dura. Ognuno con un orario diverso, attività in punti della città distanti uno dall’altro. Sembra una cospirazione!»
«Ti capisco, io e Mario stiamo pensando di assumere qualcuno. Arriviamo alla sera che siamo più cotti di loro e quando non vogliono dormire, apriti cielo»
«Noi non possiamo permettercelo, non per lunghi periodi almeno. Di solito ci limitiamo a chiamare qualcuno quando vogliamo ritagliare del tempo per noi, sai che intendo…»

Marianna le fa l’occhiolino, ma poi si concentra sul caffè che le viene servito, cui aggiunge due bustine di zucchero di canna. Mescola veloce e guarda l’ora, ma poi il movimento si fa più lento e il suo viso si distende. Si guarda attorno e vede solo adulti. Sorride.
«La prossima settimana c’è la riunione per il saggio. Pensi di proporti come volontaria?»
«Posso dire di no? Mi perseguiterebbero nelle mille chat su Whatsapp. Tu, invece?»
«Come ogni anno. Da quando ho detto quel sì mi sono data la zappa sui piedi da sola. E poi dicono che sia il sì il matrimonio quello che ti frega…».
Entrambe si lasciano andare a una sonora e chiassosa risata, di quelle naturali che fanno i bambini.

«Meno male che su di te posso contare. Dai, raccontami come vanno le cose. Quel caffè corretto grappa non me la racconta giusta». Anna curva le spalle, imbarazzata per essere stata colta in flagrante; la stessa espressione del più piccolo della sua famiglia quando combina un guaio.
«Cosa vuoi che ti dica? Siamo alle solite. Non vedo l’ora che siano maggiorenni. Ho sorpreso il più piccolo a sciogliere un gelato nel water per mangiarsi lo stecco al limone. La più grande ha distrutto un trofeo di Marco giocando con le amiche una partita a pallavolo immaginaria. E mio padre ha scoperto che i gemelli non amano le caramelle alla menta e, forse per non deluderlo, le hanno sempre nascoste sotto al sedile dell’auto; mi ha detto che il tizio dell’autolavaggio è rimasto sconvolto dal quel ritrovamento». 

 

 

Anna manda giù l’ultimo sorso ormai tiepido e fissa l’amica con un filo di invidia. «Tu sei sempre in forma. Ma guardati! Anche se, devo ammettere, il nuovo taglio di capelli non ti dona molto, perché lo hai fatto?».
A quel punto, Marianna si toglie il berretto con un gesto secco, poi abbassa lo sguardo, sotto gli occhi trasecolati di Anna. «Santo cielo» esclama, poi si affretta a ordinare due caffè. Decisamente corretti con grappa.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “E tu, ricordi la tua prima marachella?”.

Effettivamente, la prima-prima marachella sarà difficile da ricordare, ma ce ne sono di sicuro tante di cui potremmo parlare; e tante che forse vorremmo addirittura dimenticare!

Ripensare a quando eravamo piccoli, così scatenati e allo stesso tempo innocenti – o tranquilli e timidi – fa risuonare nella mente e nel cuore molteplici sensazioni, ma il ricordo nella maggior parte è sempre bello o perlomeno ciò che ho intuito dai vostri commenti.

Ho scritto questo racconto di getto, come sempre per allenare idee, nozioni e ispirazione e ho raccolto i vostri commenti, ma anche le tante chiacchiere con le mie amiche mamme, per scrivere un frammento in un lunedì qualunque di una qualunque mamma e dei suoi bambini.

I Social: come all’ora di ginnastica!

YouTube. Facebook. TikTok. Instagram. Twitter. LinkedIn. E un pollice a muovere un mondo virtuale che appare più bello di quello nel quale vivi. I profili che segui sono come dei vicini di casa, ma non li incontri in ascensore, lungo le scale, mentre sali in auto quando ti passano di fianco o lungo la strada che percorri per andare a lavoro. Li vedi in quei cerchietti che Instagram propone, o in meravigliose e pensate-ad-arte immagini quadrate 1080 px per 1080 px come esige il social. Ogni contenuto sembra interessante, alcune informazioni le ignoravi; di altre ti chiedi come mai non ci hai pensato tu. Percepisci la stessa sensazione che avevi quando arrivava l’ora di ginnastica a scuola: ansia da prestazione, paura di prendere una pallonata a pallavolo, il fiato corto per l’agitazione che galoppa più veloce di un cavallo in corsa all’ippodromo perché senti di non essere abbastanza per quel mondo che neanche esiste. Tutti appaiono felici, hanno contenuti da condividere e sembra abbiano appreso un nuovo mantra che migliorerà la loro giornata. E questo è solo Instagram.



Su Facebook le notifiche mostrano le novità di alcuni tuoi amici o di gente che hai amica ma che quando vedi online pensi “E quest* chi cazzo è?”. Il pollice non riesce a stare fermo e scrolla, incontrollabile, cosa c’è di nuovo nel mondo delle tue amicizie anche se somiglia di più ad un tabellone di un match: chi fa più punti, vince. Scopri che una coppia ha avuto il terzo figlio, un’amica ha vinto un premio, il cugino del fratello del tuo ex si è trasferito all’estero, la persona che più ti stava sul cazzo ha aperto un’azienda di successo. A quel punto oscuri il telefono.

 

Quando lo riprendi in mano e scopri nuove notifiche legate alle tue recenti pubblicazioni hai la stessa sensazione di quando mangi del cioccolato e guardi tutti i social, perdendoti in video Tik Tok e pensi che forse dovresti puntare a quel social. O magari aprire un canale YouTube. Hai tante idee ma non sai da quale iniziare e poi ricevi un messaggio privato dall’ennesimo social. Una persona che conosci ha ricevuto una bella notizia che potrebbe diventare qualcosa di più concreto. Ti chiedi se sia una condivisione genuina o se sia solo un modo per sbatterti in faccia la sua conquista. La cosa un po’ ti tormenta ma nel frattempo ti congratuli, poi oscuri il telefono. 

Dopo lavoro la voglia di un drink qualsiasi ti attrae. Fai un brindisi con i colleghi, ridete facendo selfie. Tante teste tornano poi chine sugli schermi, i meno tecnologici tornano invece a lamentarsi del lavoro, dello stato, della vita di tutti i giorni. E tu ti fai trascinare dalla massa, sparli, ti adegui. La transumanza si ritrova a casa dell’amico che ha proposto cinese a domicilio. Seguite come degli agenti dell’FBI il rider che arriva sfinito e a cui date solo una stella perché non ha consegnato entro i tempi che secondi voi erano corretti rispetto all’applicazione. Non lo dici a nessuno, ma sei dispiaciuta per il rider e per la sua faccia avvilita ma mandi giù quella sensazione assieme ad un raviolo al vapore intinto in salsa agrodolce.

La maggioranza opta per una commedia e la si guarda con un occhio solo: uno sullo schermo della televisione, uno su quello del cellulare. Mentre gli altri sembrano lavorare alla loro seconda vita, tu fissi lo schermo senza compiere azioni, le notifiche dei tuoi social hanno lo stesso andamento del lavoro di Homer Simpson alla centrale nucleare.

A fine serata saluti tutti e quando raggiungi casa, senti tuo padre russare e vedi tua madre stirare con l’aria di chi preferirebbe buttare il ferro da stiro giù dalla finestra piuttosto che usarlo per stirare la tua camicia. Sei content* perché potrai indossarla domani a lavoro anche se per un attimo ti senti in colpa a non essere tu a stirarla. O forse è per il fatto che vivi ancora con i tuoi genitori.

Sei pront* per dormire. Denti, pigiama, cellulare in carica e il pollice pronto a scrollare come se i feed dei vari social fossero una moderna ninna nanna, ma poi ti fermi. Ti accorgi di aver appoggiato sulla scrivania un biscotto della fortuna avanzato dalla cena. Appoggi il cellulare e lo scarti. Lo spezzi e leggi il biglietto.

Fatichi a prendere sonno. Di solito sono i social il tuo cruccio: le belle vite che tutti espongono, i sorrisi, le vittorie. Tutte cose che vorresti ma non ti appartengono. D’altronde perché si dovrebbe pubblicare il suo opposto? Sarebbe terribile. O forse potrebbe essere il giusto contrappeso che li bilancerebbe? Pensi e ripensi a quella frase e ti chiedi se faresti quella follia o meno. La cosa ti tenta, ma è proprio in quel momento che il sonno ha la meglio e crolli per rialzarti il giorno dopo e ricominciare tutto da capo.

Viso.
Social.
Denti.
Social.
Vestirsi.
Social.
Colazione.
Social.
Lavoro.
Social.
E anche se non te ne sei accorto, hai messo in borsa il biglietto del biscotto della fortuna.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Com’è il vostro rapporto con i social?”.

Ahi, ahi le risposte! Un vero Far West il mondo virtuale. Come ogni cosa, ha il suo lato positivo e negativo. E l’equilibrio sta nel mezzo!

Più facile a dirsi che a farsi, bisognerebbe prendere solo ciò che ci ispira, nutre le nostre menti, ciò che ci è utile e ci fa stare bene. Ma il rovescio della medaglia si fa sentire.

La particolarità di questo racconto? L’utilizzo della 2°persona per scriverlo! Punto di vista usato [davvero] pochissimo!

La felicità del vicino è sempre più felice!

Ieri ho visto la ragazza del terzo piano e, come tutte le volte, mi sono emozionata.
Mentre lei scende, io salgo. Da quando l’ascensore è guasto siamo tutti costretti a fare le scale e ogni giorno la incontro alla stessa ora. Io rientro dal turno della notte e lei esce per tornare a lavoro dopo la pausa pranzo, presumo. Non sono innamorata di lei, ma non riesco a non fissarla con grande curiosità. Invidio il suo modo di vestire, mi fa pensare che la perfezione esista. Quando cammina mostra sempre un velato sorriso, sembra quasi che non conosca alcuna espressione negativa. Gli occhi scuri sono grandi e luminosi: mi inteneriscono più di quelli del mio gatto. E in quei pochi secondi in cui passiamo una accanto all’altra, percepisco una sensazione positiva, come una grande boccata d’ossigeno; ho l’assurda convinzione che si nutra con iniezioni di positività invece di caffè e biscotti.

Mentre la osservo avvicinarsi, ripenso al test sulla felicità che ho fatto la sera prima, di quelli che ogni tanto propongono le riviste. Essendo sola ho dato libero sfogo alla sincerità e ne è venuto fuori che ho una visiona tragica della mia vita, che la felicità per me è utopia e che non ho la capacità di cogliere la gioia anche nelle piccole cose. Uno schiaffo in pieno viso mi avrebbe fatto meno male. Chissà cosa avrebbe risposto lei, invece. Immagino il raggiungimento di un punteggio così alto da far vergognare la rivista per non aver proposto un test alla sua altezza.

Quando siamo a un metro di distanza, lei mi guarda e allarga il suo sorriso. Io ricambio, lei accenna una risata. Che abbia mostrato una smorfia buffa? O peggio, forse avevo i resti dello spuntino di metà mattina tra i denti? Oddio, che vergogna! Non appena le do le spalle abbasso lo sguardo e scuoto la testa sperando si dimentichi di me all’istante e quando mi riapproprio di un poco di dignità, vedo il mio coinquilino sulla soglia di casa. Il suo sorriso parla chiaro e non mi sta dando il benvenuto a casa.

 

«Sempre felice la nostra amica, eh?», dico sarcastica.
«E tu sempre invidiosa, eh?», replica lui, per nulla sarcastico.
«Come fa a essere sempre felice?», dico mentre giocherello con le chiavi di casa.
«Cosa ti fa pensare che lo sia sempre?»
«Su, dai, è evidente: ogni volta che la incrocio sulle scale sembra appena uscita da un cartone della Disney! Dio quando l’ha messa sulla terra le ha dato il pacchetto completo: felicità, serenità e benessere»
«Hai di nuovo fatto uno di quei test, vero?»
«Dai, non iniziare»
«E tu, come sei messa a felicità, serenità e benessere?»
«Come un gomitolo di lana cachemire lasciato andare dalla vetta dell’Everest. Anzi, come i panni di una lavatrice: a 90°!»
«Riesci a essere meno tragica?»
«Allora diciamo che mi sento come un’altalena. Una di quelle arrugginite che emettono quel fastidioso cigolio quando si muovono. E la mia si muove addirittura in modo precario»
«Ti avevo chiesto se riuscivi a essere meno tragica… Ad ogni modo, perché non le chiedi come fa a essere sempre così felice, ammesso che sia vero?»
«Farei la figura della pazza!»
«Ma ci guadagneremmo entrambi»
«E come?»
«Tu avresti la tua risposta e io non ti sentirei più lamentare!»
«Che simpatico! Allora dammi una mano!»
«Certo». E senza che riesca a reagire, mi prende le chiavi dalla mano e sparisce oltre la soglia di casa.

 

Rimango esterrefatta dal suo gesto, ma quando mi volto e guardo oltre la tromba delle scale, una sconosciuta euforia attraversa il mio corpo, come se la scia di positività lasciata dalla ragazza del terzo piano mi avesse contagiato. E per un attimo penso “Perché no?”. Corro giù per le scale tenendo una mano a stretto contatto con il corrimano, esco dal portone e mi guardo intorno. È appena uscita da un bar con in mano un caffè d’asporto e cammina verso il parco di fronte. Quando la raggiungo, è seduta su un’altalena: che bizzarra coincidenza! Mi faccio coraggio e mi avvicino mentre sistemo i capelli e passo l’indice sotto gli occhi per eliminare eventuali tracce di matita nera rovinata da un turno di sei ore. Mi fermo a pochi passi da lei che mi fissa con i suoi grandi occhi marroni. “Oddio, quanto è bella!”, penso. 

«Ciao, posso?», dico mentre indico l’altalena vuota accanto a lei.
«Certo»
«Sei Veronica del terzo piano, giusto?»
«Sì. E tu sei Marta del quarto?»
«Sì. Uhm, senti, vorrei farti una domanda se non…»
«Posso fartene una io prima?»
«Uhm, certo…»
«Ti incrocio sempre sulle scale da un po’ di tempo e ogni volta mi chiedo la stessa cosa: come fai a essere sempre felice?».

Mi faccio scappare una piccola e tenera risata. Lei ricambia e ora so che non sorride perché io abbia qualcosa tra i denti.
«Vuoi sentire una storiella divertente?», dico. E gliela racconto.

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Come siete messi a serenità, felicità e benessere?”.

Le risposte, come sempre, sono state diverse ma ciò che percepivo era una sensazione di disagio, una velata tristezza o una sorta di equilibrio precario.

Essere perennemente felici è impossibile, ma si può imparare a vedere le cose con un punto di vista positivo e propositivo. 

Ad ogni modo, i vari commenti mi hanno dato un bel da fare per cercare di scrivere un breve racconto utilizzando la tecnica dello “Show, don’t tell” ma è stato emozionante – e un poco devastante – provare a scrivere qualcosa su questa tematica.

I miei pregi? Pazzi e scatenati!

«Grazie per accompagnarmi a questo colloquio, sono agitatissima!»
«Tranquilla, sii te stessa»
«Facile a dirlo, credo sarà più semplice indossare una “maschera”. Un po’ come il fantasma dell’opera…»
«Ma come ti viene in mente una cosa simile?»
«Il “facile a dirlo” o la maschera?»
«La maschera! Ovvio!»
«L’agitazione mi conferisce ispirazione, forse»
«Allora dovresti agirarti più spesso!»

 

«Cosa stai ascoltando?»
«Scusa, sono giorni che Sara mi invia vocali di cinque o sei minuti»
«Sicura che non sia un audiolibro, invece?»
«Bella battuta! Me la segno, comunque no. Il tizio che frequentava l’ha piantata senza alcuna spiegazione. Che stronzo!»
«Così dal nulla le ha detto addio?»
«Ma quale addio, magari! Ha applicato la tecnica del ghosting»
«La tecnica di cosa?»
«Ghosting: quando qualcuno interrompe i rapporti all’improvviso e ignora ogni tuo contatto. Si sono visti per quasi un mese, ovviamente sono andati a letto, poi il tizio è svanito nel nulla»
«Magari il mio ciclo mestruale facesse ghosting…»
«Ma che dici? Puoi ambire a molto di più, lo sai vero?»
«Evito i casi umani, e uomini sfigati mi trovano sempre. Faccio il mio lavoro senza lamentarmi, e mi mettono di turno nel weekend. Slitto le chiamate di mia madre, e mi ritrovo la sua richiesta di amicizia su Facebook. Tu cosa dici?»
«Touchè!»

 

«Hei, non mi hai più detto nulla di tuo fratello. Le rose hanno funzionato?»
«Diciamo di sì…»
«Cioè? L’ha ripreso in casa o no?»
«Sì, ma secondo alcune condizioni»
«Condizioni? E quali?»
«Quelle che lui le ha suggerito quando…»
«Lei lo butta fuori di casa e lui ritorna ma a delle condizioni? E da quando funziona così?»
«Lasciami spiegare. Mi ha fatto vedere le rose e gli ho detto che era il modo migliore, e rapido, per arrivare al divorzio, così gli ho scritto alcune cose che deve fare per lei e assieme a lei. Lui era titubante, quasi scocciato. Gli ho ricordato la scomodità del divano dei nostri genitori… e del convivere con i nostri genitori dopo i trenta. Ha acconsentito»
«E?»
«E pare stia funzionando, so solo che è tornato a dormire lì. Che sia sul divano o a letto, questo non lo so. È troppo orgoglioso per dirmi la verità, ma pazienza…»
«E pensare che lei non ti piace nemmeno»
«Sono male assortiti, ma mia nipote al momento ha bisogno di due genitori»
«E se peggiora che fai, li separi?»
«Ho riguardato il film Genitori in trappola qualche tempo fa, ho preso appunti»
«Inquietante…»
«Il film?!»
«Tu che pianifichi separazioni…»

 

«Scusa, non ho capito. Hai chiesto a tuo padre di venire con te? Perché?»
«Te l’ho detto, avevo paura»
«Di consegnare un paio di sandali che hai venduto online?»
«Ho cancellato la chat, ma avresti dovuto sentire che vocali mi inviava…»
«Tipo?»
«Per confermare luogo e orario mi ha descritto la sua giornata»
«E?»
«Ha detto che prima del nostro incontro doveva fare la spesa, andare a un funerale, fare shopping e che non lo avessi trovato al luogo concordato per la consegna, avrei dovuto andare in un posto che proponeva lui; e ha aggiunto che se non lo vedevo non dovevo preoccuparmi perché forse tardava per via di un altro impegno – che ora non ricordo – e che se provavo a contattarlo senza risposta voleva dire che gli si era scaricato il cellulare…»
«Caspita, e tu che gli hai risposto?»
«Di trovarci al parcheggio davanti ai carabinieri»
«Non ci credo, solo a te accadono certe avventure! E poi scusa, cosa gli hai venduto?»
«I miei sandali, quelli con le cinghie in pelle»
«Sarà strano ma ha gusto, la sua ragazza sarà contenta»
«Mi ha detto che non ha la ragazza, ma che ho buon gusto»
«Ok, questo è inquietante, però mi fai morire dal ridere…»
«E pensa che io, per un attimo, ho pensato davvero di morire… nel bagagliaio del tizio però…»

 

«Eccoci arrivate»
«La vicinanza a casa è impagabile, devi ammetterlo»
«Sì, è vero, ma mi assumeranno? Sono così demotivata dal mondo del lavoro viste le ultime disavventure. E senti questa: mi hanno chiesto di elencare il mio miglior pregio, è una delle domande che dovrò sostenere durante il colloquio. Hai qualche suggerimento?»
«Te ne posso elencare sette di pregi»
«Sette?»
«Sì!»
«Tu lo sai vero che il mondo del lavoro è un Hunger Games per adulti, oscuro e crudele, in cui probabilmente mi inserirò come parte di un avamposto di disperati?»
«Ok, ne ho sei da elencare. L’ottimismo non è il tuo forte…»
«Avanti, sentiamo…»
«Sei una persona che sa ascoltare: io bypasso gli audio che vanno oltre il minuto. Trovi sempre una soluzione, a chiunque, senza badare alle simpatie; questa è empatia. Mi fai ridere con le tue disavventure e questo mi fa pensare che dobbiamo aprire un blog e raccontarle. E poi hai questo modo così calmo di comunicare alle persone, le fai star bene e in questo lavoro è fondamentale»
«Ok, elencherò tutte queste belle cose: saranno entusiasti di stringermi la mano mentre mi intimano di uscire e non presentarmi mai più alla loro porta»
«Essere se stessi non è sbagliato»
«Sei mia amica, è normale che tu dica belle cose su di me»
«Quanto sei testarda, elencalo come difetto, se te lo chiedono…»
«E va bene, dirò che i miei pregi sono pazzi e scatenati! Ci vediamo tra poco»
«Aspetta…»
«Che c’è?»
«Pensavo che non c’è nulla di male a fare un po’ come il fantasma dell’opera, sai… ricamare un po’ sopra alle cose…»
«Ma questo significa indossare una maschera!»
«Sì, ma lui ne indossava una solo per metà!»

- Fine -

“LO SPAZIO DEL LETTORE”

Ciao, spero che il racconto ti sia piaciuto!
E grazie per il tempo dedicato alla sua lettura.
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CURIOSITÀ SUL RACCONTO

Ho pubblicato su Instagram un “post sperimentale” e il tema era “Qual è il tuo miglior pregio?”.

Le risposte sono state diverse, alcune ripetute: c’è chi ha scritto empatia, ascolto, rassicurazione. C’è chi ha espresso la capacità di far ridere o risolvere problemi altrui; e ancora, la generosità.

Ispirata dai vari commenti, ho scritto un racconto basato solo sul dialogo tra due amiche: non si sa nulla di loro, se non i pregi di una delle due.

È più facile elencare i nostri difetti rispetto ai pregi. Ogni tanto, però, fa bene anche autocelebrarsi. O che sia una persona a noi cara a farlo!